lunedì 16 aprile 2012

La parola del Papa alla GMG: Roma 2001

Proseguiamo con la storia della GMG rileggendo le parole del Papa pronunciate nel 2001. In particolare vi doniamo il messaggio per la Giornata, l'omelia e l'angelus:


MESSAGGIO DI GIOVANNI PAOLO II
IN OCCASIONE DELLA
XV
I GIORNATA MONDIALE DELLA GIOVENTÙ 

"Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso,
 prenda la sua croce e mi segua
(Lc 9, 23)
Carissimi giovani!
1. Mentre mi rivolgo a voi con gioia ed affetto per questo nostro consueto appun­tamento annuale, conservo negli occhi e nel cuore l'immagine suggestiva della grande "Porta" sul prato di Tor Vergata, a Roma. La sera del 19 agosto dello scorso anno, all'inizio della veglia della XV Giornata Mondiale della Gioventù, mano nella mano con cinque giovani dei cinque continenti, ho varcato quella soglia sotto lo sguardo del Cristo crocifisso e risorto, quasi ad entrare simbolicamente insieme con tutti voi nel terzo millennio.
Voglio qui esprimere, dal profondo del cuore, un grazie sentito a Dio per il dono della giovinezza, che per mezzo vostro permane nella Chiesa e nel mondo (cfr Omelia a Tor Vergata, 20 agosto 2000).
Desidero, altresì, ringraziarlo con commozione perché mi ha concesso di accompagnare i giovani del mondo durante i due ultimi decenni del secolo appena concluso, indicando loro il cammino che conduce a Cristo, "lo stesso, ieri, oggi e sempre" (Eb 13,8). Ma, al tempo stesso, Gli rendo grazie perché i giovani hanno accompagnato e quasi sostenuto il Papa lungo il suo pellegrinare apostolico attraverso i Paesi della terra.
Che cosa è stata la XV Giornata Mondiale della Gioventù se non un intenso momento di contemplazione del mistero del Verbo fatto carne per la nostra salvezza? Non è stata forse una straordinaria occasione per celebrare e proclamare la fede della Chiesa, e per progettare un rinnovato impegno cristiano, volgendo insieme lo sguardo al mondo, che attende l'annuncio della Parola che salva? I frutti autentici del Giubileo dei Giovani non si possono calcolare in statistiche, ma unicamente in opere di amore e di giustizia, in fedeltà quotidiana, preziosa pur se spesso poco visibile. Ho affidato a voi, cari giovani, e specialmente a quanti hanno preso parte direttamente a quell'indimenticabile incontro, il compito di offrire al mondo questa coerente testimonianza evangelica.
2. Ricchi dell'esperienza vissuta, avete fatto ritorno alle vostre case e alle abituali occupazioni, ed ora vi apprestate a celebrare a livello diocesano, insieme con i vostri Pastori, la XVI Giornata Mondiale della Gioventù.
Per questa occasione, vorrei invitarvi a riflettere sulle condizioni che Gesù pone a chi decide di essere suo discepolo: "Se qualcuno vuol venire dietro a me - Egli dice -, rinneghi se stesso, pren­da la sua croce e mi segua" (Lc 9, 23). Gesù non è il Messia del trionfo e della potenza. Infatti non ha liberato Israele dal dominio romano e non gli ha assicurato la gloria politica. Come autentico Servo del Signore, ha realizzato la sua missione di Messia nella solidarietà, nel servizio, nell'umiliazione  della morte. E' un Messia al di fuori di ogni schema e di ogni clamore, che non si riesce a "capire" con la logica del succes­so e del potere, usata spesso dal mondo come criterio di verifica dei propri progetti ed azioni.
Venuto per compiere la volontà del Padre, Gesù rimane fedele ad essa fino in fondo e realizza così la sua missione di salvezza per quanti credono in Lui e Lo amano, non a parole, ma concretamente. Se è l'amore la condizione per seguirlo, è il sacrificio che verifica l'autenticità di quell'amore (cfr Lett. ap.Salvifici doloris, 17-18).
3. "Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua" (Lc9, 23). Queste parole esprimono la radicalità di una scelta che non ammette indugi e ripensamenti. E' un'esigenza dura, che ha impressionato gli stessi discepoli e nel corso dei secoli ha trattenuto molti uomini e donne dal seguire Cristo. Ma proprio questa radicalità ha anche prodotto frutti mirabili di santità e di martirio, che confortano nel tempo il cammino della Chiesa. Oggi ancora questa parola suona scandalo e follia (cfr 1 Cor 1, 22‑25). Eppure è con essa che ci si deve confrontare, perché la via tracciata da Dio per il suo Figlio è la stessa che deve percorrere il discepolo, deciso a porsi alla sua sequela. Non ci sono due strade, ma una soltanto: quella percorsa dal Maestro. Al discepolo non è consentito di inventarne un'altra.
Gesù cammina davanti ai suoi e domanda a ciascuno di fare quanto Lui stesso ha fatto. Dice: io non sono venuto per essere servito, ma per servire; così chi vuol essere come me sia servo di tutti. Io sono venuto a voi come uno che non possiede nulla; così posso chiedere a voi di lasciare ogni tipo di ricchezza che vi impedisce di entrare nel Regno dei cieli. Io accetto la contraddizione, l'essere respin­to dalla maggioranza del mio popolo; posso chiedere anche a voi di accettare la contraddizione e la contestazione, da qualunque parte vengano.
In altre parole, Gesù domanda di scegliere coraggiosamente la sua stessa via; di sceglierla anzitutto "nel cuore", perché l'avere questa o quella situazione esterna non dipende da noi. Da noi dipende la volontà di essere, in quanto è possibile, obbedienti come Lui al Padre e pronti ad accettare fino in fondo il progetto che Egli ha per ciascuno.
4. "Rinneghi se stesso". Rinnegare se stessi significa rinunciare al proprio pro­getto, spesso limitato e meschino, per accogliere quello di Dio: ecco il cammino della conversione, indispensabile per l'esistenza cristiana, che ha portato l'apostolo Paolo ad affermare: "Non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me" (Gal 2,20).
Gesù non chiede di rinunciare a vivere, ma di accogliere una novità e una pienezza di vita che solo Lui può dare. L'uomo ha radicata nel profondo del suo essere la tendenza a "pensare a se stesso", a mettere la propria persona al centro degli interessi e a porsi come misura di tutto. Chi va dietro a Cristo rifiuta, invece, questo ripiegamento su di sé e non valuta le cose in base al proprio tornaconto. Considera la vita vissuta in termini di dono e gratuità, non di conquista e di possesso. La vita vera, infatti, si esprime nel dono di sé, frutto della grazia di Cristo: un'esistenza libera, in comunione con Dio e con i fratelli (cfr Gaudium et spes, 24).
Se vivere alla sequela del Signore diventa il valore supremo, allora tutti gli altri valori ricevono da questo la loro giusta collocazione ed importanza. Chi punta unicamente sui beni terreni risulterà perdente, nonostante le apparenze di successo: la morte lo coglierà con un cumulo di cose, ma con una vita mancata (cfr Lc 12, 13‑21). La scelta è dunque tra essere e avere, tra una vita piena e un'esistenza vuota, tra la verità e la menzogna.
5. "Prenda la sua croce e mi segua". Come la croce può ridursi ad oggetto ornamentale, così "portare la croce" può diventare un modo di dire. Nell'insegnamento di Gesù quest'espressione non mette, però, in primo piano la mortificazione e la rinuncia. Non si riferisce primariamente al dovere di sopportare con pazienza le piccole o grandi tribolazioni quotidiane; né, ancor meno, intende essere un'esaltazione del dolore come mezzo per piacere a Dio. Il cristiano non ricerca la sofferenza per se stessa, ma l'amore. E la croce accolta diviene il segno dell'amore e del dono totale. Portarla dietro a Cristo vuol dire unirsi a Lui nell'offrire la prova massima dell'amore.
Non si può parlare di croce senza considerare l'amore di Dio per noi, il fatto che Dio ci vuole ricolmare dei suoi beni. Con l'invito *seguimi+ Gesù ripete ai suoi discepoli non solo: prendimi come modello, ma anche: condividi la mia vita e le mie scelte, spendi insieme con me la tua vita per amore di Dio e dei fratelli. Così Cristo apre davanti a noi la *via della vita+, che è purtroppo costantemente minacciata dalla "via della morte". Il peccato è questa via che separa l'uomo da Dio e dal prossimo, provocando divisione e minando dall'interno la società.
La "via della vita", che riprende e rinnova gli atteggiamenti di Gesù, diviene la via della fede e della conversione. La via della croce, appunto. E' la via che conduce ad affidarsi a Lui e al suo disegno salvifico, a credere che Lui è morto per manifestare l'amore di Dio per ogni uomo; è la via di salvezza in mezzo ad una società spesso frammentaria, confusa e contraddittoria; è la via della felicità di seguire Cristo fino in fondo, nelle circostanze spesso drammatiche del vivere quotidiano; è la via che non teme insuccessi, difficoltà, emarginazioni, solitudini, perché riempie il cuore dell'uomo della presenza di Gesù; è la via della pace, del dominio di sé, della gioia profonda del cuore.
6. Cari giovani, non vi sembri strano se, all'inizio del terzo millennio, il Papa vi indica ancora una volta la croce come cammino di vita e di autentica felicità. La Chiesa da sempre crede e confessa che solo nella croce di Cristo c'è salvezza.
Una diffusa cultura dell'effimero, che assegna valore a ciò che piace ed appare bello, vorrebbe far credere che per essere felici sia necessario rimuovere la croce. Viene presentato come ideale un successo facile, una carriera rapida, una sessualità disgiunta dal senso di responsabilità e, finalmente, un'esistenza centrata sulla propria affermazione, spesso senza rispetto per gli altri.
Aprite però bene gli occhi, cari giovani: questa non è la strada che fa vivere, ma il sentiero che sprofonda nella morte. Dice Gesù: "Chi vorrà salvare la propria vita, la perderà, ma chi perderà la propria vita per me, la salverà". Gesù non ci illude: "Che giova all'uomo guadagnare il mondo intero, se poi si perde o rovina se stesso?" (Lc 9, 24‑25). Con la verità delle sue parole, che suonano dure, ma riempiono il cuore di pace, Gesù ci svela il segreto della vita autentica (cfrDiscorso ai giovani di Roma, 2 aprile 1998).
Non abbiate paura, dunque, di camminare sulla strada che il Signore per primo ha percorso. Con la vostra giovinezza, imprimete al terzo millennio che si apre il segno della speranza e dell'entusiasmo tipico della vostra età. Se lascerete operare in voi la grazia di Dio, se non verrete meno alla serietà del vostro impegno quotidiano, farete di questo nuovo secolo un tempo migliore per tutti.
Con voi cammina Maria, la Madre del Signore, la prima dei discepoli, rimasta fedele sotto la croce, da dove Cristo ci ha affidati a Lei come suoi figli. E vi accompagni anche la Benedizione Apostolica, che vi imparto di gran cuore.
Dal Vaticano, 14 Febbraio 2001
IOANNES PAULUS II

XVI GIORNATA MONDIALE DELLA GIOVENTÙ
DOMENICA DELLA PALME
OMELIA DEL SANTO PADRE GIOVANNI PAOLO II
8 aprile 2001

1. «Osanna!», «Crocifiggilo!». Si potrebbe riassumere in queste due parole, gridate probabilmente dalla medesima folla a pochi giorni di distanza, il significato dei due avvenimenti che ricordiamo in questa liturgia domenicale.
Con l'acclamazione «Benedetto colui che viene!», in un impeto di entusiasmo, la gente di Gerusalemme, agitando rami di palme, accoglie Gesù che entra in città a dorso di un asino. Con il «Crocifiggilo!», gridato due volte in un crescendo di furore, la moltitudine reclama dal governatore romano la condanna dell'imputato che, in silenzio, sta in piedi nel Pretorio.
La nostra celebrazione inizia perciò con un «Osanna!» e si conclude con un «Crocifiggilo!». La palma del trionfo e la croce della Passione: non è un controsenso; è piuttosto il cuore del mistero che vogliamo proclamare. Gesù si è consegnato volontariamente alla Passione, non si è trovato schiacciato da forze più grandi di Lui. Ha affrontato liberamente la morte di croce e nella morte ha trionfato.
Scrutando la volontà del Padre, Egli ha compreso che era venuta l'«ora» e l'ha accolta con l'obbedienza libera del Figlio e con infinito amore per gli uomini: "Sapendo che era venuta l'ora di passare da questo mondo al Padre, avendo amato i suoi che erano nel mondo, li amò sino alla fine" (Gv 13,1).
2. Oggi guardiamo a Gesù che si avvicina al termine della sua vita e si presenta come Messia atteso dal popolo, mandato da Dio e venuto in suo nome a portare la pace e la salvezza, anche se in una modalità diversa da come l'attendevano i suoi contemporanei. L'opera di salvezza e di liberazione compiuta da Gesù continua nei secoli. Per questo la Chiesa, che fermamente lo crede presente anche se invisibile, non si stanca di acclamare a Lui nella lode e nell'adorazione. Ancora una volta, pertanto, la nostra assemblea proclama: "Osanna! Benedetto colui che viene nel nome del Signore!".
3. La lettura della pagina evangelica ha posto davanti ai nostri occhi le scene terribili della passione di Gesù: la sua sofferenza fisica e morale, il bacio di Giuda, l'abbandono da parte dei discepoli, il processo davanti a Pilato, gli insulti e gli scherni, la condanna, la via dolorosa, la crocifissione. Infine, la sofferenza più misteriosa: "Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?". Un forte grido, e poi la morte.
Perché tutto questo? L'inizio della preghiera eucaristica ci darà la risposta: "Egli, che era senza peccato, accettò la passione per noi peccatori e, consegnandosi a un'ingiusta condanna, portò il peso dei nostri peccati. Con la sua morte lavò le nostre colpe e con la sua risurrezione ci acquistò la salvezza" (Prefazio).
La nostra celebrazione dice dunque riconoscenza e amore a Colui che si è sacrificato per noi, al Servo di Dio che, come aveva detto il profeta, non ha opposto resistenza, non si è tirato indietro, ha presentato il dorso ai flagellatori, non ha sottratto la faccia agli insulti e agli sputi (cfr Is 50, 4-7).
4. La Chiesa, però, leggendo il racconto della Passione non si limita a considerare unicamente le sofferenze di Gesù; si accosta trepidante e fiduciosa a questo mistero, sapendo che il suo Signore è risorto. La luce della Pasqua fa scoprire il grande insegnamento contenuto nella Passione: la vita si afferma attraverso il dono sincero di sé fino ad affrontare la morte per gli altri, per l'Altro.
Gesù non ha inteso la propria esistenza terrena come ricerca del potere, come corsa al successo e alla carriera, come volontà di dominio sugli altri. Al contrario, Egli ha rinunciato ai privilegi della sua uguaglianza con Dio, ha assunto la condizione di servo divenendo simile agli uomini, ha obbedito al progetto del Padre fino alla morte sulla croce. E così ha lasciato ai suoi discepoli e alla Chiesa un insegnamento prezioso: "Se il chicco di grano caduto in terra non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto" (Gv 12,24).
5. La Domenica delle Palme è divenuta, ormai da anni, anche la Giornata Mondiale della Gioventù, la vostra Giornata, carissimi giovani, qui convenuti dalle varie parrocchie della diocesi di Roma e da altre parti del mondo: insieme con voi saluto con affetto e speranza anche i vostri coetanei che nelle diverse Chiese locali celebrano oggi la XVI Giornata Mondiale della Gioventù, la prima del nuovo millennio.
Saluto in particolare i giovani della Delegazione canadese, guidata dall'Arcivescovo di Toronto Card. Ambrozic, che sono qui tra noi per accogliere la Croce intorno alla quale si raccoglieranno i giovani d'ogni continente nella prossima Giornata Mondiale del Duemiladue. A tutti e a ciascuno indico ancora una volta con forza nella Croce di Cristo il cammino di vita e di salvezza, la via per giungere alla palma del trionfo nel giorno della risurrezione.
Che cosa vediamo sulla Croce che s'eleva davanti a noi e che, da duemila anni, il mondo non cessa di interrogare e la Chiesa di contemplare? Vediamo Gesù, il Figlio Dio che s'è fatto uomo per restituire l'uomo a Dio. Lui, senza peccato, sta ora davanti a noi crocifisso. Egli è libero, pur essendo inchiodato al legno. E' innocente, pur sotto l'iscrizione che annuncia il motivo della sua condanna. Nessun osso gli è stato spezzato (cfr Sal 34,21), perché è la colonna portante di un mondo nuovo. La sua tunica non è stata stracciata (cfr Gv 19,24), perché Egli è venuto per radunare tutti i figli di Dio che il peccato aveva disperso (cfr Gv 11,52). Il suo corpo non sarà gettato in terra ma deposto in una roccia (cfr Lc 23,53), perché non può subire la corruzione il corpo del Signore della vita, che ha vinto la morte.
6. Carissimi giovani, Gesù è morto ed è risorto, Egli ora vive per sempre! Ha dato la sua vita. Ma nessuno gliel'ha tolta; l'ha data «per noi» (Gv 10,18). Per mezzo della sua croce è venuta a noi la vita. Grazie alla sua morte ed alla sua risurrezione, il Vangelo ha trionfato, ed è nata la Chiesa.
Mentre entriamo fiduciosi nel nuovo secolo e nel nuovo millennio, cari giovani, il Papa vi ripete le parole dell'apostolo Paolo: "Se moriamo con Gesù, vivremo anche con lui; se con lui perseveriamo, con lui anche regneremo" (2 Tm 2,11). Perché solo Gesù è la Via, la Verità, la Vita (cfr Gv 14,6).
Chi ci separerà allora dall'amore di Cristo? La risposta l'ha data l'Apostolo anche per noi: "Io sono persuaso che né morte né vita, né angeli né principati, né presente né avvenire, né potenze, né altezza né profondità, né alcun'altra creatura potrà mai separarci dall'amore di Dio, in Cristo Gesù, nostro Signore" (Rm 8,38-39).
Gloria e lode a Te, o Cristo, Verbo di Dio, salvatore del mondo!

ANGELUS
Domenica delle Palme, 8 aprile 2001

Come è ormai felice tradizione, tra poco i giovani italiani consegneranno la Croce dei Giovani ai loro coetanei canadesi, che accoglieranno nel loro Paese la diciassettesima Giornata Mondiale della Gioventù, nell'estate del prossimo anno. Essa avrà per tema: "Voi siete il sale della terra ... voi siete la luce del mondo" (Mt 5,13-14). Ancora una volta, la Croce riprende il pellegrinaggio sulle strade del mondo, insieme con le giovani generazioni, che entrano nel nuovo millennio portando e seguendo il segno di Cristo morto e risorto, vincitore del male e della morte.
I greet the young Canadians present, led by the Archbishop of Toronto, Cardinal Ambrozic, and to them I entrust the Cross. I encourage you to prepare well for the next important appointment of World Youth Day, which has as its theme "You are the salt of the earth .. you are the light of the world" (Mt 5:13-14). Dear young people, get ready to welcome the young people of the world to your beautiful country by renewing your own fidelity to Christ the Lord. Fidelity to Christ, this is my invitation to all the English-speaking pilgrims. Until we meet in Toronto!
Je salue affectueusement les pèlerins français qui ont participé à la Liturgie du dimanche des Rameaux, et de manière toute spéciale les jeunes du Canada. Chers jeunes, que la préparation des dix-septièmes Journées mondiales de la Jeunesse soit une occasion propice pour un approfondissement de votre foi et de votre vie avec le Christ, ainsi que pour un témoignage renouvelé de votre charité et de la joyeuse ouverture de votre cœur aux dimensions du monde ! Ma prière vous accompagne, avec mon affectueuse Bénédiction apostolique.
Einen herzlichen Gruß richte ich an die deutschsprachigen Pilger, besonders an die jungen Christen. Liebe junge Freunde! Ihr habt heute morgen dem Herrn das "Hosianna" gesungen. Macht Jesus Christus zu eurem Wegbegleiter und laßt euch von ihm zum Weltjugendtag führen, der im Sommer nächsten Jahres in Toronto stattfinden wird. Wenn ihr euch am Gekreuzigten und Auferstandenen orientiert, dann steht euer Leben unter einem guten Stern.
"Vosotros sois la sal de la tierra... Vosotros sois la luz del mundo". Con estas palabras, lema de la próxima Jornada Mundial de la Juventud en Toronto, me dirijo a todos los jóvenes de lengua española. Llevad este anuncio gozoso y al mismo tiempo exigente, a todos vuestros compañeros. Contáis con mi oración y cercanía en esta gran aventura de la evangelización.
Queridos jovens de língua portuguesa, testemunhas da entrega da cruz das Jornadas da Juventude aos vossos coetâneos do Canadá, a minha cordial saudação para vós, vossas famílias e grupos eclesiais, a todos desejando uma grande solidariedade de coração e vida junto da cruz de tantos crucificados.
Saluto in lingua polacca:
"Wy jesteście solą ziemi... wy jesteście światłem świata" (Mt 5,13-14). Oto wyzwanie, które Chrystus kieruje do młodych na progu nowego tysiąclecia wiary. Za rok będzie ono tematem XVII Światowego Dnia Młodych, który odbędzie się w Toronto, w Kanadzie. W duchu wiary przekazujemy dzisiaj Krzyż Roku Świętego, Roku Odkupienia, obecnym tu młodym kanadyjczykom, którym przewodzi Ksiądz Kardynał Aloysius Matthew Ambrozic. Niech ten krzyż będzie dla Was umocnieniem w wierze i przewodnikiem w przygotowaniach Waszego Święta. Życzę, aby Ziemia kanadyjska stała się miejscem odrodzenia serc wielu młodych, tak aby stali się oni solą dla ziemi i światłem dla świata.
Traduzione del saluto in lingua polacca:
"Voi siete il sale della terra... Voi siete la luce del mondo" (Mt 5,13-14). Ecco la sfida che, alle soglie del nuovo millennio della fede, Cristo rivolge ai giovani. Tra un anno, questo sarà il tema della XVII Giornata Mondiale della Gioventù, che si celebrerà a Toronto, in Canada. In spirito di fede, consegnamo oggi la Croce dell’Anno Santo della Redenzione ai giovani canadesi qui presenti con il Cardinale Aloysius Matthew Ambrozic. Sia essa per voi conforto nella fede e guida nella preparazione della vostra festa. Auguro che la terra canadese diventi luogo della rinascita dei cuori di tanti giovani in modo che essi diventino sale della terra e luce del mondo.

© Copyright 2001 - Libreria Editrice Vaticana

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