martedì 3 aprile 2012

La parola del Papa alla GMG: Parigi 1997

Riviviamo oggi la GMG francese del 1997 rileggendo il messaggio del papa, la sua omelia e l'angelus. Per rileggere gli altri interventi vi invito a cliccare qui.


MESSAGGIO DI GIOVANNI PAOLO II
AI GIOVANI E ALLE GIOVANI DEL MONDO
IN OCCASIONE DELLA XII
GIORNATA MONDIALE DELLA GIOVENTÙ

«Maestro, dove abiti? Venite e vedrete» (Cfr. Gv 1, 38-39)
Carissimi giovani!
1. Mi rivolgo a voi con gioia, proseguendo l'ormai lungo dialogo che stiamo intessendo insieme in occasione della Giornata Mondiale della Gioventù. In comunione con tutto il popolo di Dio che cammina verso il Grande Giubileo dell'Anno 2000, vorrei invitarvi quest'anno a fissare lo sguardo su Gesù, Maestro e Signore della nostra vita, mediante le parole registrate nel Vangelo di Giovanni: «Maestro, dove abiti? Venite e vedrete» (Cfr. Gv 1, 38-39).
In tutte le Chiese locali vi ritroverete, nei prossimi mesi, attorno ai vostri Pastori per riflettere su queste parole evangeliche. Nell'agosto del 1997, poi, vivremo assieme a molti di voi la celebrazione della XIIª Giornata Mondiale della Gioventù a livello internazionale in Parigi, nel cuore del continente europeo. In quella metropoli, da secoli crocevia di popoli, di arte e di cultura, i giovani di Francia si stanno già preparando con grande entusiasmo ad accogliere i loro coetanei provenienti da ogni angolo del pianeta. Seguendo la Croce dell'Anno Santo, il popolo delle giovani generazioni che credono in Cristo diventerà ancora una volta icona vivente della Chiesa pellegrina lungo le strade del mondo e, negli incontri di preghiera e di riflessione, nel dialogo che unisce al di là delle differenze di lingua e di razza, nella condivisione degli ideali, dei problemi e delle speranze, farà esperienza viva della realtà promessa da Gesù: «Dove sono due o tre riuniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro» (Mt 18, 20).
2. Giovani del mondo intero, è lungo i sentieri dell'esistenza quotidiana che potete incontrare il Signore! Ricordate i discepoli che, accorsi sulle rive del Giordano per ascoltare le parole dell'ultimo dei grandi profeti, Giovanni il Battezzatore, si videro indicare in Gesù di Nazaret il Messia, l'Agnello di Dio? Essi, incuriositi, decisero di seguirlo a distanza, quasi timidi e impacciati, finché Lui stesso, voltatosi, domandò: «Che cercate?», suscitando quel dialogo che avrebbe dato inizio all'avventura di Giovanni, di Andrea, di Simone «Pietro» e degli altri apostoli (Cfr. Gv 1, 29-51).
Nella concretezza di quell'incontro sorprendente, descritto con poche essenziali parole, ritroviamo l'origine di ogni percorso di fede. E' Gesù che prende l'iniziativa. Quando si ha a che fare con Lui, la domanda viene sempre capovolta: da interroganti si diventa interrogati, da «cercatori» ci si scopre «cercati»; è Lui, infatti, che da sempre ci ama per primo (Cfr. 1Gv 4,10). Questa è la fondamentale dimensione dell'incontro: non si ha a che fare con qualcosa, ma con Qualcuno, con «il Vivente». I cristiani non sono i discepoli di un sistema filosofico: sono gli uomini e le donne che hanno fatto, nella fede, l'esperienza dell'incontro con Cristo (Cfr. 1 Gv 1, 1-4).
Viviamo in un'epoca di grandi trasformazioni, nella quale tramontano rapidamente ideologie che sembravano dover resistere a lungo all'usura del tempo e nel pianeta si vanno ridisegnando confini e frontiere. L'umanità si ritrova spesso incerta, confusa e preoccupata (Cfr. Mt 9, 36), ma la parola di Dio non tramonta; percorre la storia e, nel mutare degli eventi, resta stabile e luminosa (Cfr. Mt 24, 35). La fede della Chiesa è fondata su Gesù Cristo, unico salvatore del mondo: ieri, oggi e sempre (Cfr. Eb 13, 8). A Cristo essa rimanda, perché a Lui siano rivolte le domande sgorganti dal cuore umano di fronte al mistero della vita e della morte. Da Lui solo, infatti, si possono ricevere risposte che non illudono né deludono.
Riandando col pensiero alle vostre parole negli indimenticabili incontri che ho avuto la gioia di vivere con voi durante i miei viaggi apostolici in ogni parte del mondo, mi pare di leggervi, pressante e viva, la stessa domanda dei discepoli: «Maestro, dove abiti?». Sappiate riascoltare, nel silenzio della preghiera, la risposta di Gesù: «Venite e vedrete».
3. Carissimi giovani, come i primi discepoli, seguite Gesù! Non abbiate paura di avvicinarvi a Lui, di varcare la soglia della sua casa, di parlare con Lui faccia a faccia, come ci s'intrattiene con un amico (Cfr. Es 33, 11). Non abbiate paura della «vita nuova» che Egli vi offre: Lui stesso vi dà la possibilità di accoglierla e di metterla in pratica, con l'aiuto della sua grazia e il dono del suo Spirito.
E' vero: Gesù è un amico esigente che indica mete alte, chiede di uscire da se stessi per andargli incontro, affidando a Lui tutta la vita: «Chi perderà la propria vita per causa mia e del Vangelo, la salverà» (Mc 8, 35). Questa proposta può apparire difficile e in alcuni casi può far anche paura. Ma - vi domando - è meglio rassegnarsi ad una vita senza ideali, ad un mondo costruito a propria immagine e somiglianza, o piuttosto cercare generosamente la verità, il bene, la giustizia, lavorare per un mondo che rispecchi la bellezza di Dio, anche a costo di dover affrontare le prove che questo comporta?
Abbattete le barriere della superficialità e della paura! Riconoscendovi come uomini e donne «nuovi», rigenerati dalla grazia battesimale, conversate con Gesù nella preghiera e nell'ascolto della parola; gustate la gioia della riconciliazione nel sacramento della Penitenza; ricevete il Corpo e il Sangue di Cristo nell'Eucaristia; accoglieteLo e serviteLo nei fratelli. Scoprirete la verità su voi stessi, l'unità interiore e troverete il «Tu», che guarisce dalle angosce, dagli incubi, da quel soggettivismo selvaggio che non lascia pace.
4. «Venite e vedrete». Incontrerete Gesù là dove gli uomini soffrono e sperano: nei piccoli villaggi disseminati lungo i continenti, apparentemente ai margini della storia, come era Nazaret quando Dio inviò il suo Angelo a Maria; nelle immense metropoli dove milioni di esseri umani vivono spesso come estranei. Ogni uomo, in realtà, è «concittadino» di Cristo.
Gesù abita accanto a voi, nei fratelli con cui condividete l'esistenza quotidiana. Il suo volto è quello dei più poveri, degli emarginati, vittime non di rado di un ingiusto modello di sviluppo, che pone il profitto al primo posto e fa dell'uomo un mezzo anziché un fine. La casa di Gesù è dovunque un uomo soffre per i suoi diritti negati, le sue speranze tradite, le sue angosce ignorate. Là, tra gli uomini, è la casa di Cristo, che chiede a voi di asciugare, in suo nome, ogni lacrima e di ricordare a chi si sente solo che nessuno è mai solo se ripone in Lui la propria speranza (Cfr. Mt 25, 31-46).
5. Gesù abita tra quanti lo invocano senza averlo conosciuto; tra quanti, avendo iniziato a conoscerLo, senza loro colpa Lo hanno smarrito; tra quanti lo cercano con cuore sincero, pur appartenendo a situazioni culturali e religiose differenti (Cfr. Lumen gentium, 16). Discepoli e amici di Gesù, fatevi artefici di dialogo e di collaborazione con quanti credono in un Dio che governa con infinito amore l'universo; diventate ambasciatori di quel Messia che avete trovato e conosciuto nella sua «casa», la Chiesa, in modo che tanti altri vostri coetanei possano seguirne le tracce, illuminati dalla vostra fraterna carità e dalla gioia dei vostri sguardi che hanno contemplato il Cristo.
Gesù abita tra gli uomini e le donne «insigniti del nome cristiano» (Cfr. Lumen gentium, 15). Tutti lo possono incontrare nelle Scritture, nella preghiera e nel servizio al prossimo. Alla vigilia del terzo millennio, diventa ogni giorno più urgente il dovere di riparare lo scandalo della divisione tra i cristiani, rafforzando l'unità per mezzo del dialogo, della preghiera comune e della testimonianza. Non si tratta di ignorare le divergenze e i problemi nel disimpegno di un tiepido relativismo, perché sarebbe come coprire la ferita senza guarirla, col rischio di interrompere il cammino prima di aver raggiunto la meta della piena comunione. Si tratta, al contrario, di operare - guidati dallo Spirito Santo - in vista di una reale riconciliazione, confidando nell'efficacia della preghiera pronunciata da Gesù alla vigilia della sua passione: «Padre, che siano come noi una cosa sola» (Cfr. Gv 17, 22). Più vi stringerete a Gesù, più diventerete capaci di essere vicini gli uni agli altri; e nella misura in cui compirete gesti concreti di riconciliazione, entrerete nell'intimità del suo amore.
Gesù abita particolarmente nelle vostre parrocchie, nelle comunità in cui vivete, nelle associazioni e nei movimenti ecclesiali di cui fate parte, come pure in tante forme contemporanee di aggregazione e di apostolato al servizio della nuova evangelizzazione. La ricchezza di tanta varietà di carismi torna a beneficio dell'intera Chiesa e spinge ogni credente a mettere le proprie potenzialità al servizio dell'unico Signore, fonte di salvezza per tutta l'umanità.
6. Gesù è «la Parola del Padre» (Cfr. Gv 1, 1), donata agli uomini per svelare il volto di Dio e dare senso e meta ai loro passi incerti. Dio, «che aveva già parlato nei tempi antichi molte volte e in diversi modi ai padri per mezzo dei profeti, ultimamente, in questi giorni, ha parlato a noi per mezzo del Figlio, che ha costituito erede di tutte le cose e per mezzo del quale ha fatto anche il mondo» (Eb 1, 1-2). La sua parola non è imposizione che scardina le porte delle coscienze; è voce suadente, dono gratuito che, per diventare salvifico nella concretezza della vita di ciascuno, richiede un atteggiamento disponibile e responsabile, un cuore puro e una mente libera.
Nei vostri gruppi, carissimi giovani, moltiplicate le occasioni di ascolto e di studio della parola del Signore, soprattutto mediante la lectio divina: vi scoprirete i segreti del Cuore di Dio e ne trarrete frutto per il discernimento delle situazioni e la trasformazione della realtà. Guidati dalla Sacra Scrittura, potrete riconoscere nelle vostre giornate la presenza del Signore, e allora anche il «deserto» potrà diventare un «giardino», nel quale è possibile alla creatura parlare familiarmente con il suo Creatore: «Quando leggo la divina Scrittura, Dio torna a passeggiare nel Paradiso terrestre» (S.Ambrogio, Epistola 49,3).
7. Gesù vive in mezzo a noi nell'Eucaristia, nella quale si realizza in maniera somma la sua presenza reale e la sua contemporaneità con la storia dell'umanità. Fra le incertezze e distrazioni della vita quotidiana, imitate i discepoli in cammino verso Emmaus e, come loro, dite al Risorto che si rivela nell'atto di spezzare il pane: «Resta con noi perché si fa sera e il giorno già volge al declino» (Lc 24, 29). Invocate Gesù, perché lungo le strade delle tante Emmaus dei nostri tempi rimanga sempre con voi. Sia Lui la vostra forza, Lui il vostro punto di riferimento, Lui la vostra perenne speranza. Non manchi mai, cari giovani, il Pane eucaristico sulle mense della vostra esistenza. E' da questo Pane che potrete trarre la forza per testimoniare la fede!
Attorno alla mensa eucaristica si realizza e si manifesta l'armoniosa unità della Chiesa, mistero di comunione missionaria, nella quale tutti si sentono figli e fratelli, senza preclusioni o differenze di razza, lingua, età, ceto sociale o cultura. Cari giovani, date il vostro contributo generoso e responsabile per edificare continuamente la Chiesa come famiglia, luogo di dialogo e di reciproca accoglienza, spazio di pace, di misericordia e di perdono.
8. Illuminati dalla parola e fortificati dal pane dell'Eucaristia, carissimi giovani, siete chiamati ad essere testimoni credibili del Vangelo di Cristo, che fa nuove tutte le cose.
Ma da che cosa si riconoscerà che siete veri discepoli di Cristo? Dal fatto che «avrete amore gli uni per gli altri» (Gv 13, 35) sull'esempio del suo amore: un amore gratuito, infinitamente paziente, che non si nega a nessuno (Cfr. 1 Cor 13, 4-7). Sarà la fedeltà al comandamento nuovo che certificherà la vostra coerenza rispetto all'annuncio che proclamate. E' questa la grande «novità» che può stupire un mondo purtroppo ancora lacerato e diviso da violenti conflitti, a volte evidenti e palesi, a volte sottili e nascosti. In questo mondo voi siete chiamati a vivere la fraternità, non come utopia ma come possibilità reale; in questa società siete chiamati a costruire, come veri missionari di Cristo, la civiltà dell'amore.
9. Il 30 settembre 1997 ricorrerà il centenario della morte di Santa Teresa di Lisieux. La sua figura non potrà non richiamare, nella sua patria, l'attenzione di tanti giovani pellegrini, proprio perché Teresa è una santa giovane, che ripropone oggi questo semplice e suggestivo annunzio, colmo di stupore e di gratitudine: Dio è Amore; ogni persona è amata da Dio, il Quale attende di essere accolto e amato da ciascuno. Un messaggio che voi, giovani di oggi, siete chiamati ad accogliere e gridare ai vostri coetanei: «L'uomo è amato da Dio! E' questo il semplicissimo e sconvolgente annuncio del quale la Chiesa è debitrice all'uomo» (Giovanni Paolo II, Christifideles laici, 34).
Dalla giovinezza di Teresa del Bambino Gesù si sprigionano il suo entusiasmo per il Signore, la forte sensibilità con cui ha vissuto l'amore, l'audacia non illusoria dei suoi grandi progetti. Con il fascino della sua santità, essa conferma che Dio concede anche ai giovani, con abbondanza, i tesori della sua sapienza.
Percorrete con lei la via umile e semplice della maturità cristiana, alla scuola del Vangelo. Restate con lei nel «cuore» della Chiesa, vivendo radicalmente la scelta per Cristo.
10. Cari giovani, nella casa in cui abita Gesù incontrate la presenza dolcissima della Madre. E' nel grembo di Maria che il Verbo si è fatto carne. Accettando il ruolo assegnatole nel disegno della salvezza, la Vergine è diventata modello di ogni discepolo di Cristo.
A Lei affido la preparazione e la celebrazione della XIIª Giornata Mondiale della Gioventù, nonché le speranze e le attese dei giovani che, in ogni angolo del pianeta, ripetono con Lei: «Eccomi, sono la serva del Signore, si compia in me la tua parola» (Cfr. Lc 1, 38) e vanno incontro a Gesù per abitare nella sua casa, pronti ad annunciare poi ai loro coetanei, come gli Apostoli: «Abbiamo trovato il Messia!» (Gv 1, 41).
E' con questi sentimenti che invio a ciascuno di voi il mio cordiale saluto, mentre, accompagnandovi con la preghiera, vi benedico.
Da Castel Gandolfo, 15 agosto 1996, solennità dell'Assunzione di Maria Vergine al cielo.
IOANNES PAULUS PP. II

CELEBRAZIONE EUCARISTICA PER LA
XII GIORNATA MONDIALE DELLA GIOVENTÙ

OMELIA DI GIOVANNI PAOLO II
Ippodromo di Longchamp - Domenica, 24 Agosto 1997
     
1. «Maestro, dove abiti?» (Gv 1, 38).
Questa domanda fu posta un giorno a Gesù di Nazaret da due giovani. Accadde sulle rive del Giordano. Gesù vi si era recato per ricevere il battesimo di Giovanni; ma il Battista, al vedere Gesù che gli veniva incontro, disse: «Ecco l'Agnello di Dio» (Gv 1, 36). Queste parole profetiche indicavano il Redentore, colui che avrebbe dato la vita per la salvezza del mondo. Così, fin dal battesimo nel Giordano, Giovanni designava il Crocifisso. Furono precisamente due discepoli di Giovanni Battista che, udendo queste parole, seguirono Gesù: non è questo forse denso di significato? Quando Gesù chiese loro: «Cosa cercate?» (Gv 1,38), essi risposero a loro volta con una domanda: «Rabbi (che significa maestro) dove abiti?» (Ibid.) Gesù rispose loro: «"Venite e vedrete". Andarono dunque e videro dove abitava e quel giorno si fermarono presso di lui» (Gv 1, 39). Divennero i primi discepoli di Gesù. Uno dei due era Andrea, che condusse a Gesù anche suo fratello Simon Pietro.
Cari amici, sono lieto di poter meditare questo Vangelo con voi, insieme con i Cardinali e i Vescovi che mi stanno intorno. Sono lieto di salutare in particolare il Cardinale Eduardo Pironio che ha molto lavorato per le Giornate mondiali. La mia gratitudine va al Cardinale Jean-Marie Lustiger, per la sua accoglienza, a Mons. Michel Dubost, ai Vescovi di Francia e a quelli di numerosi Paesi del mondo che vi accompagnano e che hanno arricchito le vostre riflessioni. Saluto pure cordialmente i sacerdoti concelebranti, i religiosi, le religiose, tutti i responsabili dei vostri movimenti e dei gruppi diocesani.
Ringrazio per la loro presenza i nostri fratelli cristiani di altre comunità, come pure le personalità civili che hanno voluto associarsi a questa celebrazione liturgica.
Nel salutarvi tutti nuovamente, desidero in particolare dare il mio incoraggiamento affettuoso a quanti di voi sono portatori di handicap; siamo loro riconoscenti per essere venuti e per averci dato la loro testimonianza di fede e di speranza. Porto ugualmente nella preghiera tutti i malati, assistiti sia in ospedale o nella propria casa.
A nome di voi tutti, vorrei esprimere la nostra riconoscenza pure ai numerosi volontari che assicurano con abnegazione e competenza l'organizzazione del vostro raduno.
2. Il breve frammento del vangelo di Giovanni che abbiamo ascoltato dice l'essenziale del programma della Giornata Mondiale della Gioventù: uno scambio di domande, e poi una risposta che è una chiamata. Nel presentare questo incontro con Gesù, la liturgia vuol mostrare oggi ciò che conta maggiormente nella vostra vita. Ed io, Successore di Pietro, sono venuto per chiedervi di porvi, anche voi, questa domanda a Gesù: «Dove abiti?». Se rivolgete a lui con sincerità tale questione, potrete udire la sua risposta e ricevere da lui il coraggio e la forza per seguirlo.
La domanda è frutto di una ricerca. L'uomo cerca Dio. Il giovane comprende nel profondo di se stesso che tale ricerca è la legge interiore della sua esistenza. L'essere umano cerca la sua via nel mondo visibile; e, attraverso il mondo visibile, cerca l'invisibile lungo il suo viaggio spirituale. Ognuno di noi può ripetere le parole del Salmista: «Il tuo volto, Signore, io cerco. Non nascondermi il tuo volto» (Sal 27/26, 8-9). Ognuno di noi ha la propria storia personale e porta in se stesso il desiderio di vedere Dio, un desiderio che si prova nel momento stesso che si scopre il mondo creato. Questo mondo è meraviglioso e ricco, dispiega davanti all'umanità le sue innumerevoli ricchezze, seduce, attira la ragione tanto quanto la volontà. Ma, in fin dei conti, non riempie lo spirito. L'uomo si rende conto che questo mondo, nella diversità delle sue ricchezze, è superficiale e precario; in un certo senso, è destinato alla morte. Oggi prendiamo ancor più coscienza della fragilità della nostra terra, troppo di sovente degradata dalla mano stessa dell'uomo al quale il Creatore l'ha affidata.
Quanto allo stesso uomo, egli viene al mondo, nasce dal grembo materno, cresce e matura; scopre la sua vocazione e sviluppa la sua personalità nel corso degli anni di attività; poi si avvicina il momento in cui deve lasciare questo mondo. Più lunga è la sua vita, più l'uomo percepisce la propria precarietà, e più si pone la domanda dell'immortalità: cosa c'è al di là delle frontiere della morte?, Allora, nel profondo dell'essere, sorge la domanda posta a Colui che ha vinto la morte: «Maestro, dove abiti?». Maestro, tu che ami e rispetti la persona umana, tu che hai condiviso la sofferenza dell'uomo, tu che rischiari il mistero dell'umana esistenza, facci scoprire il senso vero della nostra vita e della nostra vocazione! «Il tuo volto, Signore, io cerco. Non nascondermi il tuo volto» (Sal 27/26, 8-9).
3. Ai bordi del Giordano, e anche in seguito, i discepoli non sapevano chi era veramente Gesù. Avranno bisogno di molto tempo per capire il mistero del Figlio di Dio. Pure noi portiamo in noi stessi il desiderio di conoscere Colui che rivela il volto di Dio. Cristo risponde alla domanda dei discepoli mediante tutta la sua missione messianica. Insegnava; per confermare la verità di quanto proclamava, compiva grandi prodigi, guariva i malati, risuscitava i morti, calmava le tempeste del mare. Ma questo intero percorso fuori del comune giunse alla sua pienezza sul Golgota. E' contemplandolo sulla croce, con lo sguardo della fede, che è possibile "vedere" chi è Cristo Salvatore, lui che si è caricato delle nostre sofferenze, il giusto che ha fatto della sua vita un sacrificio per la giustificazione di molti (cfr Is 53, 4.10-11).
San Paolo riassume la sapienza suprema nella seconda lettura odierna, con parole davvero impressionanti: «La parola della croce è stoltezza per quelli che vanno in perdizione, ma per quelli che si salvano, per noi, è potenza di Dio. Sta scritto infatti: "Distruggerò la sapienza dei sapienti e annullerò l'intelligenza degli intelligenti". [. . .] Poiché, infatti, nel disegno sapiente di Dio il mondo, con tutta la sua sapienza, non ha conosciuto Dio, è piaciuto a Dio di salvare i credenti con la stoltezza della predicazione[. . .]. Noi predichiamo Cristo crocifisso» (1 Cor 18-19.21-23). L'Apostolo parlava alle genti del suo tempo, ai figli d'Israele che avevano ricevuto la rivelazione di Dio sul monte Sinai e ai Greci che elaboravano un'alta sapienza umana, una grande filosofia. Ma ormai, la fine e il vertice della sapienza è Cristo crocifisso, non soltanto a causa della sua parola, ma perché ha dato se stesso per la salvezza dell'umanità.
Con il suo ardore eccezionale, san Paolo ripete: « Noi predichiamo Cristo crocifisso». Colui che, agli occhi degli uomini, sembra non essere altro che debolezza e follia, noi lo predichiamo essere Potenza e Sapienza, pienezza della Verità. E' vero che in noi la fiducia ha degli alti e bassi. E' vero che lo sguardo della fede è spesso oscurato dal dubbio e dalla nostra stessa fragilità. Umili e poveri peccatori, accettiamo il messaggio della Croce. Per rispondere alla domanda: «Maestro, dove abiti?», Cristo ci lancia un appello: venite e vedrete; nella Croce vedrete il segno luminoso della redenzione del mondo, la presenza amorevole del Dio vivente. Proprio perché hanno compreso che la Croce domina la storia, i cristiani hanno posto il crocifisso nelle chiese e ai bordi delle strade, o la portano sul loro cuore. Poiché la Croce è un segno vero della presenza del Figlio di Dio; attraverso questo segno si rivela il Redentore del mondo.
4. «Maestro, dove abiti?». La Chiesa risponde ogni giorno: Cristo è presente nell'Eucaristia, il sacramento della sua morte e risurrezione. In essa e attraverso di essa riconoscete la dimora del Dio vivente nella storia dell'uomo. Poiché l'Eucaristia è il sacramento dell'amore vincitore della morte; è il sacramento dell'Alleanza, puro dono d'amore per la riconciliazione degli uomini; è il dono della presenza reale di Gesù, il Redentore, nel pane che è il suo Corpo immolato, nel vino che è il suo Sangue versato per tutti. Mediante l'Eucaristia, incessantemente rinnovata in tutti i popoli del mondo, Cristo costituisce la sua Chiesa: ci unisce nella lode e nell'azione di grazie per la salvezza, nella comunione che solo l'amore infinito può suggellare. Il nostro raduno mondiale prende così ora tutto il suo significato, attraverso la celebrazione della Messa. Giovani, miei amici, la vostra presenza sia una reale adesione di fede! Ecco che Cristo risponde alla vostra domanda e, al tempo stesso, alle domande di tutti gli uomini che cercano il Dio vivente. Risponde con il suo invito: questo è il mio Corpo, mangiatene tutti. Egli affida al Padre il desiderio supremo dell'unità nella stessa comunione di tutti quelli che egli ama.
5. La risposta alla domanda: «Maestro, dove abiti?» comporta dunque numerose dimensioni. Essa ha una dimensione storica, pasquale e sacramentale. La prima lettura di oggi suggerisce ancora un'altra dimensione della risposta alla domanda-tema della Giornata Mondiale della Gioventù:Cristo abita nel suo Popolo. E' il popolo di cui parla il Deuteronomio, in rapporto con la storia d'Israele: «Perché il Signore vi ama e perché ha voluto mantenere il giuramento fatto ai vostri padri, il Signore vi ha fatti uscire con mano potente e vi ha riscattati liberandovi dalla condizione servile [. . .]. Riconoscete dunque che il Signore vostro Dio è Dio, il Dio fedele, che mantiene la sua alleanza e benevolenza per mille generazioni» (Dt 7, 8-9). Israele è il Popolo che Dio si è scelto, con il quale ha stretto un'Alleanza.
Nella Nuova Alleanza, l'elezione di Dio si estende a tutti i popolo della terra. In Cristo Gesù, Dio ha scelto l'umanità intera. Ha rivelato l'universalità dell'elezione mediante la redenzione. In Cristo, non c'è più né Giudeo né Greco, né schiavo né libero, ma tutti sono uno (cfr Gal 3, 28). Tutti sono stati chiamati a partecipare alla vita di Dio, grazie alla morte e alla risurrezione di Cristo. Il nostro incontro, in questa Giornata Mondiale della Gioventù, non mette in luce forse questa verità? Voi tutti, qui radunati, venuti da tanti Paesi e continenti, siete i testimoni della vocazione universale del Popolo di Dio redento da Cristo! L'ultima risposta alla domanda: «Maestro, dove abiti?» deve dunque intendersi così: abito in tutti gli esseri umani salvati.
Sì, Cristo abita il suo Popolo, che ha affondato le sue radici in tutti i popoli della terra, il popolo che segue Lui, il Signore crocifisso e risorto, il Redentore del mondo, il Maestro che ha parole di vita eterna, lui «il Capo del nuovo ed universale Popolo dei figli di Dio» (Lumen gentium, 13).
Il Concilio Vaticano II lo ha detto in maniera mirabile: è lui che «ci ha dato del suo Spirito, il quale, unico e identico nel capo e nelle membra, dà a tutto il corpo la vita, l'unità e il movimento» (id., n. 7). Grazie alla Chiesa che ci fa partecipare alla vita stessa del Signore, tutti possiamo riprendere le parole di Pietro a Gesù: da chi andremo? Da chi altri andremo? (cfr Gv 6, 68).
6. Cari giovani, il vostro cammino non si ferma qui. Il tempo non si ferma oggi. Andate sulle strade del mondo, sulle strade dell'umanità, restando uniti nella Chiesa di Cristo!
Continuate a contemplare la gloria di Dio, l'amore di Dio; e sarete illuminati per costruire la civiltà dell'amore, per aiutare l'uomo a vedere il mondo trasfigurato dalla sapienza e dall'amore eterni.
Perdonati e riconciliati, siate fedeli al vostro Battesimo! Testimoniate il Vangelo! Membri della Chiesa, attivi e responsabili, siate testimoni di Cristo che rivela il Padre, rimanete nell'unità dello Spirito che dona la vita!

GIOVANNI PAOLO IIANGELUS
Ippodromo di Longchamp
Domenica, 24 Agosto 1997

  
1. Al momento di concludere questa Giornata Mondiale in Francia, desidero evocare la grande figura di santa Teresa di Lisieux, entrata nella vita cento anni fa.
Questa giovane carmelitana fu interamente presa dall'amore di Dio. Visse radicalmente l'offerta di se stessa in risposta all'Amore di Dio. Nella semplicità della vita quotidiana, seppe allo stesso tempo praticare l'amore fraterno. Imitando Gesù, accettò di sedersi «alla tavola dei peccatori», suoi «fratelli», perché essi fossero purificati dall'amore, giacché era animata dall'ardente desiderio di vedere tutti gli uomini «rischiarati dalla luminosa fiamma della fede» (cfr Ms C, 6 r)
Teresa ha conosciuto la sofferenza nel corpo e la prova nella fede. Ma è rimasta fedele perché, nella sua grande intelligenza spirituale, sapeva che Dio è giusto e misericordioso; comprendeva che l'amore è ricevuto da Dio piuttosto che donato dall'uomo. Fino al termine della notte, fissò la sua speranza in Gesù, il Servo sofferente che ha offerto la sua vita per molti (cfr Is 53, 12).
2. Il libro dei Vangeli non lasciava mai Teresa (cfr Lettera 193). Ne penetrò il messaggio con straordinaria sicurezza di giudizio. Comprende che nella vita di Dio, Padre, Figlio e Spirito Santo, «misericordia e verità si incontrano» (Sal 85/84, 11). In pochi anni percorse «una corsa da gigante» (Ms A, 44 v). Scoprì che la sua vocazione era quella di essere nel cuore della Chiesa l'amore stesso. Teresa, umile e povera, traccia la «piccola via» dei fanciulli che si abbandonano al Padre con una «audace fiducia». Centro del suo messaggio, il suo atteggiamento spirituale è proposto a tutti i fedeli.
L'insegnamento di Teresa, vera scienza dell'amore, è l'espressione luminosa della sua conoscenza del mistero di Cristo e della sua esperienza personale della grazia; ella aiuta gli uomini e le donne di oggi, e aiuterà quelli di domani, a meglio percepire i doni di Dio e a diffondere la Buona Novella del suo Amore infinito.
3. Carmelitana e apostola, maestra di sapienza spirituale per numerose persone consacrate o laiche, patrona delle missioni, santa Teresa occupa un posto di prim'ordine nella Chiesa. La sua eminente dottrina merita di essere riconosciuta fra le più feconde.
Rispondendo a numerose richieste e dopo attenti studi, ho la gioia di annunciare che, la domenica delle missioni, il 19 ottobre 1997, nella Basilica di San Pietro in Roma, io proclamerò santa Teresa del Bambin Gesù e del Santo Volto, Dottore della Chiesa.
Ho voluto darne qui il solenne annuncio, perché il messaggio di santa Teresa, giovane santa così presente nel nostro tempo, è particolarmente adatto a voi giovani: alla scuola del vangelo, ella vi apre il cammino della maturità cristiana; vi chiama ad una infinita generosità; vi invita ad essere nel «cuore» della Chiesa i discepoli e i testimoni ardenti della carità di Cristo.
Invochiamo santa Teresa, affinché conduca gli uomini e le donne di questo tempo sul cammino della Verità e della Vita!
Con Teresa, rivolgiamoci alla Vergine Maria, che ella ha lodato e pregato nel corso della vita con filiale fiducia!
Angelus Domini…

Desidero salutare ora tutti i nostri amici che ci seguono per radio e per televisione. Fra di essi, rivolgo un pensiero particolare ai giovani della regione dei Grandi Laghi nell'Africa centrale, che ci ascoltano da Goma.
Cari amici, conosciamo le prove che il vostro popolo ha sopportato. Con i vostri coetanei a Parigi vi dico: non perdetevi d'animo e restate artefici di riconciliazione e di pace!
È giunto il momento di salutarci! Tornando alle vostre famiglie e ai vostri amici in tutti i numerosi Paesi da cui provenite, portate con voi la gioia e la luce di Cristo. «Gesù Cristo è lo stesso ieri, oggi e sempre!» (Eb 13, 8). Egli è l'unico autentico faro di speranza per la famiglia umana chiamata ad affrontare enormi sfide lungo il cammino verso la libertà, la giustizia e la pace autentiche fra i popoli e le nazioni. È anche il Maestro che illumina il cammino di ognuno di noi. È il nostro coraggio e la nostra forza.
Il Papa vi invita ad affidarvi a Lui, a seguirlo ovunque vi chiami. Che lo Spirito Santo vi riempia di saggezza e di coraggio! Non abbiate paura! La vittoria appartiene già a Cristo. Ognuno di voi è una parte importante della sua missione e della sua vittoria. La grazia di Cristo sia sempre con voi!
Giovani latino-americani e spagnoli, che vi accompagni sempre la gioia dell'amicizia sincera e l'esperienza interiore della vita nuova che solo Cristo può dare. Conservate l'entusiasmo di questi giorni affinché continuino a fiorire in mezzo a voi numerose forme di impegno a favore della Chiesa e dell'umanità. Portate il saluto affettuoso del Papa alle vostre famiglie, ai vostri amici, ai popoli e alle nazioni da cui provenite.
Rivolgo il mio saluto affettuoso anche a voi, cari giovani dei Paesi di lingua tedesca. Come nel battesimo avete accolto Cristo, così tutta la vostra vita sia il segno del riconoscimento che Cristo opera anche oggi nel mondo!
Cari giovani amici!
Al termine del nostro incontro, affido alla Madre di Dio tutti i frutti che sono nati nei vostri cuori, grazie all'opera dello Spirito Santo che ci ha uniti nel corso di queste giornate. Con la Vergine Immacolata, rendiamo grazie all'Onnipotente per le meraviglie che ha compiuto in noi; con gioia desideriamo proclamare il suo santo Nome (cfr Lc 1, 49). Che Maria avvolga ognuno e ognuna di voi con la sua protezione materna e che ottenga per voi le grazie necessarie affinché, con perseveranza ed efficacia, siate i testimoni di una fede profonda, di un amore sollecito e di una speranza indefettibile! Ricordatevi che l'uomo contemporaneo ha bisogno di questa testimonianza, poiché ha sempre in sé questa domanda fondamentale: dov'è la dimora di Dio? dove si può incontrare Cristo, per entrare in questo rapporto particolare, «essere con Lui»? Voi siete chiamati ad avere il coraggio di seguire Cristo e di indicare agli altri la via che conduce a Lui. Che la vostra testimonianza fortifichi la fede dei nostri fratelli nella nostra patria e ovunque essi vivono!
Infine, desidero invitarvi alla prossima Giornata Mondiale della Gioventù che, Dio volendo, vivremo a Roma nell'anno 2000, nel corso del grande Giubileo, presso le tombe degli Apostoli Pietro e Paolo. In questo periodo di preparazione al Terzo Millennio, che Dio benedica tutte le vostre buone opere! Trasmettete il mio saluto e la mia Benedizione ai vostri parenti, ai vostri sacerdoti, ai vostri educatori e ai vostri amici.
Al termine del nostro incontro, cari giovani di lingua ucraina, vi affido al Signore. Siate, presso i vostri coetanei, testimoni di Cristo, che vi è stato vicino durante questa Giornata mondiale e che vi chiama a essere suoi discepoli e costruttori di una società solidale e fraterna!
Giovani amici slovacchi, v'invito a ravvivare i doni che Dio ha infuso in voi, affinché abbiate la forza di impegnarvi per Cristo, nella sua Chiesa e con le persone che incontrate ogni giorno.
Cari giovani cechi, che il nuovo dinamismo che avete trovato nel corso di questa Giornata mondiale vi renda creativi nell'annuncio del Vangelo e in un rinnovato impegno al servizio dei vostri fratelli!
Cari amici della Croazia e della Bosnia ed Erzegovina, nel corso di questa Giornata mondiale avete confermato la vostra fede in Cristo Salvatore e avete fatto un'esperienza particolarmente significativa di vita fraterna e di dialogo fra le culture. Diventate testimoni del Vangelo e portate ai giovani del vostro Paese la pace di Cristo, per edificare insieme una società nella quale ognuno venga riconosciuto e rispettato nella sua dignità di figlio di Dio.
Cari giovani, che il Signore vi accompagni e faccia di voi testimoni fraterni dei doni di Dio e artefici di pace!
Giovani battezzati del Viêt-Nam, la preghiera dei vostri fratelli del mondo vi accompagna nel vostro cammino spirituale e umano di discepoli di Cristo.
Carissimi giovani, vi do appuntamento per la prossima Giornata Mondiale della Gioventù a Roma, durante l'estate dell'anno 2000. Sono certo che verrete numerosi a quest'incontro straordinario. Nel corso del Grande Giubileo del Duemila vivremo insieme un'esperienza di comunione spirituale che segnerà certamente la vostra vita.
Chi vivrà vedrà.
Grazie per le splendide giornate a Parigi. Arrivederci a Roma.

© Copyright 1997 - Libreria Editrice Vaticana

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