lunedì 31 dicembre 2012

Buon 2013

Per alcuni di voi il capodanno vuol dire questo:


Altri di voi invece abbineranno il capodanno a questo:


Alcuni di voi passeranno la serata in questo modo:


Altri invece così:



Comunque voi siate e qualsiasi cosa voi facciate questa sera (spero comunque in compagnia di amici e/o parenti) voglio che a voi giungano comunque i nostri più sentiti auguri di buon anno.
Che il vostro 2013 sia lieto e sereno, e che i vostri giorni siano tutti lieti e sereni.



Vi aspettiamo a Rio, in quanto non scordate che il 2013 E' L'ANNO DELLA GMG DI RIO!!!!

domenica 30 dicembre 2012

35° Incontro europeo dei giovani di Taizè 2012 a Roma: il video introduttivo

Come già facemmo per la GMG anche per l'incontro dei giovani di Taizè, in corso di svolgimento, vorremmo pubblicare il video che ci introduce all'evento stesso. Buona visione:


Per maggiori informazioni sull'evento vi invitiamo a visitare questa pagina (disponibile anche in italiano). Proprio da questa pagina vi rigiriamo le informazioni su quanto avvenuto lo scorso 28 dicembre:

"L’incontro di Roma è iniziato
Alla fine del viaggio verso Roma, che per alcuni è durato diversi giorni, i partecipanti sono arrivati ​​a Roma. La gente è scesa dalle corriere alla periferia della città - le strade strette del centro non sarebbero state in grado di far fronte a un numero così elevato di corriere - e da lì ha preso la metropolitana per l’Università di Roma, La Sapienza, dove sono stati accolti a seconda dei gruppi linguistici. Poi i partecipanti sono stati inviati alle parrocchie o comunità di accoglienza in tutta la città e anche oltre.
I gruppi di accoglienza locali hanno poi inviato i giovani verso i diversi alloggi disponibili: le famiglie, le comunità religiose, e luoghi vari di alloggi collettivi.

JPEG - 29.3 Kb
La prima sera, la preghiera comune, che si tiene contemporaneamente in sette grandi basiliche e chiese, è stata un momento importante. Il Vangelo è stato letto in molte lingue e i canti di Taizé hanno echeggiato in questi antichi luoghi di preghiera. Al termine della preghiera, frère Alois si è rivolto ai presenti:
Siamo venuti a Roma come pellegrini. Siamo tutti in cammino verso una più personale comunione con Dio e una più profonda comunione con gli altri.
 
Che cosa speriamo di vivere in questi giorni? A Roma scopriremo le tracce della fede dal tempo degli apostoli, nel corso dei secoli fino ai giorni nostri. Persone di diversi paesi e di diverse confessioni cristiane, approfondiremo la nostra solidarietà in un momento storico in cui le difficoltà materiali spingono al contrario verso la paura e la chiusura in se stessi.
Con il nostro incontro potremo spalancare le porte alla fiducia e alla solidarietà.

Le parrocchie di Roma, hanno fatto tutto il possibile per preparare il giorno dell’ arrivo, il 28 dicembre! Per tutto il giorno ci hanno inviato messaggi, foto dei loro luoghi di accoglienza e della preghiera della sera. Hanno telefonato con domande, idee e preoccupazioni dell’ultimo minuto. "Siete sicuri che i giovani avranno mangiato quando arriveranno da noi?" "Come si scrive ’Benvenuto!’ in tedesco, portoghese, croato ..?" "Per loro andrà bene una prima colazione italiana? "Abbiamo atteso questo giorno per un lungo periodo di tempo. Preparando l’incontro con la gente di Roma, abbiamo scoperto che l’amicizia è molto importante. Ci auguriamo che l’incontro sia una forte esperienza dell’amicizia che Dio rende possibile tra di noi. Possiamo solo dire: "Benvenuti!""

Discorso del S.Padre in occasione dell'incontro di Taizè


Anche noi, dalle nostre pagine, vorremmo in qualche modo seguire il 35° incontro europeo dei giovani animato dalla comunità di Taizè che proprio in questi giorni si svolgerà a Roma. Cominciamo oggi pubblicando il discorso pronunciato ieri dal S.Padre:

DISCORSO DEL SANTO PADRE BENEDETTO XVI
Piazza San Pietro
Sabato, 29 dicembre 2012

Grazie, caro Fratello Alois, per le Sue parole calorose e piene di affetto. Cari giovani, cari pellegrini della fiducia, benvenuti a Roma!
Siete venuti molto numerosi, da tutta l’Europa e anche da altri continenti, per pregare presso le tombe dei santi Apostoli Pietro e Paolo. In questa città, infatti, entrambi hanno versato il loro sangue per Cristo. La fede che animava questi due grandi Apostoli di Gesù è anche quella che vi ha messi in cammino. Durante l’anno che sta per iniziare, voi vi proponete di liberare le sorgenti della fiducia in Dio per viverne nel quotidiano. Mi rallegro che voi incontriate in tal modo l’intenzione dell’Anno della fede iniziato nel mese di ottobre.
E’ la quarta volta che tenete un Incontro europeo a Roma. In questa occasione, vorrei ripetere le parole che il mio predecessore il Beato Giovanni Paolo II aveva detto ai giovani durante il vostro terzo Incontro a Roma: «Il Papa si sente profondamente impegnato con voi in questo pellegrinaggio di fiducia sulla terra … Anch’io sono chiamato ad essere un pellegrino di fiducia in nome di Cristo» (30 dicembre 1987).
Poco più di 70 anni fa, Fratel Roger ha dato vita alla comunità di Taizé. Questa continua a veder venire a sé migliaia di giovani di tutto il mondo, alla ricerca di un senso per la loro vita, i Fratelli li accolgono nella loro preghiera e offrono ad essi l’occasione di fare l’esperienza di una relazione personale con Dio. Per sostenere questi giovani nel loro cammino verso Cristo, Fratel Roger ebbe l’idea di cominciare un «pellegrinaggio di fiducia sulla terra».
Testimone instancabile del Vangelo della pace e della riconciliazione, animato dal fuoco di un ecumenismo della santità, Fratel Roger ha incoraggiato tutti coloro che passano per Taizé a diventare dei cercatori di comunione. Lo dissi all’indomani della sua morte: «Dovremmo ascoltare dal di dentro il suo ecumenismo vissuto spiritualmente e lasciarci condurre dalla sua testimonianza verso un ecumenismo veramente interiorizzato e spiritualizzato». Sulle sue orme, siate tutti portatori di questo messaggio di unità. Vi assicuro dell’impegno irrevocabile della Chiesa cattolica a proseguire la ricerca di vie di riconciliazione per giungere all’unità visibile dei cristiani. E questa sera vorrei salutare con affetto tutto particolare quanti tra voi sono ortodossi o protestanti.
Oggi, Cristo vi pone la domanda che rivolse ai suoi discepoli: «Chi sono io per voi?». A tale domanda, Pietro, presso la cui tomba noi ci troviamo in questo momento, rispose: «Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente» (Mt 16,15-16). E tutta la sua vita divenne una risposta concreta a questa domanda. Cristo desidera ricevere anche da ciascuno di voi una risposta che venga non dalla costrizione né dalla paura, ma dalla vostra libertà profonda. Rispondendo a tale domanda la vostra vita troverà il suo senso più forte. Il testo della Lettera di San Giovanni che abbiamo appena ascoltato ci fa capire con grande semplicità in modo sintetico come dare una risposta: «Che crediamo nel nome del Figlio suo Gesù Cristo e ci amiamo gli uni gli altri» (3,23). Avere fede e amare Dio e gli altri! Che cosa c’è di più esaltante? Che cosa di più bello?
Durante questi giorni a Roma, possiate lasciar crescere nei vostri cuori questo sì a Cristo, approfittando specialmente dei lunghi tempi di silenzio che occupano un posto centrale nelle vostre preghiere comunitarie, dopo l’ascolto della Parola di Dio. Questa Parola, dice la Seconda Lettera di Pietro, è «come una lampada che brilla in un luogo oscuro», che voi fate bene a guardare «finché non spunti il giorno e non sorga nei vostri cuori la stella del mattino» (1,19). Voi l’avete capito: se la stella del mattino deve sorgere nei vostri cuori è perché non sempre vi è presente. A volte il male e la sofferenza degli innocenti creano in voi il dubbio e il turbamento. E il sì a Cristo può diventare difficile. Ma questo dubbio non fa di voi dei non credenti! Gesù non ha respinto l’uomo del Vangelo che gridò: «Credo; aiuta la mia incredulità!» (Mc 9,24).
Perché in questo combattimento voi non perdiate la fiducia, Dio non vi lascia soli e isolati. Egli dà a tutti noi la gioia e il conforto della comunione della Chiesa. Durante il vostro soggiorno a Roma, grazie specialmente all’accoglienza generosa di tante parrocchie e comunità religiose, voi fate una nuova esperienza di Chiesa. Tornando a casa, nei vostri diversi Paesi, vi invito a scoprire che Dio vi fa corresponsabili della sua Chiesa, in tutta la varietà delle vocazioni. Questa comunione che è il Corpo di Cristo ha bisogno di voi e voi avete in esso tutto il vostro posto. A partire dai vostri doni, da ciò che è specifico di ognuno di voi, lo Spirito Santo plasma e fa vivere questo mistero di comunione che è la Chiesa, al fine di trasmettere la buona novella del Vangelo al mondo di oggi.
Con il silenzio, il canto occupa un posto importante nelle vostre preghiere comunitarie. I canti di Taizé riempiono in questi giorni le basiliche di Roma. Il canto è un sostegno e un’espressione incomparabile della preghiera. Cantando Cristo, voi vi aprite anche al mistero della sua speranza. Non abbiate paura di precedere l’aurora per lodare Dio. Non sarete delusi.
Cari giovani amici, Cristo non vi toglie dal mondo. Vi manda là dove la luce manca, perché la portiate ad altri. Sì, siete tutti chiamati ad essere delle piccole luci per quanti vi circondano. Con la vostra attenzione a una più equa ripartizione dei beni della terra, con l’impegno per la giustizia e per una nuova solidarietà umana, voi aiuterete quanti sono intorno a voi a comprendere meglio come il Vangelo ci conduca al tempo stesso verso Dio e verso gli altri. Così, con la vostra fede, contribuirete a far sorgere la fiducia sulla terra.
Siate pieni di speranza. Dio vi benedica, con i vostri familiari e amici!

© Copyright 2012 - Libreria Editrice Vaticana


La parola del Papa: l'angelus del 30 dicembre


FESTA DELLA SANTA FAMIGLIA DI NAZARET
BENEDETTO XVI
ANGELUS
Piazza San Pietro
Domenica, 30 dicembre 2012
 


Cari fratelli e sorelle!
Oggi è la festa della Santa Famiglia di Nazaret. Nella liturgia il brano del Vangelo di Luca ci presenta la Vergine Maria e san Giuseppe che, fedeli alla tradizione, salgono a Gerusalemme per la Pasqua insieme con Gesù dodicenne. La prima volta in cui Gesù era entrato nel Tempio del Signore era stata quaranta giorni dopo la sua nascita, quando i suoi genitori avevano offerto per lui «una coppia di tortore o di giovani colombi» (Lc 2,24), cioè il sacrificio dei poveri. «Luca, il cui intero Vangelo è pervaso da una teologia dei poveri e della povertà, fa capire … che la famiglia di Gesù era annoverata tra i poveri di Israele; ci fa capire che proprio tra loro poteva maturare l’adempimento della promessa» (L’infanzia di Gesù, 96). Gesù oggi è di nuovo nel Tempio, ma questa volta ha un ruolo differente, che lo coinvolge in prima persona. Egli compie, con Maria e Giuseppe, il pellegrinaggio a Gerusalemme secondo quanto prescrive la Legge (cfr Es 23,17; 34,23ss), anche se non aveva ancora compiuto il tredicesimo anno di età: un segno della profonda religiosità della Santa Famiglia. Quando, però, i suoi genitori ripartono per Nazaret, avviene qualcosa di inaspettato: Egli, senza dire nulla, rimane nella Città. Per tre giorni Maria e Giuseppe lo cercano e lo ritrovano nel Tempio, a colloquio con i maestri della Legge (cfr Lc 2,46-47); e quando gli chiedono spiegazioni, Gesù risponde che non devono meravigliarsi, perché quello è il suo posto, quella è la sua casa, presso il Padre, che è Dio (cfr L’infanzia di Gesù, 143). «Egli – scrive Origene – professa di essere nel tempio di suo Padre, quel Padre che ha rivelato a noi e del quale ha detto di essere Figlio» (Omelie sul Vangelo di Luca, 18, 5).
Marcello Venusti - Sacra Famiglia
Santuario della Madonna delle Grazie
Grosotto (SO)
La preoccupazione di Maria e Giuseppe per Gesù è la stessa di ogni genitore che educa un figlio, lo introduce alla vita e alla comprensione della realtà. Oggi pertanto è doverosa una speciale preghiera al Signore per tutte le famiglie del mondo. Imitando la santa Famiglia di Nazaret, i genitori si preoccupino seriamente della crescita e dell’educazione dei propri figli, perché maturino come uomini responsabili e onesti cittadini, senza dimenticare mai che la fede è un dono prezioso da alimentare nei propri figli anche con l’esempio personale. Nello stesso tempo preghiamo perché ogni bambino venga accolto come dono di Dio, sia sostenuto dall’amore del padre e della madre, per poter crescere come il Signore Gesù «in sapienza, età e grazia davanti a Dio e agli uomini» (Lc2,52). L’amore, la fedeltà e la dedizione di Maria e Giuseppe siano di esempio per tutti gli sposi cristiani, che non sono gli amici o i padroni della vita dei loro figli, ma i custodi di questo dono incomparabile di Dio.
Il silenzio di Giuseppe, uomo giusto (cfr Mt 1,19), e l’esempio di Maria, che custodiva ogni cosa nel suo cuore (cfr Lc 2,51), ci facciano entrare nel mistero pieno di fede e di umanità della Santa Famiglia. Auguro a tutte le famiglie cristiane di vivere alla presenza di Dio con lo stesso amore e con la stessa gioia della famiglia di Gesù, Maria e Giuseppe.

Dopo l'Angelus:
Chers pèlerins francophones, nous célébrons aujourd’hui la Sainte Famille que Dieu a donnée à l’humanité pour modèle des valeurs humaines et familiales. Le Fils de Dieu a voulu naître dans une famille, lui donnant ainsi sa noble signification et sa place irremplaçable pour la personne et pour la société. La famille est le berceau naturel de l’enfant. Elle est le terreau premier et indispensable où s’enracinent et se construisent la personne et les liens humains. Que la Vierge Marie et saint Joseph aident les parents à éduquer leurs enfants et à leur transmettre la foi ! Je vous bénis tous de grand cœur ainsi que vos familles !
I welcome all the English-speaking visitors present for this Angelus prayer. Today the Church throughout the world celebrates the Feast of the Holy Family. May Jesus, Mary and Joseph bring greater love, unity and harmony to all Christian families, that they in their turn may be a firm example to the communities in which they live. May God bless you and your dear families!
Einen weihnachtlichen Gruß richte ich an alle deutschsprachigen Pilger und Besucher. Die Kirche feiert heute das Fest der Heiligen Familie. Dem Ratschluß des himmlischen Vaters entsprechend hat Gottes Sohn viele Jahre lang verborgen in einer irdischen Familie gelebt. Die Familie von Nazareth Diese ist Urbild und Modell jeder christlichen Familie. Sie regt uns an zur echten Frömmigkeit und wahren Liebe zu denen, die um uns sind. Sie lehrt uns auch, in den alltäglichen Dingen mit unserem Herrn Jesus Christus zu leben. Er schenke allen Familien seinen Segen. Von Herzen wünsche ich euch eine gnadenreiche Weihnachtszeit.
Saludo cordialmente a los peregrinos de lengua española presentes en esta oración mariana. Y también, desde aquí, a los numerosos participantes en la Eucaristía que se celebra en Madrid en esta Fiesta de la Sagrada Familia. Que Jesús, María y José sean un ejemplo de la fe que hace brillar el amor y fortalece la vida de los hogares. Por su intercesión, pidamos que la familia siga siendo un don precioso para cada uno de sus miembros y una esperanza firme para toda la humanidad. Y que el júbilo de compartir la vida al amparo de Dios, que aprendimos de niños de labios de nuestros padres, nos impulse a hacer del mundo un verdadero hogar, un espacio de concordia, solidaridad y respeto mutuo. Con ese propósito, acudimos a María, nuestra Madre del cielo, para que acompañe a las familias en su vocación de ser una forma entrañable de iglesia doméstica y célula originaria de la sociedad. Que Dios os bendiga a todos. Feliz domingo.
Pozdrawiam Polaków uczestniczących w modlitwie Anioł Pański. Liturgia dzisiejszej niedzieli ukazuje nam życie świętej Rodziny: Jezusa, Maryi i Józefa. Życzę, by wasze rodziny przenikała obecność Boga, wyróżniała miłość i zaufanie, by umacniała je więź oparta na wzajemnym szacunku i zrozumieniu. Niech święta Rodzina pomaga wam pokonywać trudności, jakie niesie życie. Wszystkim z serca błogosławię.
[Saluto cordialmente tutti i Polacchi partecipanti alla preghiera dell’Angelus. La liturgia dell’odierna domenica ci mostra la vita della Santa Famiglia: Gesù, Maria e Giuseppe. Auguro che le vostre famiglie siano penetrate dalla presenza di Dio, ricolme di amore e fiducia e caratterizzate da reciproco rispetto e comprensione. La Santa Famiglia vi aiuti a superare le difficoltà della vita. Vi benedico tutti di cuore.]
Saluto con affetto i pellegrini di lingua italiana, in modo speciale le famiglie. Saluto i giovani dei vicariati di Tirano e Grosio, in Valtellina, e quelli delle comunità pastorali di Besana Brianza e Triuggio; come pure i Religiosi Mercedari con un gruppo di ministranti, e gli amici e i volontari della «Fraterna Domus» di Roma. A tutti auguro una buona domenica e una fine d’anno nella luce e nella pace del Signore. Buona domenica!

© Copyright 2012 - Libreria Editrice Vaticana

sabato 29 dicembre 2012

Letture della S.Messa del 1 gennaio

RITO ROMANO (Maria Santissima Madre di Dio):


Prima lettura

Nm 6, 22-27


Dal libro dei Numeri

Il Signore parlò a Mosè e disse: «Parla ad Aronne e ai suoi figli dicendo: “Così benedirete gli Israeliti: direte loro:
Ti benedica il Signore
e ti custodisca.
Il Signore faccia risplendere per te il suo volto
e ti faccia grazia.
Il Signore rivolga a te il suo volto
e ti conceda pace”.
Così porranno il mio nome sugli Israeliti e io li benedirò».



Salmo responsoriale

Sal 66



R.: Dio abbia pietà di noi e ci benedica.


Dio abbia pietà di noi e ci benedica,
su di noi faccia splendere il suo volto;
perché si conosca sulla terra la tua via,
la tua salvezza fra tutte le genti.


Gioiscano le nazioni e si rallegrino,
perché tu giudichi i popoli con rettitudine,
governi le nazioni sulla terra.    

Ti lodino i popoli, o Dio,
ti lodino i popoli tutti.
Ci benedica Dio e lo temano
tutti i confini della terra.



Seconda lettura

Gal 4,4-7


Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Gàlati

Fratelli, quando venne la pienezza del tempo, Dio mandò il suo Figlio, nato da donna, nato sotto la Legge, per riscattare quelli che erano sotto la Legge, perché ricevessimo l’adozione a figli.
E che voi siete figli lo prova il fatto che Dio mandò nei nostri cuori lo Spirito del suo Figlio, il quale grida: Abbà! Padre! Quindi non sei più schiavo, ma figlio e, se figlio, sei anche erede per grazia di Dio.



Vangelo

Lc 2,16-21



Dal Vangelo secondo Luca

In quel tempo, [i pastori] andarono, senza indugio, e trovarono Maria e Giuseppe e il bambino, adagiato nella mangiatoia. E dopo averlo visto, riferirono ciò che del bambino era stato detto loro.
Tutti quelli che udivano si stupirono delle cose dette loro dai pastori. Maria, da parte sua, custodiva tutte queste cose, meditandole nel suo cuore.
I pastori se ne tornarono, glorificando e lodando Dio per tutto quello che avevano udito e visto, com’era stato detto loro.
Quando furono compiuti gli otto giorni prescritti per la circoncisione, gli fu messo nome Gesù, come era stato chiamato dall’angelo prima che fosse concepito nel grembo.


RITO AMBROSIANO (Circoncisione del Signore): 


Lettura
Lettura del libro dei Numeri  6, 22-27

In quei giorni. Il Signore parlò a Mosè e disse: «Parla ad Aronne e ai suoi figli dicendo: “Così benedirete gli Israeliti: direte loro: Ti benedica il Signore / e ti custodisca. / Il Signore faccia risplendere per te il suo volto / e ti faccia grazia. / Il Signore rivolga a te il suo volto / e ti conceda pace”. Così porranno il mio nome sugli Israeliti e io li benedirò».          

Salmo
Sal 66 (67)

   ®   Dio ci benedica con la luce del suo volto.

             Dio abbia pietà di noi e ci benedica,
             su di noi faccia splendere il suo volto;
             perché si conosca sulla terra la tua via,
             la tua salvezza fra tutte le genti. ®


             Gioiscano le nazioni e si rallegrino,
             perché tu giudichi i popoli con rettitudine,
             governi le nazioni sulla terra. ®

             Ti lodino i popoli, o Dio,
             ti lodino i popoli tutti.
             Ci benedica Dio, il nostro Dio,
             e lo temano tutti i confini della terra. ®


Epistola
Lettera di san Paolo apostolo ai Filippesi 2, 5-11

Fratelli, abbiate in voi gli stessi sentimenti di Cristo Gesù: / egli, pur essendo nella condizione di Dio, / non ritenne un privilegio / l’essere come Dio, / ma svuotò se stesso / assumendo una condizione di servo, / diventando simile agli uomini.
Dall’aspetto riconosciuto come uomo, / umiliò se stesso / facendosi obbediente fino alla morte / e a una morte di croce. / Per questo Dio lo esaltò / e gli donò il nome / che è al di sopra di ogni nome, / perché nel nome di Gesù / ogni ginocchio si pieghi / nei cieli, sulla terra e sotto terra, / e ogni lingua proclami: / «Gesù Cristo è Signore!», / a gloria di Dio Padre.

  Vangelo
Lettura del Vangelo secondo Luca 2, 18-21

In quel tempo. Tutti quelli che udivano si stupirono delle cose dette loro dai pastori. Maria, da parte sua, custodiva tutte queste cose, meditandole nel suo cuore. I pastori se ne tornarono, glorificando e lodando Dio per tutto quello che avevano udito e visto, com’era stato detto loro.
Quando furono compiuti gli otto giorni prescritti per la circoncisione, gli fu messo nome Gesù, come era stato chiamato dall’angelo prima che fosse concepito nel grembo.

mercoledì 26 dicembre 2012

Scrivo da una cella senza finestre

Vorrei copiare il mio parroco oggi e la sua omelia. Mettere una testimonianza, quella di Asia Bibi (qui potete vedere chi sia questa donna), trascrivendo una sua lettera tratta da Avvenire (qui il link da cui ho tratto la lettera).
Lo faccio oggi, nella giornata di S.Stefano, primo martire, per poter in qualche modo ricordare tutti coloro che, ancora oggi, come Stefano, soffrono o muoiono per la propria fede:

"Mi chiamo Asia Noreen Bibi. Scrivo agli uomini e alle donne di buo­na volontà dalla mia cella senza finestre, nel modulo di isolamen­to della prigione di Sheikhupura, in Pakistan, e non so se leggerete mai questa lettera. Sono rinchiusa qui dal giugno del 2009. Sono stata con­dannata a morte mediante impiccagione per blasfemia contro il profe­ta Maometto.

Dio sa che è una sentenza ingiusta e che il mio unico de­­litto, in questo mio grande Paese che amo tanto, è di essere cattolica. Non so se queste parole usciranno da questa prigione. Se il Signore miseri­cordioso vuole che ciò avvenga, chiedo agli spagnoli (il 15 dicembre, il marito di Asia ritirerà a Madrid il premio dell’associazione HazteOir, n­dr ) di pregare per me e intercedere presso il presidente del mio bellissi­mo Paese affinché io possa recuperare la libertà e tornare dalla mia fa­miglia che mi manca tanto. Sono sposata con un uomo buono che si chiama Ashiq Masih. Abbia­mo cinque figli, benedizione del cielo: un maschio, Imran, e quattro ra­gazze, Nasima, Isha, Sidra e la piccola Isham. Voglio soltanto tornare da loro, vedere il loro sorriso e riportare la serenità. Stanno soffrendo a cau­sa mia, perché sanno che sono in prigione senza giustizia. E temono per la mia vita. Un giudice, l’onorevole Naveed Iqbal, un giorno è entrato nel­la mia cella e, dopo avermi condannata a una morte orribile, mi ha of­ferto la revoca della sentenza se mi fossi convertita all’islam. Io l’ho rin­graziato di cuore per la sua proposta, ma gli ho risposto con tutta one­stà che preferisco morire da cristiana che uscire dal carcere da musul­mana. «Sono stata condannata perché cristiana – gli ho detto –. Credo in Dio e nel suo grande amore. Se lei mi ha condannata a morte perché amo Dio, sarò orgogliosa di sacrificare la mia vita per Lui».

Due uomini giusti sono stati assassinati per aver chiesto per me giusti­zia e libertà. Il loro destino mi tormenta il cuore. Salman Taseer, gover­natore della mia regione, il Punjab, venne assassinato il 4 gennaio 2011 da un membro della sua scorta, semplicemente perché aveva chiesto al governo che fossi rilasciata e perché si era opposto alla legge sulla bla­sfemia in vigore in Pakistan. Due mesi dopo un ministro del governo na­zionale, Shahbaz Bhatti, cristiano come me, fu ucciso per lo stesso mo­tivo. Circondarono la sua auto e gli spararono con ferocia.

Mi chiedo quante altre persone debbano morire a causa della giustizia. Prego in ogni momento perché Dio misericordioso illumini il giudizio delle nostre autorità e le leggi ristabiliscano l’antica armonia che ha sempre regnato fra persone di differenti religioni nel mio grande Pae­se. Gesù, nostro Signore e Salvatore, ci ama come esseri liberi e credo che la libertà di coscienza sia uno dei tesori più preziosi che il nostro Creatore ci ha dato, un tesoro che dobbiamo proteggere. Ho provato u­na grande emozione quando ho saputo che il Santo Padre Benedetto XVI era intervenuto a mio favore. Dio mi permetta di vivere abbastan­za per andare in pellegrinaggio fino a Roma e, se possibile, ringraziarlo personalmente.

Penso alla mia famiglia, lo faccio in ogni momento. Vivo con il ricordo di mio marito e dei miei figli e chiedo a Dio misericordioso che mi per­metta di tornare da loro. Amico o amica a cui scrivo, non so se questa lettera ti giungerà mai. Ma se accadrà, ricordati che ci sono persone nel mondo che sono perseguitate a causa della loro fede e – se puoi – prega il Signore per noi e scrivi al presidente del Pakistan per chiedergli che mi faccia ritornare dai miei familiari. Se leggi questa lettera, è perché Dio lo avrà reso possibile. Lui, che è buono e giusto, ti colmi con la sua Grazia. 

Asia Noreeen Bibi - Prigione di Sheikhupura, Pakistan​"

La parola del Papa: l'angelus del 26 dicembre


FESTA DI SANTO STEFANO PROTOMARTIRE
BENEDETTO XVI
ANGELUS
Piazza San Pietro
Mercoledì, 26 dicembre 2012
 

Cari fratelli e sorelle,
ogni anno, all’indomani del Natale del Signore, la liturgia ci fa celebrare la festa di santo Stefano, diacono e primo martire. Il libro degli Atti degli Apostoli ce lo presenta come uomo pieno di grazia e di Spirito Santo (cfr At 6,8-10; 7,55); in lui si è verificata in pieno la promessa di Gesù riportata dal testo evangelico odierno, che cioè i credenti chiamati a rendere testimonianza in circostanze difficili e pericolose non saranno ab­bandonati e indifesi: lo Spirito di Dio parlerà in loro (cfr Mt10,20). Il diacono Stefano, in effetti, operò, parlò e morì animato dallo Spirito Santo, testimoniando l’amore di Cristo fino all’estremo sacrificio. Il primo martire viene descritto, nella sua sofferenza, come imitazione perfetta di Cristo, la cui passione si ripete fino nei dettagli. La vita di santo Stefano è interamente plasmata da Dio, conformata a Cristo, la cui passione si ripete in lui; nel momento finale della morte, in ginocchio, egli riprende la preghiera di Gesù sulla croce, affidandosi al Signore (cfr At 7,59) e perdonando i suoi nemici: «Signore, non imputare loro questo peccato» (v. 60). Ri­colmo di Spirito Santo, mentre i suoi occhi stanno per spegnersi, egli fissa lo sguardo su «Gesù che stava alla destra di Dio» (v. 55), Signore di tutto e che tutti attira a Sé.
Nel giorno di santo Stefano, anche noi siamo chiamati a fissare lo sguardo sul Figlio di Dio, che nel clima gioioso del Natale contempliamo nel mistero della sua Incarnazione. Con il Battesimo e la Cresima, con il prezioso dono della fede alimentata dai Sacramenti, specialmente dall’Eucaristia, Gesù Cristo ci ha legati a Sé e vuole continuare in noi, con l’azione dello Spirito Santo, la sua opera di salvezza, che tutto riscatta, valorizza, eleva e conduce al compimento. Lasciarsi attirare da Cristo, come ha fatto santo Stefano, significa aprire la propria vita alla luce che la richiama, la orienta e le fa percorrere la via del bene, la via di un’umanità secondo il disegno di amore di Dio.
Infine, santo Stefano è un modello per tutti coloro che vogliono mettersi al servizio della nuova evangelizzazione. Egli dimostra che la novità dell’annuncio non consiste primariamente nell’uso di metodi o tecniche originali, che certo hanno la loro utilità, ma nell’essere ricolmi di Spirito Santo e lasciarsi guidare da Lui. La novità dell’annuncio sta nella profondità dell’immersione nel mistero di Cristo, dell’assimilazione della sua parola e della sua presenza nell’Eucaristia, così che Lui stesso, Gesù vivo, possa parlare e agire nel suo inviato. In sostanza, l’evangelizzatore diventa capace di portare Cristo agli altri in maniera efficace quando vive di Cristo, quando la novità del Vangelo si manifesta nella sua stessa vita. Preghiamo la Vergine Maria, affinché la Chiesa, in quest’Anno della fede, veda moltiplicarsi gli uomini e le donne che, come santo Stefano, sanno dare una testimonianza convinta e coraggiosa del Signore Gesù.

Dopo l'Angelus:
Chers pèlerins francophones, au lendemain de Noël, le martyre du diacre Etienne montre que la naissance du Fils de Dieu a inauguré une ère nouvelle, celle de l’amour. L’amour abat les barrières entre les hommes. Il les rend frères en les réconciliant par le pardon, donné et reçu. Que l’intercession de saint Etienne, fidèle jusqu’au bout au Seigneur, soutienne les chrétiens persécutés et que notre prière les encourage ! À sa suite, témoignons sans peur, avec courage et détermination de notre foi. Bonnes fêtes à tous !
I am pleased to welcome all those present for this Angelus prayer.  Today, immediately after Christmas Day, by tradition we celebrate the feast of the first martyr, Saint Stephen the Deacon.  Like him, may we be blessed by God’s grace to have the courage to speak up and to defend the truth of our faith in public, with charity and constancy.  God bless all of you and your loved ones!
Am heutigen Stephanustag heiße ich ganz herzlich alle deutschsprachigen Pilger und Besucher hier auf dem Petersplatz willkommen. Der heilige Stephanus sieht den Himmel offen und den Menschensohn zur Rechten Gottes stehen, so erzählt uns die Apostelgeschichte. Mit seinem Zeugnis und seinem Martyrium bestätigt er die Botschaft von der Menschwerdung Gottes. Er bezeugt, daß der Mensch, der sich Christus, dem göttlichen Wort, zuwendet, Gott selbst begegnet und durch die Kraft der Liebe verwandelt wird in Gottes neue Schöpfung hinein. Der Herr schenke euch und euren Familien in dieser Weihnachtszeit seinen Frieden und seine Freude.
Dirijo un cordial saludo a los peregrinos de lengua española aquí presentes y a cuantos participan en esta oración mariana a través de los medios de comunicación social. La fiesta de San Esteban prolonga el fervor de la Navidad y se convierte en una invitación a pedir al Niño Dios que renueve nuestra fe y la haga más activa por la caridad. A Él también le suplicamos que el ejemplo de fidelidad al Evangelio de este primer mártir ayude a los cristianos a vencer sus miedos e inercias, para que así puedan dar razón de su esperanza a quien se la pidiere, con audacia y sabiduría. De nuevo deseo a todos una santa y feliz Navidad. Muchas gracias.
Com afecto, saúdo também os peregrinos de língua portuguesa, desejando que esta vinda a Roma encha de paz e alegria natalícia os vossos corações, com uma viva adesão a Cristo como fez Santo Estêvão: Confiai no seu poder, deixai agir a sua graça! De coração vos agradeço e abençoo.
Serdecznie pozdrawiam Polaków. Wspominając świętego Szczepana, pierwszego męczennika, przez jego wstawiennictwo, prośmy Boga, aby i nam w codziennym życiu nie brakowało mądrości i odwagi, wiary i miłości, które znajdują swoje zwieńczenie w chwale Pana. Wszystkim z serca błogosławię.
[Saluto cordialmente i polacchi. Commemorando San Stefano, primo martire, per sua intercessione chiediamo a Dio affinché nella vita quotidiana non ci manchino la saggezza e il coraggio, la fede e l’amore, che trovano il loro compimento nella gloria del Signore.]
Saluto infine con affetto i pellegrini di lingua italiana, in particolare i giovani del Movimento dei Focolari provenienti da molti Paesi del mondo. Cari giovani, l’esempio della beata Chiara Badano vi aiuti nel cammino della fede! A tutti auguro una buona festa, nella luce e nella pace del Natale del Nostro Signore Gesù Cristo. Grazie! Buona festa e tanta gioia.


© Copyright 2012 - Libreria Editrice Vaticana

martedì 25 dicembre 2012

Messaggio Urbi ed Orbi Natale 2012


MESSAGGIO URBI ET ORBI
DEL SANTO PADRE BENEDETTO XVI
NATALE 2012

 
 
«Veritas de terra orta est!» - «La verità è germogliata dalla terra!» (Sal 85,12).
Cari fratelli e sorelle di Roma e del mondo intero, buon Natale a tutti voi e alle vostre famiglie!
Il mio augurio natalizio, in quest’Anno della fede, lo esprimo con queste parole, tratte da un Salmo: «La verità è germogliata dalla terra». Nel testo del Salmo, in realtà, le troviamo al futuro: «La verità germoglierà dalla terra»: è un annuncio, una promessa, accompagnata da altre espressioni, che nell’insieme suonano così: «Amore e verità s’incontreranno, / giustizia e pace si baceranno. / Verità germoglierà dalla terra / e giustizia si affaccerà dal cielo. / Certo, il Signore donerà il suo bene / e la nostra terra darà il suo frutto; / giustizia camminerà davanti a lui: / i suoi passi tracceranno il cammino» (Sal 85,11-14).
Oggi questa parola profetica si è compiuta! In Gesù, nato a Betlemme da Maria Vergine, realmente l’amore e la verità si incontrano, la giustizia e la pace si sono baciate; la verità è germogliata dalla terra e la giustizia si è affacciata dal cielo. Sant’Agostino spiega con felice concisione: «Che cos’è la verità? Il Figlio di Dio. Che cos’è la terra? La carne. Domàndati da dove è nato Cristo, e vedi perché la verità è germogliata dalla terra … la verità è nata da Maria Vergine» (En. in Ps. 84,13). E in un discorso di Natale afferma: «Con questa festa che ricorre ogni anno celebriamo dunque il giorno in cui si adempì la profezia: “La verità è sorta dalla terra e la giustizia si è affacciata dal cielo”. La Verità che è nel seno del Padre è sorta dalla terra perché fosse anche nel seno di una madre. La Verità che regge il mondo intero è sorta dalla terra perché fosse sorretta da mani di donna … La Verità che il cielo non è sufficiente a contenere è sorta dalla terra per essere adagiata in una mangiatoia. Con vantaggio di chi un Dio tanto sublime si è fatto tanto umile? Certamente con nessun vantaggio per sé, ma con grande vantaggio per noi, se crediamo» (Sermones, 185, 1).
«Se crediamo». Ecco la potenza della fede! Dio ha fatto tutto, ha fatto l’impossibile: si è fatto carne. La sua onnipotenza d’amore ha realizzato ciò che va al di là dell’umana comprensione: l’Infinito si è fatto bambino, è entrato nell’umanità. Eppure, questo stesso Dio non può entrare nel mio cuore se non apro io la porta. Porta fidei! La porta della fede! Potremmo rimanere spaventati, davanti a questa nostra onnipotenza alla rovescia. Questo potere dell’uomo di chiudersi a Dio può farci paura. Ma ecco la realtà che scaccia questo pensiero tenebroso, la speranza che vince la paura: la verità è germogliata! Dio è nato! «La terra ha dato il suo frutto» (Sal 67,7). Sì, c’è una terra buona, una terra sana, libera da ogni egoismo e da ogni chiusura. C’è nel mondo una terra che Dio ha preparato per venire ad abitare in mezzo a noi. Una dimora per la sua presenza nel mondo. Questa terra esiste, e anche oggi, nel 2012, da questa terra è germogliata la verità! Perciò c’è speranza nel mondo, una speranza affidabile, anche nei momenti e nelle situazioni più difficili. La verità è germogliata portando amore, giustizia e pace.
Sì, la pace germogli per la popolazione siriana, profondamente ferita e divisa da un conflitto che non risparmia neanche gli inermi e miete vittime innocenti. Ancora una volta faccio appello perché cessi lo spargimento di sangue, si facilitino i soccorsi ai profughi e agli sfollati e, tramite il dialogo, si persegua una soluzione politica al conflitto.
La pace germogli nella Terra dove è nato il Redentore, ed Egli doni a Israeliani e Palestinesi il coraggio di porre fine a troppi anni di lotte e di divisioni, e di intraprendere con decisione il cammino del negoziato.
Nei Paesi del Nord Africa, che attraversano una profonda transizione alla ricerca di un nuovo futuro - in particolare in Egitto, terra amata e benedetta dall’infanzia di Gesù - i cittadini costruiscano insieme società basate sulla giustizia, il rispetto della libertà e della dignità di ogni persona.
La pace germogli nel vasto Continente asiatico. Gesù Bambino guardi con benevolenza ai numerosi Popoli che abitano quelle terre e, in modo speciale, quanti credono in Lui. Il Re della Pace rivolgainoltre il suo sguardo ai nuovi Dirigenti della Repubblica Popolare Cinese per l’alto compito che li attende. Auspico che esso valorizzi l'apporto delle religioni, nel rispetto di ciascuna, così che queste possano contribuire alla costruzione di una società solidale, a beneficio di quel nobile Popolo e del mondo intero.
Il Natale di Cristo favorisca il ritorno della pace nel Mali e della concordia in Nigeria, dove efferati attentati terroristici continuano a mietere vittime, in particolare tra i Cristiani. Il Redentore rechi aiuto e conforto ai profughi dell’Est della Repubblica Democratica del Congo e doni pace al Kenya, dove sanguinosi attentati hanno colpito la popolazione civile e i luoghi di culto.
Gesù Bambino benedica i numerosissimi fedeli che Lo celebrano in America Latina. Accresca le loro virtù umane e cristiane, sostenga quanti sono costretti ad emigrare dalle loro famiglie e dalla loro terra, rafforzi i Governanti nell’impegno per lo sviluppo e nella lotta alla criminalità.
Cari fratelli e sorelle! Amore e verità, giustizia e pace si sono incontrate, si sono incarnatenell’uomo nato a Betlemme da Maria. Quell’uomo è il Figlio di Dio, è Dio apparso nella storia. La sua nascita è un germoglio di vita nuova per tutta l’umanità. Possa ogni terra diventare una terra buona, che accoglie e germoglia l’amore, la verità, la giustizia e la pace. Buon Natale a tutti!
 

© Copyright 2012 - Libreria Editrice Vaticana

Letture della S.Messa del 30 dicembre

RITO ROMANO (SANTA FAMIGLIA DI GESU', GIUSEPPE E MARIA):


Prima lettura

1Sam 1,20-22.24-28


Dal primo libro di Samuèle

Al finir dell’anno Anna concepì e partorì un figlio e lo chiamò Samuèle, «perché – diceva – al Signore l’ho richiesto». Quando poi Elkanà andò con tutta la famiglia a offrire il sacrificio di ogni anno al Signore e a soddisfare il suo voto, Anna non andò, perché disse al marito: «Non verrò, finché il bambino non sia svezzato e io possa condurlo a vedere il volto del Signore; poi resterà là per sempre».
Dopo averlo svezzato, lo portò con sé, con un giovenco di tre anni, un’efa di farina e un otre di vino, e lo introdusse nel tempio del Signore a Silo: era ancora un fanciullo. Immolato il giovenco, presentarono il fanciullo a Eli e lei disse: «Perdona, mio signore. Per la tua vita, mio signore, io sono quella donna che era stata qui presso di te a pregare il Signore. Per questo fanciullo ho pregato e il Signore mi ha concesso la grazia che gli ho richiesto. Anch’io lascio che il Signore lo richieda: per tutti i giorni della sua vita egli è richiesto per il Signore». E si prostrarono là davanti al Signore.



Salmo responsoriale

Sal 83



  R.: Beato chi abita nella tua casa, Signore.

Quanto sono amabili le tue dimore,
Signore degli eserciti!
L’anima mia anela
e desidera gli atri del Signore.
Il mio cuore e la mia carne
esultano nel Dio vivente.


Beato chi abita nella tua casa:
senza fine canta le tue lodi.
Beato l’uomo che trova in te il suo rifugio
e ha le tue vie nel suo cuore.


Signore, Dio degli eserciti, ascolta la mia preghiera,
porgi l’orecchio, Dio di Giacobbe.
Guarda, o Dio, colui che è il nostro scudo,
guarda il volto del tuo consacrato.
 

Seconda lettura

1Gv 3,1-2.21-24


Dalla prima lettera di san Giovanni apostolo

Carissimi, vedete quale grande amore ci ha dato il Padre per essere chiamati figli di Dio, e lo siamo realmente! Per questo il mondo non ci conosce: perché non ha conosciuto lui.
Carissimi, noi fin d’ora siamo figli di Dio, ma ciò che saremo non è stato ancora rivelato. Sappiamo però che quando egli si sarà manifestato, noi saremo simili a lui, perché lo vedremo così come egli è.
Carissimi, se il nostro cuore non ci rimprovera nulla, abbiamo fiducia in Dio, e qualunque cosa chiediamo, la riceviamo da lui, perché osserviamo i suoi comandamenti e facciamo quello che gli è gradito.
Questo è il suo comandamento: che crediamo nel nome del Figlio suo Gesù Cristo e ci amiamo gli uni gli altri, secondo il precetto che ci ha dato. Chi osserva i suoi comandamenti rimane in Dio e Dio in lui. In questo conosciamo che egli rimane in noi: dallo Spirito che ci ha dato.



Vangelo

Lc 2,41-52


Dal Vangelo secondo Luca

I genitori di Gesù si recavano ogni anno a Gerusalemme per la festa di Pasqua. Quando egli ebbe dodici anni, vi salirono secondo la consuetudine della festa. Ma, trascorsi i giorni, mentre riprendevano la via del ritorno, il fanciullo Gesù rimase a Gerusalemme, senza che i genitori se ne accorgessero. Credendo che egli fosse nella comitiva, fecero una giornata di viaggio, e poi si misero a cercarlo tra i parenti e i conoscenti; non avendolo trovato, tornarono in cerca di lui a Gerusalemme.
Dopo tre giorni lo trovarono nel tempio, seduto in mezzo ai maestri, mentre li ascoltava e li interrogava. E tutti quelli che l’udivano erano pieni di stupore per la sua intelligenza e le sue risposte.
Al vederlo restarono stupiti, e sua madre gli disse: «Figlio, perché ci hai fatto questo? Ecco, tuo padre e io, angosciati, ti cercavamo». Ed egli rispose loro: «Perché mi cercavate? Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio?». Ma essi non compresero ciò che aveva detto loro.
Scese dunque con loro e venne a Nàzaret e stava loro sottomesso. Sua madre custodiva tutte queste cose nel suo cuore. E Gesù cresceva in sapienza, età e grazia davanti a Dio e agli uomini.



RITO AMBROSIANO (DOMENICA NELL'OTTAVA DEL NATALE DEL SIGNORE - Cristo Verbo e Sapienza di Dio):


Lettura
Lettura del libro dei Proverbi 8, 22-31

La Sapienza grida: «Il Signore mi ha creato come inizio della sua attività, / prima di ogni sua opera, all’origine. / Dall’eternità sono stata formata, / fin dal principio, dagli inizi della terra. / Quando non esistevano gli abissi, io fui generata, / quando ancora non vi erano le sorgenti cariche d’acqua; / prima che fossero fissate le basi dei monti, / prima delle colline, io fui generata, / quando ancora non aveva fatto la terra e i campi / né le prime zolle del mondo.
Quando egli fissava i cieli, io ero là; / quando tracciava un cerchio sull’abisso, / quando condensava le nubi in alto, / quando fissava le sorgenti dell’abisso, / quando stabiliva al mare i suoi limiti, / così che le acque non ne oltrepassassero i confini, / quando disponeva le fondamenta della terra, / io ero con lui come artefice / ed ero la sua delizia ogni giorno: / giocavo davanti a lui in ogni istante, / giocavo sul globo terrestre, / ponendo le mie delizie tra i figli dell’uomo».             


Salmo
Sal 2

       ®   Oggi la luce risplende su di noi.

Voglio annunciare il decreto del Signore.
Egli mi ha detto: «Tu sei mio figlio, io oggi ti ho generato.
Chiedimi e ti darò in eredità le genti
e in tuo dominio le terre più lontane». ®

E ora siate saggi, o sovrani;
lasciatevi correggere, o giudici della terra;
servite il Signore con timore
e rallegratevi con tremore. ®

«Io stesso ho stabilito il mio sovrano
sul Sion, mia santa montagna».
Beato chi in lui si rifugia. ®


Epistola
Lettera di san Paolo apostolo ai Colossesi 1, 13b. 15-20

Fratelli, il Figlio del suo amore è immagine del Dio invisibile, / primogenito di tutta la creazione, / perché in lui furono create tutte le cose / nei cieli e sulla terra, / quelle visibili e quelle invisibili: / Troni, Dominazioni, / Principati e Potenze.
Tutte le cose sono state create / per mezzo di lui e in vista di lui. / Egli è prima di tutte le cose / e tutte in lui sussistono. / Egli è anche il capo del corpo, della Chiesa. / Egli è principio, / primogenito di quelli che risorgono dai morti, / perché sia lui ad avere il primato su tutte le cose.
È piaciuto infatti a Dio / che abiti in lui tutta la pienezza / e che per mezzo di lui e in vista di lui / siano riconciliate tutte le cose, / avendo pacificato con il sangue della sua croce / sia le cose che stanno sulla terra, / sia quelle che stanno nei cieli.                        


Vangelo
Lettura del Vangelo secondo Giovanni 1, 1-14

In principio era il Verbo, / e il Verbo era presso Dio / e il Verbo era Dio. / Egli era, in principio, presso Dio: / tutto è stato fatto per mezzo di lui / e senza di lui nulla è stato fatto di ciò che esiste.
In lui era la vita / e la vita era la luce degli uomini; / la luce splende nelle tenebre / e le tenebre non l’hanno vinta. / Venne un uomo mandato da Dio: / il suo nome era Giovanni. / Egli venne come testimone / per dare testimonianza alla luce, / perché tutti credessero per mezzo di lui. / Non era lui la luce, / ma doveva dare testimonianza alla luce. / Veniva nel mondo la luce vera, / quella che illumina ogni uomo. / Era nel mondo / e il mondo è stato fatto per mezzo di lui; / eppure il mondo non lo ha riconosciuto. / Venne fra i suoi, / e i suoi non lo hanno accolto. / A quanti però lo hanno accolto / ha dato potere di diventare figli di Dio: / a quelli che credono nel suo nome, / i quali, non da sangue / né da volere di carne / né da volere di uomo, / ma da Dio sono stati generati.
E il Verbo si fece carne / e venne ad abitare in mezzo a noi; / e noi abbiamo contemplato la sua gloria, / gloria come del Figlio unigenito / che viene dal Padre, / pieno di grazia e di verità.



MESSA VIGILARE:


Vangelo della Risurrezione
Annuncio della Risurrezione del Signore Nostro Gesù Cristo secondo Giovanni 20, 19-23

La sera di quel giorno, il primo della settimana, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, venne il Signore Gesù, stette in mezzo e disse loro: «Pace a voi!». Detto questo, mostrò loro le mani e il fianco. E i discepoli gioirono al vedere il Signore.
Gesù disse loro di nuovo: «Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi». Detto questo, soffiò e disse loro: «Ricevete lo Spirito Santo. A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati».
             Cristo Signore è risorto!
             ®Rendiamo grazie a Dio!
 
Seguono le letture della messa nel giorno della Domenica:
Pr 8,22-31; Sal 2; Col 1,13b.15-20; Gv 1,1-14

Il male vuole che il bene sia fatto

Concludiamo la nostra "rassegna" di racconti come la aprimmo, ovvero con un breve racconto di Paulo Coelho, tratto dal libro "sono come il fiume che scorre" (Ed. Bompiani) e intitolato "Il male vuole che il bene sia fatto":

"Il poeta persiano Rumi narra che, un giorno, Muawiya, il primo califfo della stirpe degli Omayyadi, mentre stava dormendo nel suo palazzo, fu svegliato da uno strano individuo.
"Chi sei?" gli domandò.
"Sono Lucifero" fu la risposta.
"E che cosa vuoi, qui?"
"È già l'ora della preghiera, e tu stai ancora dormendo."
Muawiya rimase stupito. Perché il Principe delle Tenebre - colui che sempre brama l'anima degli uomini di poca fede - cercava di aiutarlo a compiere un dovere religioso?
Ma Lucifero spiegò:
"Ricorda che io sono stato creato come un angelo della luce. Nonostante ciò che mi è accaduto nel corso dell'esistenza, non posso dimenticare la mia origine. Un uomo può recarsi a Roma o a Gerusalemme, ma porta sempre nel cuore i valori della sua patria: la medesima cosa vale per me. Io amo ancora il Creatore, che mi ha nutrito nella gioventù e mi ha insegnato il Bene. Non mi ribellai contro di Lui, perché non lo amavo: anzi, al contrario, lo amavo così tanto che fui pervaso dalla gelosia quando creò Adamo. In quel momento, volli sfidare il Signore - e fu la mia rovina. Comunque, ricordo ancora le parole di benedizione che mi furono riservate un giorno, e forse agendo in modo buono ed equo potrei far ritorno in Paradiso."
Muawiya rispose:
"Mi è impossibile credere a ciò che dici. Tu sei responsabile della distruzione di molte persone sulla faccia della terra."
"Devi crederci, invece," insistette Lucifero. "Solo Dio può creare e distruggere, perché è l'Onnipotente. Allorché creò l'uomo, fra gli attributi della vita, Egli introdusse il desiderio, la vendetta, la compassione e la paura. Di conseguenza, quando scorgi intorno a te il Male, non devi incolpare me: io sono soltanto lo specchio per le cose brutte che accadono."
Rendendosi conto che c'era qualcosa di strano e sbagliato in quella faccenda, Muawiya pregò con grande fervore, affinché Dio lo illuminasse. Trascorse l'intera notte conversando e discutendo con Lucifero ma, nonostante le brillanti argomentazioni del suo interlocutore, non si lasciò convincere.
Quando stava per albeggiare, finalmente Lucifero cedette, spiegando:
"Va bene, hai ragione tu. Ieri pomeriggio, quando sono venuto a svegliarti per non farti perdere la preghiera, non avevo certo l'intenzione di avvicinarti alla Luce Divina. Sapevo perfettamente che, se tu avessi trasgredito quel tuo dovere,saresti stato assalito da una tristezza profonda e, nei giorni successivi, avresti pregato con il doppio della fede, invocando il perdono per aver dimenticato di onorare il sacro precetto. Agli occhi di Dio, ciascuna di quelle preghiere recitate con amore e pentimento vale duecento orazioni mormorate in maniera automatica e ordinaria. Alla fine, saresti stato più puro e più ispirato, Dio ti avrebbe amato di più e io sarei stato ancora più lontano dalla tua anima."
Lucifero scomparve. Subito dopo, nella stanza si materializzò un angelo di luce:
"Non dimenticare mai la lezione di oggi," disse a Muawiya. "Talvolta il Male assume le sembianze di un emissario del Bene, ma la sua intenzione recondita resta quella di provocare un'enorme distruzione."
Quel giorno - e nelle giornate successive -, Muawiya pregò con pentimento, compassione e fede. Le sue preghiere furono udite mille volte da Dio"

L'omelia della S.Messa di mezzanotte

Generalmente sul nostro blog ci accontentiamo delle parole pronunciate dal S.Padre durante l'angelus o durante l'udienza. In occasione del S.Natale vogliamo però trascrivervi anche le parole da lui pronunciate nell'omelia della S.Messa di mezzanotte:

SOLENNITÀ DEL NATALE DEL SIGNORE
OMELIA DEL SANTO PADRE BENEDETTO XVI
Basilica Vaticana
Lunedì, 24 dicembre 2012

Cari fratelli e sorelle!
Sempre di nuovo la bellezza di questo Vangelo tocca il nostro cuore – una bellezza che è splendore della verità. Sempre di nuovo ci commuove il fatto che Dio si fa bambino, affinché noi possiamo amarlo, affinché osiamo amarlo, e, come bambino, si mette fiduciosamente nelle nostre mani. Dio dice quasi: So che il mio splendore ti spaventa, che di fronte alla mia grandezza tu cerchi di affermare te stesso. Ebbene, vengo dunque a te come bambino, perché tu possa accogliermi ed amarmi.
Natività - Affresco del seicento di mano sconosciuta
Chiesa dedicata alla Conversione di San Paolo
Monte Marenzo (Lc)
Sempre di nuovo mi tocca anche la parola dell’evangelista, detta quasi di sfuggita, che per loro non c’era posto nell’alloggio. Inevitabilmente sorge la domanda su come andrebbero le cose, se Maria e Giuseppe bussassero alla mia porta. Ci sarebbe posto per loro? E poi ci viene in mente che questa notizia, apparentemente casuale, della mancanza di posto nell’alloggio che spinge la Santa Famiglia nella stalla, l’evangelista Giovanni l’ha approfondita e portata all’essenza scrivendo: “Venne fra i suoi, e i suoi non lo hanno accolto” (Gv 1,11). Così la grande questione morale su come stiano le cose da noi riguardo ai profughi, ai rifugiati, ai migranti ottiene un senso ancora più fondamentale: abbiamo veramente posto per Dio, quando Egli cerca di entrare da noi? Abbiamo tempo e spazio per Lui? Non è forse proprio Dio stesso ad essere respinto da noi? Ciò comincia col fatto che non abbiamo tempo per Dio. Quanto più velocemente possiamo muoverci, quanto più efficaci diventano gli strumenti che ci fanno risparmiare tempo, tanto meno tempo abbiamo a disposizione. E Dio? La questione che riguarda Lui non sembra mai urgente. Il nostro tempo è già completamente riempito. Ma le cose vanno ancora più in profondità. Dio ha veramente un posto nel nostro pensiero? La metodologia del nostro pensare è impostata in modo che Egli, in fondo, non debba esistere. Anche se sembra bussare alla porta del nostro pensiero, Egli deve essere allontanato con qualche ragionamento. Per essere ritenuto serio, il pensiero deve essere impostato in modo da rendere superflua l’“ipotesi Dio”. Non c’è posto per Lui. Anche nel nostro sentire e volere non c’è lo spazio per Lui. Noi vogliamo noi stessi, vogliamo le cose che si possono toccare, la felicità sperimentabile, il successo dei nostri progetti personali e delle nostre intenzioni. Siamo completamente “riempiti” di noi stessi, così che non rimane alcuno spazio per Dio. E per questo non c’è neppure spazio per gli altri, per i bambini, per i poveri, per gli stranieri. A partire dalla semplice parola circa il posto mancante nell’alloggio possiamo renderci conto di quanto ci sia necessaria l’esortazione di san Paolo: “Lasciatevi trasformare rinnovando il vostro modo di pensare!” (Rm 12,2). Paolo parla del rinnovamento, del dischiudere il nostro intelletto (nous); parla, in generale, del modo in cui vediamo il mondo e noi stessi. La conversione di cui abbiamo bisogno deve giungere veramente fino alle profondità del nostro rapporto con la realtà. Preghiamo il Signore affinché diventiamo vigili verso la sua presenza, affinché sentiamo come Egli bussa in modo sommesso eppure insistente alla porta del nostro essere e del nostro volere. Preghiamolo affinché nel nostro intimo si crei uno spazio per Lui. E affinché in questo modo possiamo riconoscerlo anche in coloro mediante i quali si rivolge a noi: nei bambini, nei sofferenti e negli abbandonati, negli emarginati e nei poveri di questo mondo.
C’è ancora una seconda parola nel racconto di Natale sulla quale vorrei riflettere insieme a voi: l’inno di lode che gli angeli intonano dopo il messaggio circa il neonato Salvatore: “Gloria a Dio nel più alto dei cieli e sulla terra pace agli uomini del suo compiacimento”. Dio è glorioso. Dio è luce pura, splendore della verità e dell’amore. Egli è buono. È il vero bene, il bene per eccellenza. Gli angeli che lo circondano trasmettono in primo luogo semplicemente la gioia per la percezione della gloria di Dio. Il loro canto è un’irradiazione della gioia che li riempie. Nelle loro parole sentiamo, per così dire, qualcosa dei suoni melodiosi del cielo. Là non è sottesa alcuna domanda sullo scopo, c’è semplicemente il dato di essere colmi della felicità proveniente dalla percezione del puro splendore della verità e dell’amore di Dio. Da questa gioia vogliamo lasciarci toccare: esiste la verità. Esiste la pura bontà. Esiste la luce pura. Dio è buono ed Egli è il potere supremo al di sopra di tutti i poteri. Di questo fatto dovremmo semplicemente gioire in questa notte, insieme agli angeli e ai pastori.
Con la gloria di Dio nel più alto dei cieli è in relazione la pace sulla terra tra gli uomini. Dove non si dà gloria a Dio, dove Egli viene dimenticato o addirittura negato, non c’è neppure pace. Oggi, però, diffuse correnti di pensiero asseriscono il contrario: le religioni, in particolare il monoteismo, sarebbero la causa della violenza e delle guerre nel mondo; occorrerebbe prima liberare l’umanità dalle religioni, affinché si crei poi la pace; il monoteismo, la fede nell’unico Dio, sarebbe prepotenza, causa di intolleranza, perché in base alla sua natura esso vorrebbe imporsi a tutti con la pretesa dell’unica verità. È vero che, nella storia, il monoteismo è servito di pretesto per l’intolleranza e la violenza. È vero che una religione può ammalarsi e giungere così ad opporsi alla sua natura più profonda, quando l’uomo pensa di dover egli stesso prendere in mano la causa di Dio, facendo così di Dio una sua proprietà privata. Contro questi travisamenti del sacro dobbiamo essere vigilanti. Se un qualche uso indebito della religione nella storia è incontestabile, non è tuttavia vero che il “no” a Dio ristabilirebbe la pace. Se la luce di Dio si spegne, si spegne anche la dignità divina dell’uomo. Allora egli non è più l’immagine di Dio, che dobbiamo onorare in ciascuno, nel debole, nello straniero, nel povero. Allora non siamo più tutti fratelli e sorelle, figli dell’unico Padre che, a partire dal Padre, sono in correlazione vicendevole. Che generi di violenza arrogante allora compaiono e come l’uomo disprezzi e schiacci l’uomo lo abbiamo visto in tutta la sua crudeltà nel secolo scorso. Solo se la luce di Dio brilla sull’uomo e nell’uomo, solo se ogni singolo uomo è voluto, conosciuto e amato da Dio, solo allora, per quanto misera sia la sua situazione, la sua dignità è inviolabile. Nella Notte Santa, Dio stesso si è fatto uomo, come aveva annunciato il profeta Isaia: il bambino qui nato è “Emmanuele”, Dio con noi (cfr Is 7,14). E nel corso di tutti questi secoli davvero non ci sono stati soltanto casi di uso indebito della religione, ma dalla fede in quel Dio che si è fatto uomo sono venute sempre di nuovo forze di riconciliazione e di bontà. Nel buio del peccato e della violenza, questa fede ha inserito un raggio luminoso di pace e di bontà che continua a brillare.
Così Cristo è la nostra pace e ha annunciato la pace ai lontani e ai vicini (cfr Ef 2,14.17). Come non dovremmo noi pregarlo in quest’ora: Sì, Signore, annuncia a noi anche oggi la pace, ai lontani e ai vicini. Fa’ che anche oggi le spade siano forgiate in falci (cfr Is 2,4), che al posto degli armamenti per la guerra subentrino aiuti per i sofferenti. Illumina le persone che credono di dover esercitare violenza nel tuo nome, affinché imparino a capire l’assurdità della violenza e a riconoscere il tuo vero volto. Aiutaci a diventare uomini “del tuo compiacimento” – uomini secondo la tua immagine e così uomini di pace.
Appena gli angeli si furono allontanati, i pastori dicevano l’un l’altro: Orsù, passiamo di là, a Betlemme e vediamo questa parola che è accaduta per noi (cfr Lc 2,15). I pastori si affrettavano nel loro cammino verso Betlemme, ci dice l’evangelista (cfr 2,16). Una santa curiosità li spingeva a vedere in una mangiatoia questo bambino, del quale l’angelo aveva detto che era il Salvatore, il Cristo, il Signore. La grande gioia, di cui l’angelo aveva parlato, aveva toccato il loro cuore e metteva loro le ali.
Andiamo di là, a Betlemme, dice la liturgia della Chiesa oggi a noi. Trans-eamus traduce la Bibbia latina: “attraversare”, andare di là, osare il passo che va oltre, la “traversata”, con cui usciamo dalle nostre abitudini di pensiero e di vita e oltrepassiamo il mondo meramente materiale per giungere all’essenziale, al di là, verso quel Dio che, da parte sua, è venuto di qua, verso di noi. Vogliamo pregare il Signore, perché ci doni la capacità di oltrepassare i nostri limiti, il nostro mondo; perché ci aiuti a incontrarlo, specialmente nel momento in cui Egli stesso, nella Santissima Eucaristia, si pone nelle nostre mani e nel nostro cuore.
Andiamo di là, a Betlemme: con queste parole che, insieme con i pastori, ci diciamo l’un l’altro, non dobbiamo pensare soltanto alla grande traversata verso il Dio vivente, ma anche alla città concreta di Betlemme, a tutti i luoghi in cui il Signore ha vissuto, operato e sofferto. Preghiamo in quest’ora per le persone che oggi lì vivono e soffrono. Preghiamo perché lì ci sia pace. Preghiamo perché Israeliani e Palestinesi possano sviluppare la loro vita nella pace dell’unico Dio e nella libertà. Preghiamo anche per i Paesi circostanti, per il Libano, per la Siria, per l’Iraq e così via: affinché lì si affermi la pace. Che i cristiani in quei Paesi dove la nostra fede ha avuto origine possano conservare la loro dimora; che cristiani e musulmani costruiscano insieme i loro Paesi nella pace di Dio.
I pastori si affrettavano. Una santa curiosità e una santa gioia li spingevano. Tra noi forse accade molto raramente che ci affrettiamo per le cose di Dio. Oggi Dio non fa parte delle realtà urgenti. Le cose di Dio, così pensiamo e diciamo, possono aspettare. Eppure Egli è la realtà più importante, l’Unico che, in ultima analisi, è veramente importante. Perché non dovremmo essere presi anche noi dalla curiosità di vedere più da vicino e di conoscere ciò che Dio ci ha detto? Preghiamolo affinché la santa curiosità e la santa gioia dei pastori tocchino in quest’ora anche noi, e andiamo quindi con gioia di là, a Betlemme – verso il Signore che anche oggi viene nuovamente verso di noi. Amen.

© Copyright 2012 - Libreria Editrice Vaticana