mercoledì 29 febbraio 2012

Le parole del Papa alla GMG: Roma 1988

Rileggiamo oggi il messaggio del Papa in preparazione alla III GMG e la sua omelia, pronunciata durante la S.Messa delle Palme del 1988:


MESSAGGIO DI GIOVANNI PAOLO II
PER LA III GIORNATA MONDIALE DELLA GIOVENTU'

«Fate quello che egli vi dirà» (Gv 2, 5)
Carissimi giovani!
1. Anche quest'anno mi rivolgo a voi per annunciarvi la prossima Giornata Mondiale della Gioventù che si celebrerà nelle Chiese locali la Domenica delle Palme 1988. Questa volta la Giornata avrà, però, un carattere tutto particolare, poiché stiamo vivendo nella Chiesa l'anno mariano, che ho aperto nella solennità di Pentecoste e che chiuderò il 15 agosto dell'anno prossimo, solennità dell'Assunzione.
Alla fine del secondo millennio dell'era cristiana, in un momento critico della storia di un mondo travagliato da tanti difficili problemi, l'anno mariano costituisce per tutti noi un dono speciale. In quest'anno Maria appare ai nostri occhi sotto una luce nuova: madre piena di amore tenero e sensibile e maestra che ci precede nel cammino della fede e ci indica la strada della vita. L'anno mariano è quindi un anno di particolare ascolto di Maria. E così deve essere anche la prossima Giornata Mondiale della Gioventù. E' Maria che questa volta vi convoca - giovani! E' lei che vi dà appuntamento, perché ha molto da dirvi! Sono sicuro che - come negli anni precedenti - non mancherete di impegnarvi attivamente, sotto la guida dei vostri pastori, nella celebrazione della Giornata della Gioventù.
2. La Giornata Mondiale della Gioventù 1988 avrà quindi come suo centro Maria, Vergine e Madre di Dio, e sarà una giornata di ascolto. Che cosa ci dirà Maria, nostra madre e maestra? Nel Vangelo c'è una frase in cui Maria si mostra veramente come nostra maestra. E' la frase da lei pronunciata durante le nozze di Cana di Galilea. Dopo aver detto al Figlio: «Non hanno più vino», dice ai servitori: «Fate quello che egli vi dirà» (Gv 2, 5).
Proprio queste parole ho scelto come filo conduttore della Giornata Mondiale 1988. Racchiudono un messaggio molto importante, valido per tutti gli uomini di tutti i tempi. «Fate quello che egli vi dirà...» vuol dire: ascoltate Gesù mio Figlio, seguite la sua parola e abbiate fiducia in lui. Imparate a dire «sì» al Signore in ogni circostanza della vostra vita. E' un messaggio molto confortante, di cui tutti sentiamo bisogno.
«Fate quello che egli vi dirà...». In queste parole Maria ha espresso soprattutto il segreto più profondo della sua stessa vita. Dietro queste parole sta tutta lei. La sua vita è stata infatti un grande «sì» al Signore. Un «sì» pieno di gioia e di fiducia. Maria piena di grazia, Vergine Immacolata, ha vissuto tutta la sua vita in una totale apertura a Dio, in perfetta consonanza con la sua volontà e ciò anche nei momenti più difficili, che hanno raggiunto l'apogeo sulla cima del monte Calvario, ai piedi della croce. Non ritira mai il suo «sì», perché ha posto tutta la sua vita nelle mani di Dio: «Eccomi, sono la serva del Signore, avvenga di me quello che hai detto» (Lc 1, 38). Nell'enciclica «Redemptoris Mater» ho scritto a questo proposito: «Nell'annunciazione, infatti, Maria si è abbandonata a Dio completamente, manifestando "l'obbedienza della fede" a colui che le parlava mediante il suo messaggero e prestando "il pieno ossequio dell'intelletto e della volontà". Ha risposto dunque con tutto il suo "io" umano, femminile, ed in tale risposta di fede erano contenute una perfetta cooperazione con "la grazia di Dio che previene e soccorre" ed una perfetta disponibilità all'azione dello Spirito Santo» (Ioannis Pauli PP. II, Redemptoris Mater, 13).
«Fate quello che egli vi dirà...». In questa breve frase si racchiude tutto il programma di vita che Maria maestra realizzò come prima discepola del Signore, e che oggi insegna anche a noi. E' un progetto di vita basata sul solido e sicuro fondamento che si chiama Gesù Cristo.
3. Il mondo in cui viviamo è scosso da varie crisi, tra le quali una delle più pericolose è la perdita del senso della vita. Molti dei nostri contemporanei hanno perso il vero senso della vita e ne cercano surrogati nel consumismo sfrenato, nella droga, nell'alcool e nell'erotismo. Cercano la felicità, ma il risultato è una profonda tristezza, un vuoto nel cuore e non di rado la disperazione.
In una simile situazione molti giovani si pongono interrogativi fondamentali: Come devo vivere la mia vita per non perderla? Su quale fondamento devo costruire la mia vita perché sia una vita veramente felice? Che cosa devo fare per dare un senso alla mia vita?
Come devo comportarmi in situazioni di vita spesso complesse e difficili - nella familia, nella scuola, nell'università, nel lavoro, nella cerchia degli amici?...Sono domande a volte molto drammatiche, che oggi certamente molti tra voi giovani si pongono.
Sono sicuro che tutti voi volete costruire la vostra vita su un fondamento solido, che renda capaci di resistere alle prove che non mancheranno mai - un fondamento di roccia. Ed ecco dinanzi a voi Maria, Vergine di Nazareth, l'umile ancella del Signore, che mostrando suo Figlio dice: «Fate quello che egli vi dirà», cioè ascoltate Gesù, ubbidite a Gesù, ai suoi comandamenti, abbiate fiducia in lui. Questo è l'unico progetto di una vita veramente riuscita e felice. Questa è anche l'unica fonte del piu profondo senso della vita.
L'anno scorso durante la Giornata Mondiale della Gioventù avete meditato le parole di san Giovanni: «Noi abbiamo riconosciuto e creduto all'amore che Dio ha per noi» (1 Gv 4, 16). Quest'anno Maria spiega a voi, giovani, che cosa vuol dire credere e amare Dio. Fede e amore non si riducono alle parole o a sentimenti vaghi. Credere e amare Dio vuol dire una vita coerente, vissuta tutta alla luce del Vangelo, vuol dire impegno di fare sempre ciò che Gesù ci dice sia nella Sacra Scrittura che nell'insegnamento della Chiesa. Sì, questo non è facile, spesso richiede molto coraggio di andare contro le correnti della moda e delle opinioni di questo mondo. Ma questo - lo ripeto - è proprio l'unico progetto di una vita veramente riuscita e felice.
Tale è l'insegnamento di Maria alle nozze di Cana, insegnamento che vogliamo approfondire ed accogliere durante la Giornata Mondiale della Gioventù 1988.
Carissimi giovani! Vi invito tutti a partecipare a questo avvenimento assai importante. Venite ad ascoltare la Madre di Gesù, vostra madre e maestra!
4. Ogni Giornata Mondiale della Gioventù, per non diventare una celebrazione meramente esteriore e superficiale, esige un itinerario di preparazione nella pastorale diocesana e parrocchiale, nella vita dei gruppi, dei movimenti e delle associazioni giovanili, e ciò soprattutto nel periodo quaresimale.
Vi invito tutti a intraprendere questo cammino di preparazione spirituale, per cogliere meglio sia la grazia dell'anno mariano che il dono della Giornata Mondiale 1988. Meditate la vita di Maria. Meditatela soprattutto voi ragazze, le giovani. Per voi, la Vergine Immacolata costituisce un sublime modello di donna cosciente della propria dignità e della sua alta vocazione. Meditatela anche voi, ragazzi, i giovani! Ascoltando le parole pronunciate da Maria a Cana di Galilea: «Fate quello che egli vi dirà», cercate tutti di costruire la vostra vita fin dall'inizio sul solido fondamento che è Gesù. Vi auguro che la vostra meditazione del mistero di Maria trovi il suo sbocco nell'imitazione della sua vita: imparate da lei ad ascoltare e seguire la Parola di Dio (cfr. Lc 2, 5), imparate da lei a stare vicino al Signore anche se questo alle volte può costare molto (cfr. Gv 19, 25). Vi auguro che la vostra meditazione del mistero di Maria trovi anche il suo sbocco nella fiduciosa preghiera mariana. Cercate di scoprire la bellezza del rosario, che diventi fedele compagno per tutta la vostra vita.
Concludo questo breve messaggio con un cordiale saluto a tutti i giovani del mondo. Sappiate che il Papa è vicino a ciascuno di voi con le sue preghiere.
Nell'itinerario di preparazione spirituale e nella celebrazione stessa della Giornata Mondiale della Gioventù 1988 nella vostra diocesi vi accompagni la mia benedizione apostolica.
Dal Vaticano, 13 Dicembre 1987, Terza Domenica d'Avvento.



MESSA NELLA DOMENICA DELLE PALME
III GIORNATA MONDIALE DELLA GIOVENTÙ
OMELIA DI GIOVANNI PAOLO II
Domenica, 27 marzo 1988

1. “Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna” (Gv 6, 68).
Celebriamo la liturgia della Domenica delle Palme in piazza san Pietro. Questa è, parimenti, la Giornata Internazionale della Gioventù. La Domenica delle Palme fa convergere ogni anno in questa piazza molti giovani, che si sentono come chiamati dall’evento, commemorato in questo giorno. Infatti durante l’ingresso messianico di Cristo a Gerusalemme, tra coloro che gridavano “Osanna al Figlio di Davide”, non sono mancati i giovani. L’inno liturgico canta: “Pueri Hebraeorum portantes ramos olivarum obviaverunt Domino”.
Pueri: cioè, i giovani ebrei. Obviaverunt: cioè andarono incontro a Cristo. Cantarono “Benedetto colui che viene nel nome del Signore” (Mt 21, 9). Nella Domenica delle Palme, ogni anno, avviene lo stesso: i giovani vanno incontro a Cristo, sventolano le palme, cantano l’inno messianico per salutare colui che viene nel nome del Signore. Così avviene qui a Roma - così in altri luoghi nel mondo. L’anno scorso è stato così a Buenos Aires, dove mi è stato dato di celebrare la della Gioventù, particolarmente con i giovani dell’America Latina.
Voi tutti, giovani, dovunque siate e in qualsiasi giorno vi raduniate per celebrare la vostra festa, sentirete la necessità di ripetere le parole di Pietro: “Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna”. Tu solo.
2. Le “parole di vita eterna” ci descrivono oggi la passione e la morte di Cristo secondo il Vangelo di san Marco.
Abbiamo ascoltato questa descrizione. Abbiamo ascoltato anche le parole del profeta Isaia, che dalla profondità dei secoli preannunzia il Messia come uomo dei dolori: “Ho presentato il dorso ai flagellatori, la guancia a coloro che mi strapparono la barba, non ho sottratto la faccia agli insulti e agli sputi” (Is 50, 6).
Difatti, fu proprio così, come aveva previsto il profeta.
E fu anche così, come aveva proclamato il salmista - anche lui dalla profondità dei secoli -: “Hanno forato le mie mani e i miei piedi, posso contare tutte le mie ossa . . . si dividono le mie vesti, sul mio vestito gettano la sorte” (Sal 22 [21], 17-19).
Fu così. E ancora di più. Le parole con cui il profeta (Davide) inizia il suo salmo si sono trovate sulle labbra di Cristo durante l’agonia sulla croce: “Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?” (“Eli, Eli, lemà sabactàni?”) (Mt 27, 46; Sal 22 [21], 2).
La passione e la morte di Cristo emergono dai testi dell’antico testamento per confermarsi come la realtà decisiva della nuova ed eterna alleanza di Dio con l’umanità.
3. Abbiamo infine ascoltato le parole sconvolgenti dell’apostolo Paolo nella lettera ai Filippesi. Esse sono una sintesi dell’intero mistero pasquale. Il testo è conciso, ma ha nello stesso tempo un contenuto insondabile, a misura del mistero. San Paolo ci porta al limite stesso di ciò che nella storia della creazione incominciò ad esistere tra Dio e l’uomo, e che ha trovato il suo culmine e la sua pienezza in Gesù Cristo. In definitiva - nella croce e risurrezione.
Cristo Gesù “pur essendo di natura divina, non considerò un tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio: ma spogliò se stesso, assumendo la condizione di servo e divenendo simile agli uomini; apparso in forma umana, umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte e alla morte di croce. Per questo Dio l’ha esaltato . . .” (Fil 2, 6-9).
Così “le parole di vita eterna” sono state pronunziate mediante la croce e la morte.
Non erano soltanto una teoria. Sono rimaste una realtà tra colui che “È” “ab aeterno”, che non trapassa, e colui che trapassa, per il quale è stabilito che deve morire una sola volta. Nello stesso tempo l’uomo, quale essere creato a immagine e somiglianza di Dio, attende le parole di vita eterna. Le trova nel Vangelo di Cristo. Esse si confermano in modo definitivo nella sua morte e risurrezione.
Da chi andremo?
Cristo è colui che non cessa “di svelare pienamente l’uomo all’uomo e di fargli nota la sua altissima vocazione, rivelando il mistero del Padre e del suo amore”. Così dice il Concilio Vaticano II nella costituzione pastorale Gaudium et Spes (n. 22).
4. Perché allora, proprio questo giorno, Domenica delle Palme, è diventato nella Chiesa, da alcuni anni, la “festa dei giovani”?        E vero che questa giornata della gioventù è celebrata nei singoli Paesi e ambienti in periodi diversi, ma la Domenica delle Palme rimane per essa sempre un punto centrale di riferimento.
Perché? Sembra che i giovani stessi diano a questa domanda una risposta spontanea. Una tale risposta è data da voi tutti, che da anni pellegrinate a Roma proprio per celebrare questo giorno (e ciò si è verificato particolarmente nell’Anno della redenzione e nell’Anno dedicato alla gioventù).
Con questo fatto non volete forse voi stessi significare che cercate Cristo nel centro del suo mistero? Lo cercate nella pienezza di quella verità che è lui stesso nella storia dell’uomo - “Per questo io sono nato e per questo sono venuto nel mondo: per rendere testimonianza alla verità” (Gv18, 37). Voi cercate Cristo nella parola definitiva del Vangelo, così come ha fatto l’apostolo Paolo: nella croce, che è “potenza di Dio e sapienza di Dio” (1 Cor 1, 24), come la risurrezione ha confermato.
In Cristo - crocifisso e risorto - cercate appunto questa potenza e sapienza.
5. Cristo svela pienamente all uomo - a ciascuno di noi - l’uomo. Potrebbe svelarlo “pienamente” se non fosse passato anche attraverso questa sofferenza, e questo spogliamento senza limiti? Se non avesse, infine, esclamato sulla croce: “Perché mi hai abbandonato?” (cf. Mt 27, 46)?
Sconfinato è il terreno dell’esperienza dell’uomo. Indicibile pure è la scala delle sue sofferenze. Colui che ha “parole di vita eterna”, non ha esitato a fissare questa parola in tutte le dimensioni della temporaneità umana . . .
 “Per questo Dio l’ha esaltato”. Per questo, “Cristo è il Signore, a gloria di Dio Padre” (cf. Fil 2, 9. 11). E in questo modo rende testimonianza alla “sua altissima vocazione” (cf. Gaudium et Spes, 22): nessuno svantaggio nessuna sofferenza o spogliamento, possono separarci dall’amore di Dio (cf. Rm 8, 35): da quell’amore che è in Gesù Cristo.
6. Allora questa “Giornata per i giovani” rimane nella Chiesa un momento eloquente del vostro “pellegrinaggio mediante la fede”.
In quest’anno rivolgiamo il nostro sguardo alla Madre di Dio presente nel mistero di Cristo e della Chiesa - presente anche all’agonia sul Golgota. Proprio lì si trova il punto culminante del pellegrinaggio di Maria, a riguardo della quale il Concilio, seguendo le indicazioni della Tradizione, ci insegna che ella ci precede tutti nel cammino: va innanzi nel pellegrinaggio “della fede, della carità e della perfetta unione con Cristo” (cf. Lumen Gentium, 63).
A tutti i giovani auguro nell’anno marino, che - guardando Maria come “figura” - scoprano tutte le profondità nascoste nel mistero di Cristo.
Poiché Cristo dice sempre di nuovo ai giovani, così come disse nel Vangelo: “Seguimi” (Lc 18, 22). L’analisi di questa chiamata si trova nella lettera inviata ai giovani e alle ragazze del mondo, nell’anno 1985.
È necessario che sentiate questa chiamata. Ed è necessario che maturiate costantemente per darle la vostra risposta.
 “Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna”.

© Copyright 1988 - Libreria Editrice Vaticana


lunedì 27 febbraio 2012

Le parole del Papa alla GMG: Buenos Aires 1987

Riviviamo oggi la Giornata Mondiale della Gioventù del 1987, tenutasi a Buenos Aires, rileggendo il discorso ufficiale del papa, la sua omelia e l'angelus, rivolti direttamente ai giovani:


VIAGGIO APOSTOLICO IN URUGUAY, CILE E ARGENTINA
DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
AI GIOVANI CONVENUTI A BUENOS AIRES PER
LA GIORNATA MONDIALE DELLA GIOVENTÙ 1987
«Avenida 9 de Julio» - Buenos Aires (Argentina)
Sabato, 11 aprile 1987

1. “Noi abbiamo riconosciuto e creduto all’amore che Dio ha per noi” (1 Gv 4, 16).
Carissimi giovani.
È per me una grande gioia poter stare con voi questa sera, al termine di una intensa giornata e quasi alla fine della mia visita pastorale in Uruguay, Cile ed Argentina, che si conclude domani, Domenica delle Palme, con la celebrazione della Giornata Mondiale della Gioventù! L’incontro di questa vigilia ci introduce nel clima proprio di tale giornata, che è un clima di fede nell’amore che Dio ha per noi.
Sono venuto a riposare un po’ con voi, carissimi giovani. Sono venuto per ascoltarvi, per parlare con voi e per pregare insieme. Voglio ripetervi, ancora una volta - come vi dissi nel primo giorno del mio pontificato - che “siete la speranza del Papa”, “siete la spettanza della Chiesa”. Ho sentito molto la vostra presenza ed amicizia in questi anni del mio ministero universale nella Chiesa! Il vostro affetto e le vostre preghiere non hanno mai cessato di sostenermi nell’adempimento della missione che ho ricevuto da Cristo.
Oggi siete qui presenti, giovani venuti da tutto il mondo: dalle diverse regioni dell’Argentina, dell’America Latina e da tutti i continenti; dalle diverse Chiese particolari e dalle associazioni e movimenti internazionali. Vi saluto con tutto il mio affetto ed in voi saluto anche tutti i giovani del mondo, poiché l’amore che Dio ha per noi raggiunge tutti.
Il tema di questa Giornata Mondiale, tratto dalla Prima Lettera dell’apostolo san Giovanni, ci manifesta la fede dei primi cristiani, ed in particolare la fede dell’apostolo, che seguì il Signore fin da giovane, crescendo in tale fede ed amore fino alla vecchiaia. Proprio alla fine dei suoi giorni sulla terra egli scriveva: “Noi abbiamo riconosciuto e creduto all’amore che Dio ha per noi. Dio e amore; chi sta nell’amore dimora in Dio e Dio dimora in lui” (1 Gv 4, 16). È questa una commovente testimonianza di ciò che chiamiamo anche gioventù cristiana dello spirito, che consiste nel rimanere sempre fedeli all’amore di Dio. L’unione con Dio ci fa crescere ogni giorno in tale gioventù. Al contrario, tutto ciò che ci separa da Dio - il peccato con tutte le sue conseguenze - è cammino certo di invecchiamento interiore, di anchilosamento e di torpore per conoscere e vivere la continua novità dell’amore di Dio, che ci è stata rivelata in Cristo.
Mi rivolgo ora specialmente a voi, amati giovani argentini, che siete la maggioranza dei presenti. Vi ringrazio a nome di tutti, per l’immenso lavoro della preparazione della giornata e per la cordialità della vostra giovanile accoglienza.
In questa prima parte del nostro incontro, avete voluto riflettere sulle vostre preoccupazioni ed inquietudini, sui vostri desideri ed aspirazioni. So che siete ben decisi a superare le dolorose e recenti esperienze nella vostra patria, opponendovi a tutto ciò che attenta alla convivenza fraterna di tutti gli Argentini, fondata sui valori della pace, della giustizia e della solidarietà. Che il fratello non si scontri più con il fratello; che non ci siano più sequestrati né “desaparecidos”; che non ci sia posto per l’odio, la violenza; che la dignità della persona sia sempre rispettata. Per trasformare in realtà queste aspirazioni di riconciliazione nazionale, il Papa vi chiama ad impegnarvi personalmente, con la vostra fede in Cristo, nella costruzione di una nazione di fratelli, figli dello stesso Padre che è nei cieli. Vi invito a rinnovare l’impegno che avete formulato - insieme ai vostri Vescovi - nel grande raduno giovanile di Córdoba, nel settembre del 1985. Ora lo fate con il successore di Pietro, che è venuto per confermare la vostra fede ed assicurare la vostra speranza.
Ringraziate il Signore per il patrimonio di fede innestato nel dinamismo nazionale e popolare dell’Argentina. Spetta a voi assumere la responsabilità di vivificare la vostra generazione con tale patrimonio e dimostrare così la permanente vitalità e attualità di Cristo. Per questo è necessario che tutti voi - ciascuno e ciascuna - rispondano generosamente alla voce di Gesù che oggi continua a dirci, così come agli inizi della sua predicazione in Israele: “Convertitevi e credete al Vangelo” (Mc 1, 15). Il Signore ci rivolge un appello vibrante e persuasivo alla conversione personale, che trasformi tutta la nostra esistenza, in modo che non viviamo più per noi stessi, ma per colui che ci ha amati e ha dato se stesso per noi (cf. Gal 2, 20).
La fedeltà a Cristo esige che lo si conosca e lo si frequenti - come maestro ed amico -, profondamente e tenacemente. La lettura frequente della sacra Scrittura - specialmente del Vangelo - lo studio serio della dottrina di Cristo, insegnata con autorità dalla sua Chiesa, la frequenza ai sacramenti, e la conversazione quotidiana con Gesù nell’intimità della vostra preghiera, saranno i canali privilegiati per progredire nella viva conoscenza di Cristo e del suo messaggio di salvezza.
Nel considerare questo panorama di conversione nella fede e nell’amore, sentite il peso dei vostri peccati e delle limitazioni, tornate a riporre la vostra fiducia in Cristo, che non ci abbandona mai. Ricorrete alla grazia dei sacramenti che ha lasciato alla sua Chiesa ed in particolare all’abbondanza del perdono divino, che ci viene conferito nella penitenza sacramentale.
Pensate che il Signore conta sulla vostra vita di fede - manifestata in parole ed opere - per rendersi presente nella vostra patria. Il Signore guarda con affetto e benedice tutte le vostre iniziative ed attività apostoliche, personali e sociali, che in comunione con la Chiesa e con i suoi pastori, devono contribuire decisamente a dare una risposta cristiana ai più gravi interrogativi della vostra generazione. Da voi dipende una rinnovata vitalità del Popolo di Dio in queste terre, per il bene di tutta questa cara nazione e del mondo intero.
Invito ora ciascuno di voi personalmente a rivolgere una fiduciosa e sincera preghiera a Dio, come quel cieco di Gerico che disse a Gesù: “Signore che io riabbia la vista” (Lc 18, 41). Che io veda, Signore quale è la tua volontà per me in ogni momento, e soprattutto che veda in cosa consiste ildisegno di amore per tutta la mia vita, che è la mia vocazione. E donami la generosità per dirti di sì e per esserti fedele nel cammino che vorrai indicarmi: come sacerdote, come religioso o religiosa, o come laico affinché io sia sale e luce nel mio lavoro, nella mia famiglia e in tutto il mondo.
Ponete questa preghiera nelle mani di santa Maria, nostra Madre. Nei vostri pellegrinaggi al suo santuario di Luján e in tanti altri santuari dell’Argentina, avete testimoniato che è lei che vi guida e vi conforta in questa peregrinazione, mediante la fede, alla quale l’amore di Dio vi ha destinati.
2. “Alzati e cammina” (Mt 4, 16).
Grazie, carissimi giovani perché nella rappresentazione della realtà latinoamericana avete voluto farvi eco dell’invito alla speranza che ci viene da Cristo. Sì, anche io voglio ripetere con voi: “America Latina: sii te stessa! Nella tua fedeltà a Cristo, resisti a coloro che vogliono soffocare la tua vocazione di speranza” (Ioanis Puali PP. II, Discorso a Santo Domingo ai Vescovi della Conferenza Episcopale dell’America Latina, 12 ott. 1984: Insegnamenti di Giovanni Paolo II, VII/2 [1984] 894).
Con queste parole, ho voluto pregarvi anche perché l’America Latina è il “continente della speranza”: per la fedeltà a Cristo, che questo continente esprime nella maggioranza dei suoi abitanti, e per la fedeltà all’unica speranza, che è la croce di Cristo.
Salve, o croce, nostra unica speranza (Inno dei vespri della Settimana Santa).
Una speranza, che è unica ed universale. Dio Padre volle infatti in Cristo “fare abitare in lui ogni pienezza e per mezzo di lui riconciliare a sé tutte le cose, rappacificando con il sangue della sua croce” (Col 1, 19-20). L’America Latina è perciò un continente che vede nella croce del Signore la potenza redentrice capace di rinnovare tutto, purificando e ordinando al regno di Cristo tutto l’universo creato. Questa profonda convinzione mi condusse il 12 ottobre 1984, a donare a ciascuno dei Presidenti delle Conferenze Episcopali del continente, la riproduzione di quella prima croce elevata in terra americana. Volevo con quel gesto, risvegliare una nuova evangelizzazione, che dimostri la forza della croce nel rinnovamento di ogni uomo e tutte le realtà che fanno parte della sua esistenza.
Presiede oggi il nostro incontro la grande croce che ha iniziato tutte le cerimonie dell’Anno Santo della Redenzione, e che nella Domenica di Resurrezione ho donato ad un gruppo di giovani dicendogli: “Carissimi giovani, al termine dell’Anno Santo vi affido lo stesso segno di questo Anno Giubilare. La croce di Cristo! Portatela nel mondo come segno di amore di nostro Signore Gesù Cristo all’umanità, e annunciate a tutti che solo in Cristo morto e risorto è la salvezza e la redenzione”! Nel rivolgermi ora a voi giovani latinoamericani, voglio ricordarvi che siete - all’ombra della croce di Cristo - protagonisti di una duplice speranza: con la vostra gioventù, speranza della Chiesa; con la vostra appartenenza all’America Latina continente della speranza. Tutto ciò vi conferisce una particolare responsabilità, di fronte alla Chiesa e a tutta l’umanità. Mi aspetto molto da voi!
Mi aspetto soprattutto che rinnoviate la vostra fedeltà a Gesù Cristo ed alla sua croce redentrice. Pensate anzitutto che lo stesso sacrificio redentore di Cristo si rinnova sacramentalmente in ogni Messa che si celebra, forse vicino al vostro luogo di studio o di lavoro. No, Gesù non ha cessato di operare nella nostra storia! No! Egli vive! E continua a cercarci uno ad uno per unirci a lui ogni giorno nella Eucarestia, se ciò è possibile, accostandoci - con l’anima in grazia, purificata da tutti i peccati mortali - alla comunione.
Pensate inoltre a quelle parole così serie che il Signore rivolse ai suoi discepoli: “Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la croce ogni giorno e mi segua” (Lc 9, 23). Desidero farvi notare che la croce di ogni giorno è soprattutto la vostra lotta quotidiana per essere buoni cristiani, che vi rende collaboratori nell’opera redentrice di Cristo; in tal modo contribuite a realizzare la riconciliazione di tutti gli uomini e di tutta la creazione con Dio. È un programma di vita stupendo, che esige però generosità. Considerate quindi come deve essere la vostra vita, perché se Cristo ci ha redenti morendo sulla croce, non sarebbe coerente la vostra risposta di una vita mediocre. Tutto ciò richiede sforzo, sacrificio, tenacia; sentire il peso della croce che grava sulle nostre spalle quotidianamente.
Pensate che questa donazione di sé esige l’abnegazione, la negazione di noi stessi e l’affermazione del disegno salvifico del Padre. Esige il donare la propria vita, fino a perderla se fosse necessario, per Cristo. Sono questi infatti, i termini con i quali Cristo si rivolge a ciascuno di noi: “Chi vorrà salvare la propria vita, la perderà, ma chi perderà la propria vita per me, la salverà” (Lc 9, 24). Colui che si dedica soltanto ai propri piaceri o alle proprie ambizioni, per quanto nobili a prima vista possano apparire, vorrebbe salvare la propria vita, e così allontanarsi da Cristo. Dovete agire allora come fece Gesù nella croce, con l’amore supremo di colui che dà “la vita per gli amici” (Gv15, 13). Allargate il vostro cuore! Sentite le necessità di tutti gli uomini, specialmente dei più indigenti; abbiate davanti ai vostri occhi tutte le forme di miseria - materiali e spirituali - di cui si soffre nei vostri paesi ed in tutta l’umanità, e dedicatevi poi, a cercare di mettere in atto soluzioni reali, solidali e radicali a tutti questi mali. Cercate però soprattutto di servire agli uomini, così come Dio vuole che siano serviti, senza cercare in ciò la ricompensa e senza lasciarvi condurre da egoistici interessi.
Vi chiedo quindi, nel nome del Signore, di rinnovare oggi la fedeltà a Cristo che fa della vostra terra il “continente della speranza”. Ho voluto indicarvi i punti centrali dell’impegno con Cristo: l’Eucarestia, il sacrificio del vostro comportamento quotidiano, l’abnegazione della propria persona.
Vi accompagni Maria, nostra speranza, la Vergine di Guadalupe, patrona dell’America Latina.
3. Cari giovani di tutto il mondo.
Al termine del nostro incontro, torno a ripetere ancora una volta, il tema di questa giornata: “Noi abbiamo riconosciuto e creduto all’amore che Dio ha per noi” (1 Gv 4, 16).
Vorrei che le vostre vite fossero sempre impregnate da questa grande verità: “Dio è amore” (1 Gv4, 16). Una verità ci è stata rivelata, più che con le parole, con i fatti. Un amore che rinnova l’uomo dall’interno e lo converte, da peccatore e ribelle, in servo buono e fedele (cf. Mt 25, 21). È questa una realtà di cui voi dovete dare costantemente testimonianza, poiché “chi sta nell’amore dimora in Dio e Dio dimora in lui” (1 Gv 4, 16). Dimorate in Dio, proclamando il suo amore, con la fedeltà al suo piano di salvezza e la generosità del servizio, con serenità e forza, con la profondità della vostra preghiera e la capacità di rinuncia con rettitudine di vita e gioia di donare. Darete così testimonianza, con le opere più che con le parole, che Dio è amore.
Mi avete chiesto qual è il problema dell’umanità che maggiormente mi preoccupa. È proprio questo: pensare agli uomini che ancora non conoscono Cristo, che non hanno ancora scoperto la grande verità dell’amore di Dio. Vedere una umanità che si allontana sempre più dal Signore, che vuole crescere lasciando Dio al margine oppure negando la sua esistenza. Una umanità senza Padre, e di conseguenza, senza amore, orfana e disorientata, capace di continuare ad uccidere gli uomini che non considera propri fratelli, e preparare così la propria autodistruzione e l’annientamento. Per questo, miei cari giovani, voglio di nuovo impegnarvi oggi ad essere gli apostoli di una nuova evangelizzazione per costruire la civiltà dell’amore.
“Noi amiamo, perché egli ci ha amati per primo” (1 Gv 4, 19): la misura del nostro amore non potremo trovarla soltanto nella debole capacità del cuore umano; dobbiamo amare a misura del cuore di Cristo, altrimenti resteremo indietro rispetto a ciò che corrisponde al suo amore. Annunciate quindi, con rinnovato impegno, la fedeltà a Gesù Cristo, il “Redentore dell’uomo”. Tenete presente che colui che ama il Signore con tutte le sue forze e che dedica a Dio le sue migliori aspirazioni, non perde nulla, al contrario ottiene tutto, perché “l’amore di lui è perfetto in noi... e ci ha fatto dono del suo Spirito” (1 Gv 4, 12-13)! Tutto ciò richiede però di essere “uomini nuovi”.
Credere nell’amore di Dio non è un compito facile: richiede la donazione personale, non si limita a tranquillizzare egoisticamente la coscienza né lascia il cuore indifferente, ma lo rende più generoso, più libero e più fraterno. Libero da tante schiavitù come i disordini sessuali, la droga, la violenza, la sete di potere e di avere, che finiscono col lasciarvi vuoti e angosciati ed impediscono il vero amore e la felicità autentica.
Aprite generosamente il vostro cuore all’amore di Cristo, l’unico capace di dare un senso pieno a tutta la nostra vita. Vi raccomando, con san Paolo, “Che il Cristo abiti per la fede nei vostri cuori e così, radicati e fondati nella carità, siate in grado di comprendere con tutti i santi quale sia l’ampiezza, la lunghezza, l’altezza e la profondità, e conoscere l’amore di Cristo che sorpassa ogni conoscenza, perché siate ricolmi di tutta la pienezza di Dio” (Ef 3, 17-19).
E con l’amore di Cristo, riempitevi di amore per tutti gli uomini, poiché “se uno dicesse: “io amo Dio” e odiasse il suo fratello, è un mentitore. Chi infatti non ama il proprio fratello che vede, non può amare Dio che non vede” (1 Gv 4, 20). Carissimi giovani: accogliete con gratitudine l’amore di Dio ed esprimetelo in una autentica comunità fraterna; siate disposti a donare quotidianamente la vita per trasformare la storia. Il mondo, oggi più che mai, ha bisogno della vostra gioia e del vostro servizio, della vostra vita limpida e del vostro lavoro, della vostra forza e della vostra donazione, per costruire una società nuova, più giusta, più fraterna, più umana e più cristiana: la nuova civiltà dell’amore che si manifesta nel servizio a tutti gli uomini. Costruirete così la civiltà della vita e della verità, della libertà e della giustizia, dell’amore, della riconciliazione e della pace.
Voi sapete quanto mi preoccupa la pace nel mondo e che ho percorso con voi, in diverse occasioni, un itinerario evangelico della pace. Sapete bene che la pace è un dono di Dio - Gesù Cristo è la “nostra pace”! (cf. Ef 2, 14) - che dobbiamo chiedere con insistenza. Inoltre dobbiamo anche costruirla fra tutti, e ciò richiede anche, da ciascuno di noi, una profonda conversione interiore.
Pertanto, cari giovani, desidero oggi che vi impegniate nuovamente ad essere “operatori di pace”, sui cammini della giustizia, della libertà e dell’amore. Ci avviciniamo al terzo millennio: voi sarete i principali artefici della società, ed i primi ed immediati responsabili della pace. Ma la concordia sociale non si improvvisa né si può imporre dall’esterno: essa nasce dal cuore giusto, libero, fraterno, pacificato dall’amore. Siate quindi, fin da ora, insieme a tutti gli uomini, artefici della pace; unite i vostri cuori ed i vostri sforzi per edificare la pace. Soltanto così, vivendo l’esperienza dell’amore a Dio e sforzandovi di realizzare la fraternità evangelica, potrete essere i veri e felici costruttori della civiltà dell’amore.
La vostra madre Maria santissima, vi accompagni sempre; lei credette nell’amore di Dio e si donò con fedeltà gioiosa alla sua parola; giovane e semplice, lei si aprì generosamente all’amore del Padre, ricevette nella pienezza lo Spirito e ci diede Gesù, il Salvatore del mondo.
Cari giovani, amici, di nuovo vi ripeto: per intercessione di Nostra Signora di Luján, tanto amata dagli Argentini, siate - in tutti i momenti e le circostanze della vostra vita - testimoni dell’amore di Dio, seminatori di speranza e costruttori di pace.
Al termine del discorso il santo Padre ha rivolto alcune parole di saluto a tutti i presenti “Desidero ringraziare per la presenza di tutti voi - ha detto - che avete voluto partecipare a questo incontro fra amici di tutti i continenti, di tutti i paesi dell’America Latina”. “Desidero esprimere un particolare saluto e ringraziamento al signor Presidente della Repubblica Argentina che ci ha voluto onorare della sua presenza. Molte grazie”. Ancora una volta ha espresso la sua riconoscenza a tutti “Grazie per questa celebrazione della Parola, della luce, della verità e dei desideri dei paesi, delle culture, della storia, del futuro, di Cristo, di sua Madre, della Santissima Trinità, del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. Molte grazie a voi giovani”.

VIAGGIO APOSTOLICO IN URUGUAY, CILE E ARGENTINA
CELEBRAZIONE DELLA SANTA MESSA DELLA DOMENICA DELLE PALME
E DELLA SECONDA GIORNATA MONDIALE DELLA GIOVENTÚ
OMELIA DI GIOVANNI PAOLO II
«Avenida 9 de Julio» - Domenica, 12 aprile 1987

Noi abbiamo riconosciuto e creduto all’amore che Dio ha per noi” (1 Gv 4,16).
1. “Osanna al figlio di Davide!” (Mt 21, 9).
La Chiesa ripete oggi in tutta la terra queste parole con le quali la moltitudine - riunita a Gerusalemme per le feste pasquali - acclamò Gesù di Nazaret.
“Osanna al figlio di Davide! / Benedetto colui che viene nel nome del Signore! / Osanna nel più alto dei cieli!” (Mt 21, 9).
Gesù, circondato dai suoi discepoli, entra nella città santa su un asino. Anche in quest’occasione, come sottolinea l’evangelista, si compie in Gesù quanto annunciato dal profeta:
“Dite alla figlia di Sion: / Ecco, il tuo re viene, a te, / mite seduto su un’asina / con un puledro figlio di bestia da soma” (Mt 21, 5).
La Chiesa chiama questo giorno Domenica delle Palme, in ricordo delle palme che gettarono gli abitanti di Gerusalemme e i pellegrini, al passaggio di Gesù, salutato con grande entusiasmo dalla folla.
I canti liturgici in questa domenica ci ricordano che la gioventù partecipò, in modo particolare, a quell’entusiasmo: sono i “pueri Hebreorum” - i giovani ebrei -, che compaiono in questi canti come protagonisti dell’acclamazione popolare al Figlio di Davide.
Sembra come se i giovani, presenti in quella prima entrata esultante di Cristo a Gerusalemme, volessero accompagnarlo per sempre in maniera speciale, ogni volta che la Chiesa celebra questa festa, singolarmente vostra.
2. Nell’Anno Santo della Redenzione 1983-1984, folle di giovani di diversi paesi e continente raggiunsero in pellegrinaggio Roma, la Domenica delle Palme, per celebrare con me il Giubileo. Fu una giornata meravigliosa e indimenticabile che vivemmo l’anno successivo in occasione dell’Anno Internazionale della Gioventù. Da allora la Domenica delle Palme è stata proclamata Giornata della Gioventù per la Chiesa, in tutto il mondo. Quest’anno lo viviamo insieme qui, a Buenos Aires. Con voi, giovani di tutta l’Argentina, ci sono coloro che sono giunti dai diversi paesi d’America e da altre parti del mondo, tra i quali si contano delegazioni di giovani di Roma, che è la diocesi del Papa, e di diverse associazioni e movimenti internazionali.
Saluto affettuosamente tutti voi che formate la grande comunità giovanile di tutto il mondo. Allo stesso tempo, il mio saluto è rivolto ai pastori della Chiesa qui presenti: il Cardinale Juan Carlos Aramburu, Arcivescovo di Buenos Aires; al Cardinale Raul Francisco Primatesta, Arcivescovo di Córdoba e presidente della Conferenza Episcopale Argentina; al Cardinale Eduardo Francisco Pironio, Presidente del Consiglio Pontificio per i Laici, organismo che prepara queste giornate mondiali. Saluto specialmente i Vescovi, venuti da paesi vicini e lontani per accompagnare i giovani delle loro diocesi e celebrare con il Papa questa giornata di particolare significato ecclesiale. Saluto anche i sacerdoti, i religiosi e le religiose, e tutti coloro che hanno accompagnato i giovani in questo pellegrinaggio. Grazie per la vostra presenza.
Dalla capitale della Repubblica Argentina, ci uniamo nello spirito con la Basilica di San Pietro e con Roma, centro della Chiesa universale dove il Signore ha voluto che nascesse questa festa della gioventù; e ci sentiamo anche molto uniti ai giovani di tutti i luoghi della terra che celebrano, con i loro pastori questa festa annuale, sia la Domenica delle Palme, sia qualunque altro giorno dell’anno, a seconda delle situazioni e delle circostanze locali.
3. Nell’unire la Giornata della Gioventù alla Domenica delle Palme, ricordando la presenza dei giovani al momento del gioioso Osanna con cui fu salutato Cristo quando entrò nella Città Santa, la Chiesa non si sofferma solamente sull’entusiasmo della gioventù di ogni epoca; ma si fissa, soprattutto, sul significato che quell’entrata in Gerusalemme ebbe nella vita di Cristo e, attraverso lui, nella vita di ogni uomo, di ogni giovane.
Sì. La liturgia di oggi ci ricorda che il solenne ingresso di Gesù Cristo in Gerusalemme fu il preludio o l’inizio degli avvenimenti della Settimana Santa. Coloro che nel vedere Gesù chiedevano: “chi è costui?” troveranno una risposta completa solamente se seguiranno i suoi passi durante i giorni decisivi della sua morte e resurrezione. Anche voi, giovani, raggiungerete la comprensione piena del significato della sua vita, della vostra vocazione, guardando Cristo morto e resuscitato. Aggiungete, poi, alla naturale attrattiva che Cristo esercita nei vostri cuori - e che quei giovani di Gerusalemme manifestarono con l’entusiasmo del loro Osanna - la considerazione attenta e meditata degliavvenimenti della Settimana Santa.
Oggi abbiamo ascoltato il racconto che di questi avvenimenti san Matteo fa nel suo Vangelo. E, sebbene le sue parole non siano nuove, ancora una volta hanno suscitato un profondo sentimento in noi. Quando dal testo emerge la figura del Figlio dell’Uomo sottoposto a interrogatori e torture, le parole del profeta proposte dalla liturgia di oggi, e che risalgono a molti secoli prima che quegli avvenimenti si compissero, acquistano piena realtà ed evidenza.
Isaia scriveva del futuro Messia: “Ho presentato il dorso ai flagellatori, la guancia a coloro che mi strappavano la barba; non ho sottratto la faccia agli insulti e agli sputi” (Is 50, 6).
Paragonando le sue parole ai tragici avvenimenti tra la notte del giovedì e la mattina del venerdì, la somiglianza è sorprendente; il profeta scrive come se fosse testimone di quelle scene.
Con eguale precisione, il salmo della liturgia di oggi preannuncia le sofferenze di Cristo:
“Mi scherniscono quelli che mi vedono, / storcono le labbra, scuotono il capo: / Si è affidato al Signore, lui lo scampi; / Lo liberi, se è suo amico” (Sal 22, 8-9).
Sono parole che il testo evangelico confermerà, fin quasi nei minimi dettagli, nel narrare la crocifissione di Gesù sul Golgota. Allora si compiranno anche le parole del salmista che descrivono le piaghe di Cristo: “Hanno forato le mie mani e i miei piedi, posso contare tutte le mie ossa” (Sal 22, 17-18), e la divisione dei suoi abiti: “Si dividono le mie vesti, sul mio vestito gettano la sorte” (Sal 22, 19).
4. Il racconto della passione del Signore ci accompagna oggi fino al momento in cui il corpo di Gesù, morto sulla croce, resta in un sepolcro di pietra. E, tuttavia, la liturgia odierna vuoleintrodurci più profondamente nel mistero pasquale di Gesù Cristo.
Per questo, il testo conciso della seconda lettura, preso dalla Lettera di san Paolo ai Filippesi, è la chiave per scoprire, nel complesso degli avvenimenti della Settimana Santa, la piena dimensionedel mistero divino.
Chi è Gesù Cristo?, potremmo chiederci di nuovo, come coloro che lo videro entrare in Gerusalemme.
Gesù Cristo “pur essendo di natura divina, non considerò un tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio; ma spogliò se stesso, assumendo la condizione di servo e divenendo simile agli uomini” (Fil 2, 6-7).
Gesù Cristo è per tanto, Dio vero, figlio di Dio, il quale avendo assunto la natura umana si è fatto uomo. Visse su questa terra come figlio dell’uomo. In lui, precisamente in quanto figlio dell’uomo, si compì la figura del servo di Jahvé, annunciato da Isaia.
5. Mentre Gesù fa il suo ingresso a Gerusalemme su un asinello, noi continuiamo a chiederci, come quella folla che lo circondava: che ha fatto Gesù Cristo nella sua vita?
Ci tornano in mente allora quelle sintesi della sua attività missionaria, dense nella sua brevità, che ci offrono i testi ispirati: “Faceva e insegnava” (cf. At 1, 1); “passavo facendo del bene ( . . .) a tutti . . .” (cf. At 10, 38); “mai un uomo ha parlato come parla quest’uomo” (Gv 7, 46). E nonostante ciò, tutte le nostre risposte su Gesù sarebbero incomplete, se non parlassimo della sua morte sulla croce. Sulla croce la vita di Cristo acquista tutto il suo senso; la morte è l’atto fondamentale della vita di Cristo. Per questo, il testo di san Paolo risponde bene alla domanda formulata prima:
“Apparso in forma umana, / umiliò se stesso, / facendosi obbediente fino alla morte / e alla morte di croce” (Fil 2, 7-8).
Il centro di tutta la vita di Cristo è la sua morte sulla croce; quello è l’atto fondamentale e definitivo della sua missione messianica. In quella morte di compie “la sua ora” (cf. Gv 18, 37). Cristo prende la nostra carne, nasce e vive tra gli uomini, per morire per noi.
È importante sottolineare l’affermazione paolina: Cristo “si è umiliato facendosi obbediente fino alla morte”. Non è lecito misurare la morte di Gesù con il comune metro della debolezza e limitazione umana. La si deve guardare con la vera misura dell’obbedienza salvifica. La sua morte non è solo il termine della vita. Cristo si fa spontaneamente obbediente fino alla morte sulla croce, per dare con la sua morte, un nuovo inizio alla vita: “Poiché se a causa di un uomo venne la morte, a causa di un uomo verrà anche la risurrezione dei morti; e come tutti muoiono in Adamo, così tutti riceveranno la vita in Cristo” (1 Cor 15, 21-22).
6. Con l’infinita abnegazione di Cristo, Figlio consustanziale del Padre - come uomo, come servo di Jahvè, come uomo di dolori - l’Apostolo proclama allo stesso tempo la sua esaltazione. Al mistero pasquale appartengono sia la morte sia la resurrezione gloriosa di Cristo, la sua esaltazione. E la sua esaltazione inizia sulla croce, che è, non solo il patibolo, ma anche il trono glorioso di Dio fatto uomo; sulla croce, Cristo morto ottiene la vera vita; sulla croce, Cristo vince il peccato e la morte.
Per questo Dio esalta Cristo, che è morto per noi sulla croce. Lo esalta nell’orizzonte di tutta la storia dell’uomo assoggettato alla morte, e questa esaltazione è di dimensione cosmica.
San Paolo scrive:
“Per questo Dio l’ha esaltato e gli ha dato il nome / che è al di sopra di ogni altro nome, / perché nel nome di Gesù ogni ginocchio si pieghi / nei cieli, sulla terra e sotto terra; / e ogni lingua proclami / che Gesù Cristo è il Signore / a gloria di Dio Padre” (Fil 2, 9-11).
Sì, Gesù Cristo è il Signore,
crediamo in Gesù Cristo nostro Signore.
7. Cari giovani amici, perché questo giorno, la Domenica delle Palme, è diventato il vostro giorno?
Questo è accaduto a poco a poco: già da tempo, questo giorno richiamava e riuniva soprattutto a Roma, molti giovani pellegrini.
Forse in questo modo avete voluto unirvi ai giovani e alle giovani di Gerusalemme, “pueri Hebreorum”, che assistettero all’arrivo di Gesù per la festa. Avete voluto far vostro il loro entusiasmo, che si esprimeva nelle parole: Osanna! Benedetto colui che viene in nome del Signore!
Tuttavia l’entusiasmo dura poco. Può finire in un solo giorno. Al contrario, la Domenica delle Palme ci introduce in tutti gli avvenimenti della Settimana Santa, nel mistero totale di Gesù Cristo, nella sua consegna fino alla morte sulla croce per obbedienza al Padre, nell’annientamento del Figlio, che essendo uguale al Padre, ha assunto la condizione di servo fino alle estreme conseguenze.
Si potrebbe dire che i giovani sono stati attratti dalla croce di Cristo, che il vostro entusiasmo, preceduto dai “pueri Hebreorum” ed espresso anche con il “Osanna . . . Benedetto colui che viene nel nome del Signore!”, acquista dinanzi al mistero pasquale tutto il suo significato. Lodando il profeta di Galilea, Gesù di Nazaret, proclamate al contempo la vostra fede in Gesù Cristo Dio e uomo, redentore dell’uomo e del mondo.
8. Sì. La Domenica delle Palme ci introduce nel mistero totale di Gesù Cristo, cioè, nel mistero pasquale, nel quale tutte le cose raggiungono il loro culmine, e nel quale si riconferma pienamente la verità delle parole e delle opere di Gesù di Nazaret. In questo mistero si rivela anche fino a che punto “Dio è amore” (cf. 1 Gv 4, 8); e al contempo acquistiamo coscienza della vera dignità dell’uomo, riscattando col prezzo del sangue del Figlio di Dio, e destinato a vivere eternamente con lui nel suo amore.
Noi abbiamo riconosciuto e creduto all’amore che Dio ha per noi” (1 Gv 4, 16). Così si esprime san Giovanni nel testo su cui mediteremo come motto di questa Giornata Mondiale della Gioventù.
Cari giovani, celebrate sempre nella vostra vita il mistero pasquale di Gesù, accogliendo nei vostri cuori il dono dell’amore di Dio: “Mi ha amato e ha dato se stesso per me” (Gal 2, 20). Impregnati dalla forza divina dell’amore, impegnate le vostre energie giovanili nella costruzione della civiltà dell’amore.
Guidati dal “senso della fede” seguite, al contempo, la voce di ciò che nel cuore umano e nella coscienza è la cosa più profonda e più nobile, di ciò che corrisponde alla verità interiore dell’uomo e della sua dignità. Così sarete capaci di capire la logica divina, capaci di superare le povere ragioni umane, e penetrerete nella dimensione nuova dell’amore che Cristo ci ha manifestato.
Questa è la vera ragione per la quale venite a celebrare questa giornata.
Venite, giovani! Avvicinatevi a Cristo, redentore dell’uomo!
Questo è il senso che ha avuto la vostra presenza in piazza san Pietro a Roma e oggi in questo grande viale della capitale argentina. È Cristo colui che ci attrae, è lui colui che ci chiama. E con Gesù Cristo, la nostra madre Maria santissima, che è venuta dal suo Santuario di Luján per stare con noi. A lei vi affido a conclusione di questa celebrazione. So molto bene quel che NostraSignora di Lujàn significa per voi, giovani argentini, come meta dei vostri pellegrinaggi annuali, ai quali accorrete in gran numero, pieni di devozione alla Madre di Dio, con manifesta generosità e speranza.
Vedo in voi tutti i vostri coetanei: i giovani e le giovani con le quali ho avuto la fortuna di riunirmi in tante parti del mondo, e anche tutti coloro che non ho mai potuto incontrare. Ci uniamo nello spirito con tutti loro, per invitarli ad avvicinarsi a Cristo in questo santo giorno.
9. Mi rivolgo a tutti e vi dico: lasciatevi abbracciare dal mistero del Figlio dell’uomo, dal mistero di Cristo morto e resuscitato. Lasciatevi abbracciare dal mistero pasquale!
Lasciate che questo mistero penetri, fino in fondo, nelle vostre vite, nella vostra coscienza, nella vostra sensibilità, nei vostri cuori in modo da dare il vero senso a tutto il vostro comportamento.
Il mistero pasquale è mistero di salvezza, creatore. Soltanto mediante il mistero di Cristo si può comprendere pienamente l’uomo; solo dal Cristo morto e resuscitato può l’uomo comprendere la sua vocazione divina, e raggiungere il suo destino ultimo e definitivo.
Lasciate, dunque, che il mistero pasquale agisca in voi. Per l’uomo, e specialmente per il giovane, è essenziale conoscere se stesso, sapere qual è il suo valore, il suo autentico valore, qual è il significato della propria esistenza, della sua vita, sapere qual è la sua vocazione. Solo così puòdefinire il senso della sua vita.
10. Solo accogliendo il mistero pasquale nelle vostre vite potrete “rispondere a chiunque vi domandi ragione della speranza che è in voi” (1 Pt 3, 15). Solo accogliendo Cristo morto e resuscitato, potrete rispondere alle grandi e nobili aspirazioni del vostro cuore.
Giovani: Cristo, la Chiesa, il mondo aspettano la testimonianza delle vostre vite, fondate sulla verità che Cristo ci ha rivelato!
Giovani: il Papa vi ringrazia per la vostra testimonianza, e vi incoraggia perché siate sempre testimoni dell’amore di Dio, seminatori di speranza e costruttori di pace!
“Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna” (Gv 6, 68).
Colui che si è arreso, facendosi obbediente fino alla morte sulla croce, egli solo, ha parole di vita eterna.
Accogliete le sue parole. Imparatele. Edificate le vostre vite tenendo sempre presenti le parole e la vita di Cristo. Ancora di più: imparate a essere Cristo stesso, identificandovi con lui in tutto.
In lui sta la vittoria che trionfa nel mondo. La vittoria definitiva dell’uomo. “Questa è la vittoria che ha sconfitto il mondo: la nostra fede” (1 Gv 5, 4). La fede in colui che “ha tanto amato il mondo, da dare il suo Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui, non muoia, ma abbia la vita eterna” (Gv 3, 16).
Questa fede si manifesterà in fiducia, in fedeltà, in impegno valoroso e generoso. E potremo dire, con gioia e gratitudine a nostro Signore: “noi abbiamo riconosciuto e creduto all’amore che Dio ha per noi” (1 Gv 4, 16). “

VIAGGIO APOSTOLICO IN URUGUAY, CILE E ARGENTINA
GIOVANNI PAOLO II
ANGELUS
«Avenida 9 de Julio» - Buenos Aires
Giornata Mondiale della Gioventù
 Domenica delle Palme, 12 aprile 1987

1. “Noi abbiamo riconosciuto e creduto all’amore” (1 Gv 4, 16).
Il mistero della redenzione che la Chiesa celebra nella Settimana Santa che iniziamo oggi, è un mistero di amore e di fede.
Un mistero diventato realtà nel nostro mondo grazie ad una giovane donna, Maria, la Vergine di Nazaret, che conobbe l’amore di Dio e credette in lui. Per mezzo di lei ci è giunta la salvezza e la speranza di un mondo nuovo.
Conobbe l’amore di Dio quando l’angelo la chiamò: “piena di grazia” e le annunciò che sarebbe stata la Madre del Salvatore. Credette nell’amore di Dio quando si abbandonò con tutto il suo essere al disegno amoroso del Padre e si lasciò riempire dallo Spirito Santo, Spirito dell’amore dicendo: “Avvenga di me quello che hai detto” (Lc 1, 3).
2. La storia della salvezza continua ad essere nella Chiesa una storia dell’amore di Dio che ci precede e ci accompagna corrisposto da una fede libera e generosa dell’uomo che si abbandona al progetto di Dio sulla stessa umanità. La Chiesa contempla in Maria il modello e l’esempio più sublime di questa collaborazione, affinché la salvezza penetri all’interno del mondo e della società.
Maria è testimonianza del mistero dell’amore di Dio, che culmina nella passione e resurrezione di Cristo. Essa è anche il modello di fedeltà e della cooperazione materna nel suo abbandono amoroso alla fede, alla speranza e all’amore. Lei è la Vergine del Calvario nella notte del dolore, la Vergine della Pasqua nell’aurora del giorno senza tramonto della resurrezione di Cristo. Per questo è la Vergine della speranza nella Parola e nelle promesse del suo Figlio.
3. Giovani dell’Argentina, dell’America Latina e del mondo intero. Guardate Maria. Invocatela e imitatela perché lei è il vostro modello. È la Madre di Gesù e dei discepoli di Gesù.
Con lei camminiamo verso un mondo nuovo, verso la civiltà dell’amore: come popolo della Pasqua, presente nella storia, pellegrino verso la patria, conosciamo l’amore di Dio, come Maria, e crediamo in lui, per poter essere seminatori di speranza e costruttori di pace.

© Copyright 1987 - Libreria Editrice Vaticana 


domenica 26 febbraio 2012

La parola del Papa: l'angelus del 26 febbraio


Cari fratelli e sorelle!

In questa prima domenica di Quaresima, incontriamo Gesù che, dopo aver ricevuto il battesimo nel fiume Giordano da Giovanni il Battista (cfr Mc 1,9), subisce la tentazione nel deserto (cfr Mc 1,12-13). La narrazione di san Marco è concisa, priva dei dettagli che leggiamo negli altri due Vangeli di Matteo e di Luca. Il deserto di cui si parla ha diversi significati. Può indicare lo stato di abbandono e di solitudine, il "luogo" della debolezza dell’uomo dove non vi sono appoggi e sicurezze, dove la tentazione si fa più forte. Ma esso può indicare anche un luogo di rifugio e di riparo, come lo fu per il popolo di Israele scampato alla schiavitù egiziana, dove si può sperimentare in modo particolare la presenza di Dio. Gesù «nel deserto rimase quaranta giorni, tentato da Satana» (Mc 1,13). San Leone Magno commenta che «il Signore ha voluto subire l’attacco del tentatore per difenderci con il suo aiuto e per istruirci col suo esempio» (Tractatus XXXIX,3 De ieiunio quadragesimae: CCL 138/A, Turnholti 1973, 214-215).

Che cosa può insegnarci questo episodio? Come leggiamo nel Libro dell’Imitazione di Cristo, «l’uomo non è mai del tutto esente dalla tentazione finché vive… ma è con la pazienza e con la vera umiltà che diventeremo più forti di ogni nemico» (Liber I, c. XIII, Città del Vaticano 1982, 37), la pazienza e l’umiltà di seguire ogni giorno il Signore, imparando a costruire la nostra vita non al di fuori di Lui o come se non esistesse, ma in Lui e con Lui, perché è la fonte della vera vita. La tentazione di rimuovere Dio, di mettere ordine da soli in se stessi e nel mondo contando solo sulle proprie capacità, è sempre presente nella storia dell’uomo.

Gesù proclama che «il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino» (Mc 1,15), annuncia che in Lui accade qualcosa di nuovo: Dio si rivolge all’uomo in modo inaspettato, con una vicinanza unica concreta, piena di amore; Dio si incarna ed entra nel mondo dell’uomo per prendere su di sé il peccato, per vincere il male e riportare l’uomo nel mondo di Dio. Ma questo annuncio è accompagnato dalla richiesta di corrispondere ad un dono così grande. Gesù, infatti, aggiunge: «convertitevi e credete nel vangelo» (Mc 1,15); è l’invito ad avere fede in Dio e a convertire ogni giorno la nostra vita alla sua volontà, orientando al bene ogni nostra azione e pensiero. Il tempo della Quaresima è il momento propizio per rinnovare e rendere più saldo il nostro rapporto con Dio, attraverso la preghiera quotidiana, i gesti di penitenza, le opere di carità fraterna.

Supplichiamo con fervore Maria Santissima perché accompagni il nostro cammino quaresimale con la sua protezione e ci aiuti ad imprimere nel nostro cuore e nella nostra vita le parole di Gesù Cristo, per convertirci a Lui. Affido, inoltre, alla vostra preghiera la settimana di Esercizi spirituali che questa sera inizierò con i miei Collaboratori della Curia Romana.

Dopo l'Angelus
En ce premier dimanche de Carême je suis heureux de vous accueillir, chers frères et sœurs francophones. Le temps du Carême est exigeant car il nous invite à revenir vers Dieu. Jésus après son baptême, au début de sa mission, est conduit au désert. Avec Lui, expérimentons ce temps de désert et de solitude. Sachons rejeter tout ce qui peut nous conduire loin de Dieu et profitons de ce Carême pour revenir vers Lui. Prenons avec courage les chemins de la prière. Redécouvrons l’importance de notre relation à Dieu et « faisons attention les uns aux autres pour nous stimuler dans la charité et les œuvres bonnes » (He 10,24). Que la Vierge Marie nous aide à faire totalement la volonté de notre Dieu ! Bon Carême à tous !

I am pleased to greet all the English-speaking visitors and pilgrims present for this moment of prayer. In these first days of Lent, I invite you to embrace the spirit of this holy season, through prayer, fasting and almsgiving. As we do so, may the Lord accompany us, so that, at the end of Lent, we may worthily celebrate his victory on the cross. God bless all of you abundantly!

Von Herzen heiße ich an diesem ersten Fastensonntag alle deutschsprachigen Pilger und Besucher willkommen. Die österliche Bußzeit ist eine Einladung zu Gebet und Umkehr, um zu einer tieferen Erkenntnis Jesu Christi zu gelangen. Sie will uns helfen, den Glauben mit neuem Schwung zu leben und vermehrt die Nächstenliebe zu üben. Dazu leitet uns auch das Wort aus dem Hebräerbrief an, das ich der diesjährigen Botschaft zur Fastenzeit vorangestellt habe: „Laßt uns aufeinander achten und uns zur Liebe und zu guten Taten anspornen" (Hebr 10,24). Gehen wir daher gemeinsam mit dem Herrn den Weg durch diese heiligen vierzig Tage. Er geleitet uns auf sicheren Pfaden.

Saludo con afecto a los peregrinos de lengua española, en particular a los fieles de la Hermandad de La Virgen de la Victoria, de Huelva. En el Evangelio de este primer domingo de Cuaresma, Jesús es conducido por el Espíritu al desierto «para ser tentado por el diablo». Él supera la tentación y proclama con vigor el preludio de la gran sinfonía de la redención, invitando a la conversión y la fe. Al comenzar este santo tiempo, animo a todos a que, guiados por la fuerza de Dios, intensifiquen la oración, la penitencia y la práctica de la caridad, para así llegar victoriosos y purificados a las celebraciones pascuales. Confiemos a la Virgen María estas intenciones. Muchas gracias.

Słowo serdecznego pozdrowienia kieruję do wszystkich Polaków. „Bliskie jest królestwo Boże. Nawracajcie się i wierzcie w Ewangelię!" (Mk 1,15). Tymi słowami, Chrystus wzywa nas dzisiaj do pokuty i przemiany życia. Bądźmy dla świata ewangelicznym zaczynem prawdy przez gesty miłosierdzia, przebaczenia i pojednania. Życzę wszystkim obfitych owoców duchowych Wielkiego Postu i z serca błogosławię.

[Rivolgo il mio cordiale saluto a tutti i Polacchi. "Il regno di Dio è vicino, convertitevi e credete al Vangelo" (Mc 1,15). Con tali parole, Cristo ci esorta a fare penitenza e a cambiare vita. Bisogna che diventiamo per il mondo lievito evangelico della verità attraverso i gesti della misericordia, del perdono e della riconciliazione. Auguro a ciascuno di voi abbondanti frutti spirituali nella Quaresima e di cuore vi benedico.]

Saluto con affetto i pellegrini di lingua italiana, in particolare i fedeli venuti da Cento di Ferrara e dalla Diocesi di Bologna, da Vicenza, Bari e Modugno. Saluto i ragazzi di alcune Parrocchie della Diocesi di Milano che si stanno preparando alla professione di fede, come pure la delegazione dei "Consigli Comunali dei Ragazzi" della Provincia di Catania. A tutti auguro una buona domenica e una buona Quaresima.

© Copyright 2012 - Libreria Editrice Vaticana

venerdì 24 febbraio 2012

Iscrizioni per i volontari in inglese e spagnolo

Segnaliamo ai nostri amici che da oggi a questa pagina è disponibile il modulo per la richiesta di volontariato alla GMG di Rio in inglese, mentre a questa pagina si trova lo stesso modulo ma in spagnolo

Conosciamo lo stato di Rio de Janeiro: l'economia

Vediamo oggi gli aspetti economici dello stato di Rio de Janeiro, che ci ospiterà nel 2013:


Molte sono le attrattive per il settore del turismo, dalla città di Rio de Janeiro a numerose località balneari, soprattutto Niterói che ha un numero di spiagge turistiche superiori a Rio de Janeiro, Petropolis, Nova Friburgo città in stile tedesco, Parati nel sud intatta come ai tempi dell'epoca coloniale, Buzios, Cabo Frio, Araruama, São Pedro da Aldeia, con splendide spiagge, Visconde de Maua e Itatiaia con bellezze naturali straordinarie, Penedo di colonizzazione finlandese, conserva ancora lo stile e gli abiti dei colonizzatori.
Da un punto di vista economico è il secondo stato del Brasile, dopo San Paolo, come percentuale del PIL prodotto. Rio de Janeiro, ha una economia altamente dinamica e diversificata. Un settore importante è il petrolio estratto nella regione nord, nella città di Campos dos Goytacazes. Il petrolio e il gas naturale di Rio de Janeiro corrispondono al 83% del gas naturale e 90% del petrolio brasiliano (con le raffinerie di São Gonçalo, e di Duque de Caxias). Lo stato di Rio de Janeiro inoltre può contare con il centro di arricchimento dell'uranio a Resende, il quale consente di produrre energia nelle 3 centrali nucelari di Angra 1, Angra 2, Angra 3 (Impianto di Neda Agha-Soltan). Inoltre Rio de Janeiro è il primo produttore brasiliano (e dell'America Latina) di prodotti quali automobili, motocicli, con le sedi della Volkswagen, Citroën, Peugeot, Iveco, Fiat, Garini, Honda, Toyota, e con una macchina prodotta al 100% a Rio de Janeiro, chiamata Obvio, questa macchina può essere posteggiata o orizzontalmente o verticalmente, e funziona a base di bioetanolo (a base della canna da zucchero) inoltre il reddito pro capite dello stato di Rio de Janeiro è di gran lunga il più alto del Brasile.
Nello stato di Rio de Janeiro sono presenti la Globo (www.globo.com), la maggior rete di tv del Brasile e la terza al mondo, la Tve, La Record (www.rederecord.com.br, secondo posto nel Brasile) la Cnt, e le tv www.passaponte.tv.br di São Gonçalo, e www.niteroitv.tv.br di Niteroi, oltre a contare sui giornali più venduti in Brasile: Extra, Oglobo (www.oglobo.com.br, Odia(www.odia.com.br), e su giornali come www.osagoncalo.com.br www.nossojornal.info www.ofluminense.com.br www.folhanit.com.br www.jb.com.br www.odia.com.br www.odiacomercial.com.br etc...
Inoltre Rio de Janeiro conta con forti infrastrutture, Ponte Rio-Niteroi (14 km), la Metropolitana di Rio de Janeiro (seconda dell'America Latina, dopo San Paolo) che verrà ampliata fino a raggiungere le città di Niteroi, São Gonçalo, Magé, Maricá, Nova Iguaçu e Itaboraí tra le altre, alle ferrovie che legano Niteroi-São Gonçalo-Rio de Janeiro, e i traghetti che legano queste 3 città ed anche numerose altre, l'aeroporto Santos Dumont (nazionale) e Galeão/Tom Jobim(Internazionale), e aeroporti di varie altre città come la turistica Cabo Frio, e la petrolifera Macaé, e sul porto di Rio de Janeiro, il più grande del Brasile, sui porti di Niteroi, São Gonçalo, Angra dos Reis, Seropedica etc...

Agricoltura

L'agricoltura carioca corrisponde allo 0,6% del PIL (segno di un'economia fortemente ricca ed industrializzata) produce: fagioli neri, patata, patata dolce, mais, riso, mandioca (o Aypim),ortaggi, frutta tropicale, ed è nei primi tre posti nella produzione e esportazione brasiliana di: caffè, zucchero, e cocco, oltre a produrre agrumi, e la produzione e esportazione di fiori (soprattutto rose).

Allevamento

L'allevamento riguarda soprattutto bovini, ovini, caprini, cavalli e pollame.

Pesca

La pesca dello stato di Rio de Janeiro è abbondante sia su mare (primo posto come pesca e esportazione di pesce azzurro) che fluviale.

Energia

Rio de Janeiro può contare su varie centrali idroelettriche, come quelle di São Gonçalo, Niteroi, Nilopolis etc, che danno molta energia, le 3 centrali nucleari di Angra dos Reis, Angra 1, Angra 2, Angra 3, sulla produzione di petrolio e gas naturale, e su abbondanti riserve di carbone (fossile) e (vegetale).
Rio de Janeiro è la seconda città più ricca del Brasile, Niteroi la quarta, São Gonçalo la sesta, e Macaé e Campos sono al settimo posto insieme.
Altro settore importante è il turismo. Questo stato riceve il 70% del turismo brasiliano. I turisti vengono attratti dalle bellezze naturali e dalle città bellissime quali, Rio de Janeiro, Niterói, Cabo Frio, Buzios, Petropolis, Parati, Angra dos Reis, e dalle spiagge quali Ipanema e Copacabana, Niteroi, dove si trovano splendidi monumenti della colonizzazione portoghese, il Museo Niemyer, e varie spiagge bellissime, oltre all'architettura bellissima della città, São Gonçalo (sede di una delle più famose e storiche scuole di samba-Porto da Pedra) e di varie isole e spiagge meravigliose, su Petropolis, sede del regno del Brasile, su Nova Friburgo con elementi svizzere e tedeschi, Itatiaia e Visconde de Mauá con splendidi paesaggi.
Inoltre vi sono centinaia di isole, tra le quali Ilha Grande, un'isola-arcipelago che comprende altre 365 isole minori, belle e famose per le acque limpide.

giovedì 23 febbraio 2012

Il Padre Nostro nel mondo

Recitiamo oggi il Padre Nostro nella lingua natia del defunto Papa Giovanni Paolo II, il polacco:


mercoledì 22 febbraio 2012

Udienza generale del S.Padre Benedetto XVI del 22 febbraio, mercoledì delle ceneri

In occasione del mercoledì delle ceneri vogliamo pubblicare le parole pronunciate oggi dal Papa durante l'udienza generale tenutasi nell'aula Paolo VI:


Cari fratelli e sorelle,
in questa Catechesi vorrei soffermarmi brevemente sul tempo della Quaresima, che inizia oggi con la Liturgia del Mercoledì delle Ceneri. Si tratta di un itinerario di quaranta giorni che ci condurrà al Triduo pasquale, memoria della passione, morte e risurrezione del Signore, il cuore del mistero della nostra salvezza. Nei primi secoli di vita della Chiesa questo era il tempo in cui coloro che avevano udito e accolto l’annuncio di Cristo iniziavano, passo dopo passo, il loro cammino di fede e di conversione per giungere a ricevere il sacramento del Battesimo. Si trattava di un avvicinamento al Dio vivo e di una iniziazione alla fede da compiersi gradualmente, mediante un cambiamento interiore da parte dei catecumeni, cioè di quanti desideravano diventare cristiani ed essere incorporati a Cristo e alla Chiesa.
Successivamente, anche i penitenti e poi tutti i fedeli furono invitati a vivere questo itinerario di rinnovamento spirituale, per conformare sempre più la propria esistenza a quella di Cristo. La partecipazione dell’intera comunità ai diversi passaggi del percorso quaresimale sottolinea una dimensione importante della spiritualità cristiana: è la redenzione non di alcuni, ma di tutti, ad essere disponibile grazie alla morte e risurrezione di Cristo. Pertanto, sia coloro che percorrevano un cammino di fede come catecumeni per ricevere il Battesimo, sia coloro che si erano allontanati da Dio e dalla comunità della fede e cercavano la riconciliazione, sia coloro che vivevano la fede in piena comunione con la Chiesa, tutti insieme sapevano che il tempo che precede la Pasqua è un tempo di metanoia, cioè del cambiamento interiore, del pentimento; il tempo che identifica la nostra vita umana e tutta la nostra storia come un processo di conversione che si mette in movimento ora per incontrare il Signore alla fine dei tempi.
Con una espressione diventata tipica nella Liturgia, la Chiesa denomina il periodo nel quale siamo entrati oggi «Quadragesima», cioè tempo di quaranta giorni e, con un chiaro riferimento alla Sacra Scrittura ci introduce così in un preciso contesto spirituale. Quaranta è infatti il numero simbolico con cui l’Antico e il Nuovo Testamento rappresentano i momenti salienti dell’esperienza della fede del Popolo di Dio. E’ una cifra che esprime il tempo dell’attesa, della purificazione, del ritorno al Signore, della consapevolezza che Dio è fedele alle sue promesse. Questo numero non rappresenta un tempo cronologico esatto, scandito dalla somma dei giorni. Indica piuttosto una paziente perseveranza, una lunga prova, un periodo sufficiente per vedere le opere di Dio, un tempo entro cui occorre decidersi ad assumere le proprie responsabilità senza ulteriori rimandi. E’ il tempo delle decisioni mature.
Il numero quaranta appare anzitutto nella storia di Noè.
Quest’uomo giusto, a causa del diluvio trascorre quaranta giorni e quaranta notti nell’arca, insieme alla sua famiglia e agli animali che Dio gli aveva detto di portare con sé. E attende altri quaranta giorni, dopo il diluvio, prima di toccare la terraferma, salvata dalla distruzione (cfr Gen 7,4.12; 8,6). Poi, la prossima tappa: Mosè rimane sul monte Sinai, alla presenza del Signore, quaranta giorni e quaranta notti, per accogliere la Legge. In tutto questo tempo digiuna (cfr Es 24,18). Quaranta sono gli anni di viaggio del popolo ebraico dall’Egitto alla Terra promessa, tempo adatto per sperimentare la fedeltà di Dio. «Ricordati di tutto il cammino che il Signore, tuo Dio, ti ha fatto percorrere in questi quarant’anni… Il tuo mantello non ti si è logorato addosso e il tuo piede non si è gonfiato durante questi quarant’anni», dice Mosè nel Deuteronomio alla fine di questi quarant'anni di migrazione (Dt 8,2.4). Gli anni di pace di cui gode Israele sotto i Giudici sono quaranta (cfr Gdc3,11.30), ma, trascorso questo tempo, inizia la dimenticanza dei doni di Dio e il ritorno al peccato. Il profeta Elia impiega quaranta giorni per raggiungere l’Oreb, il monte dove incontra Dio (cfr 1 Re19,8). Quaranta sono i giorni durante i quali i cittadini di Ninive fanno penitenza per ottenere il perdono di Dio (cfr Gn 3,4). Quaranta sono anche gli anni dei regni di Saul (cfr At 13,21), di Davide (cfr 2 Sam 5,4-5) e di Salomone (cfr 1 Re 11,41), i tre primi re d’Israele. Anche i Salmi riflettono sul significato biblico dei quaranta anni, come ad esempio il Salmo 95, del quale abbiamo sentito un brano: «Se ascoltaste oggi la sua voce! “Non indurite il cuore come a Meriba, come nel giorno di Massa nel deserto, dove mi tentarono i vostri padri: mi misero alla prova pur avendo visto le mie opere. Per quarant'anni mi disgustò quella generazione e dissi: sono un popolo dal cuore traviato, non conoscono le mie vie”» (vv. 7c-10).
Nel Nuovo Testamento Gesù, prima di iniziare la vita pubblica, si ritira nel deserto per quaranta giorni, senza mangiare né bere (cfr Mt 4,2): si nutre della Parola di Dio, che usa come arma per vincere il diavolo. Le tentazioni di Gesù richiamano quelle che il popolo ebraico affrontò nel deserto, ma che non seppe vincere. Quaranta sono i giorni durante i quali Gesù risorto istruisce i suoi, prima di ascendere al Cielo e inviare lo Spirito Santo (cfr At 1,3).
Con questo ricorrente numero di quaranta è descritto un contesto spirituale che resta attuale e valido, e la Chiesa, proprio mediante i giorni del periodo quaresimale, intende mantenerne il perdurante valore e renderne a noi presente l’efficacia. La liturgia cristiana della Quaresima ha lo scopo di favorire un cammino di rinnovamento spirituale, alla luce di questa lunga esperienza biblica e soprattutto per imparare ad imitare Gesù, che nei quaranta giorni trascorsi nel deserto insegnò a vincere la tentazione con la Parola di Dio. I quarant’anni della peregrinazione di Israele nel deserto presentano atteggiamenti e situazioni ambivalenti. Da una parte essi sono la stagione del primo amore con Dio e tra Dio e il suo popolo, quando Egli parlava al suo cuore, indicandogli continuamente la strada da percorrere. Dio aveva preso, per così dire, dimora in mezzo a Israele, lo precedeva dentro una nube o una colonna di fuoco, provvedeva ogni giorno al suo nutrimento facendo scendere la manna e facendo sgorgare l’acqua dalla roccia. Pertanto, gli anni trascorsi da Israele nel deserto si possono vedere come il tempo della speciale elezione di Dio e della adesione a Lui da parte del popolo: tempo del primo amore. D’altro canto, la Bibbia mostra anche un’altra immagine della peregrinazione di Israele nel deserto: è anche il tempo delle tentazioni e dei pericoli più grandi, quando Israele mormora contro il suo Dio e vorrebbe tornare al paganesimo e si costruisce i propri idoli, poiché avverte l’esigenza di venerare un Dio più vicino e tangibile. E' anche il tempo della ribellione contro il Dio grande e invisibile.
Questa ambivalenza, tempo della speciale vicinanza di Dio - tempo del primo amore -, e tempo della tentazione – tentazione del ritorno al paganesimo -, la ritroviamo in modo sorprendente nel cammino terreno di Gesù, naturalmente senza alcun compromesso col peccato. Dopo il battesimo di penitenza al Giordano, nel quale assume su di sé il destino del Servo di Dio che rinuncia a se stesso e vive per gli altri e si pone tra i peccatori per prendere su di sé il peccato del mondo, Gesù si reca nel deserto per stare quaranta giorni in profonda unione con il Padre, ripetendo così la storia di Israele, tutti quei ritmi di quaranta giorni o anni a cui ho accennato. Questa dinamica è una costante nella vita terrena di Gesù, che ricerca sempre momenti di solitudine per pregare il Padre suo e rimanere in intima comunione, in intima solitudine con Lui, in esclusiva comunione con Lui, e poi ritornare in mezzo alla gente. Ma in questo tempo di “deserto” e di incontro speciale col Padre, Gesù si trova esposto al pericolo ed è assalito dalla tentazione e dalla seduzione del Maligno, il quale gli propone una via messianica altra, lontana dal progetto di Dio, perché passa attraverso il potere, il successo, il dominio e non attraverso il dono totale sulla Croce. Questa è l'alternativa: un messianesimo di potere, di successo, o un messianesimo di amore, di dono di sé.
Questa situazione di ambivalenza descrive anche la condizione della Chiesa in cammino nel “deserto” del mondo e della storia. In questo “deserto” noi credenti abbiamo certamente l’opportunità di fare una profonda esperienza di Dio che rende forte lo spirito, conferma la fede, nutre la speranza, anima la carità; un’esperienza che ci fa partecipi della vittoria di Cristo sul peccato e sulla morte mediante il Sacrificio d’amore sulla Croce. Ma il “deserto” è anche l’aspetto negativo della realtà che ci circonda: l’aridità, la povertà di parole di vita e di valori, il secolarismo e la cultura materialista, che rinchiudono la persona nell’orizzonte mondano dell’esistere sottraendolo ad ogni riferimento alla trascendenza. E’ questo anche l’ambiente in cui il cielo sopra di noi è oscuro, perché coperto dalle nubi dell’egoismo, dell’incomprensione e dell’inganno. Nonostante questo, anche per la Chiesa di oggi il tempo del deserto può trasformarsi in tempo di grazia, poiché abbiamo la certezza che anche dalla roccia più dura Dio può far scaturire l’acqua viva che disseta e ristora.
Cari fratelli e sorelle, in questi quaranta giorni che ci condurranno alla Pasqua di Risurrezione possiamo ritrovare nuovo coraggio per accettare con pazienza e con fede ogni situazione di difficoltà, di afflizione e di prova, nella consapevolezza che dalle tenebre il Signore farà sorgere il giorno nuovo. E se saremo stati fedeli a Gesù seguendolo sulla via della Croce, il chiaro mondo di Dio, il mondo della luce, della verità e della gioia ci sarà come ridonato: sarà l’alba nuova creata da Dio stesso. Buon cammino di Quaresima a voi tutti!

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martedì 21 febbraio 2012

Le parole del Papa alla GMG: Roma 1986

Essendo domani, per le parrocchie di rito romano, il mercoledì delle ceneri, ho deciso di anticipare ad oggi il post dedicato alle parole del Papa durante la GMG. Rileggiamo quindi l'Omelia del S.Padre e l'angelus da lui pronunciato durante la domenica delle palme del 23 marzo 1986:


"SANTA MESSA NELLA DOMENICA DELLE PALME
OMELIA DI GIOVANNI PAOLO II
Domenica, 23 marzo 1986

1. “Benedetto colui che viene nel nome del Signore! Osanna nell’alto dei cieli” (Antifona d’ingresso). Proprio oggi sono state proclamate queste parole, cioè nel giorno del quale la Chiesa celebra il ricordo ogni anno, nella Domenica delle Palme. Queste parole sono state pronunciate con entusiasmo dagli uomini che si erano recati a Gerusalemme per la festa di Pasqua, così come anche Gesù vi si era recato per celebrare la sua Pasqua.
Sono state proclamate queste parole particolarmente dai giovani “Pueri Hebraeorum”, come dice il testo liturgico. La partecipazione dei giovani all’avvenimento della Domenica delle Palme si è fissata nella tradizione. Ne rende testimonianza anche Roma e specialmente questa Piazza di san Pietro. Tale testimonianza è stata particolarmente significativa negli ultimi due anni: nell’anno del Giubileo della Redenzione e nell’Anno Internazionale della Gioventù.
2. Oggi siete qui di nuovo, cari giovani amici, per iniziare a Roma, in Piazza san Pietro, la tradizione della Giornata della Gioventù, alla cui celebrazione è stata invitata la Chiesa intera. Di tutto cuore vi do il benvenuto, e saluto tutti coloro che sono giunti qui non soltanto da Roma e dall’Italia, ma anche da più lontano. So che sono qui presenti giovani della Spagna, della Francia, della Svizzera, della Jugoslavia, della Germania, dell’Austria e di altri Paesi.
Saluto tutti voi qui presenti. Nello stesso tempo insieme con voi saluto tutti coloro che non sono qui presenti, ma che oggi - o in altro giorno dell’anno, secondo le varie circostanze - manifestano quest’unità che è la Chiesa di Cristo nella comunità dei giovani. Quindi oggi do il mio saluto a tutti coloro che dappertutto - in qualsiasi paese di ciascuno dei cinque continenti - celebrano la Giornata della Gioventù. Il punto di riferimento per questa Giornata rimane, ogni anno, la Domenica delle Palme.
Vi ringrazio che vi siete preparati all’odierna Domenica, qui a Roma, nel raccoglimento e nella preghiera, meditando il mistero pasquale di Cristo, congiunto alla croce e alla risurrezione. Questo mistero rivela nel modo più profondo Dio che è Amore: che “ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito” (Gv 3, 16). Nello stesso tempo questo mistero permette all’uomo di comprendere fino n fondo se stesso: l’uomo, la sua dignità e la sua vocazione, come del resto insegna il Concilio Vaticano II.
3. Oggi, dunque, noi tutti guardiamo a Cristo - questo Cristo, che (secondo il preannunzio dal profeta) viene a Gerusalemme su un puledro d’asino in conformità all’usanza del luogo. Gli apostoli hanno messo i loro mantelli sulla bestia da soma, perché Gesù vi si potesse mettere seduto. E quando egli fu vicino alla discesa del monte degli Ulivi, tutta la folla dei discepoli, esultando, cominciò a lodare Dio a gran voce, per i prodigi che avevano veduto (cf. Lc 19, 37).
Infatti, nella sua terra natia Gesù era già riuscito a giungere con la buona novella a molta gente, a molti figli e figlie d’Israele, agli anziani, ai giovani, alle donne e ai bambini. E insegnava operando: facendo del bene. Rivelava Dio come Padre. Lo rivelava con l’opera e con la parola. Beneficando tutti, particolarmente i poveri, i sofferenti, preparava nei loro cuori la via per l’accoglimento della parola, perfino quando questa parola era, in un primo tempo, incomprensibile, come per esempio il primo annunzio dell’Eucaristia; perfino quando questa parola era esigente, come sull’indissolubilità del matrimonio. Era tale e tale è rimasta.
Tra le parole pronunziate da Gesù di Nazaret se ne trova anche una indirizzata a un giovane, a un giovane ricco. A questo colloquio ho fatto riferimento nella lettera dell’anno scorso ai giovani e alle giovani. È un colloquio conciso, contiene poche parole, ma quanto è denso, quanto carico di contenuto, quanto è fondamentale!
4. Oggi, dunque, contempliamo Gesù di Nazaret, che viene a Gerusalemme: il suo arrivo è accompagnato dall’entusiasmo dei pellegrini: “Osanna al figlio di Davide!” (Mt 21, 9).
Sappiamo tuttavia che l’entusiasmo verrà fra poco soffocato. Già adesso alcuni farisei tra la folla chiedono a Cristo di vietare ai suoi discepoli di gridare. Quanto è significativa la risposta di Gesù: “Vi dico che, se questi taceranno, grideranno le pietre” (Lc 19, 40).
Contempliamo quindi “colui che viene nel nome del Signore” (Mt 21, 9) nella prospettiva della Settimana Santa. “Ecco, noi andiamo a Gerusalemme e . . . il Figlio dell’uomo sarà consegnato ai pagani, schernito, oltraggiato, coperto di sputi e, dopo averlo flagellato, lo uccideranno . . .” (Lc 18, 31-33).
Così dunque taceranno le grida della folla della Domenica delle Palme. Lo stesso Figlio dell’uomo sarà costretto al silenzio della morte. E quando, la vigilia del sabato, lo caleranno giù dalla croce, lo deporranno in un sepolcro, rotoleranno un masso contro l’entrata del sepolcro e sigilleranno la pietra.
Tuttavia dopo tre giorni questa pietra sarà rotolata via. E le donne che verranno alla tomba, la troveranno vuota. Ugualmente gli apostoli. Così dunque quella “pietra rotolata via” griderà, quando tutti taceranno. Griderà. Essa proclamerà il mistero pasquale di Gesù Cristo. E da essa attingeranno questo mistero le donne e gli apostoli, che lo porteranno con le loro labbra nelle strade di Gerusalemme, e poi per le vie del mondo d’allora. E così, di generazione in generazione, “grideranno le pietre”.
5. Che cosa è il mistero pasquale di Gesù Cristo? Sono gli avvenimenti di questi giorni, particolarmente degli ultimi giorni della Settimana Santa. Questi avvenimenti hanno la loro dimensione umana, come ne rendono testimonianza le descrizioni della Passione del Signore nei Vangeli. Mediante questi avvenimenti il mistero pasquale è collocato nella storia dell’uomo, nella storia dell’umanità. Tuttavia tali avvenimenti hanno, nello stesso tempo, la loro dimensione divina, e proprio in essa si manifesta il mistero.
Ne scrive concisamente san Paolo: Gesù Cristo “il quale, pur essendo di natura divina, non considerò un tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio; ma spogliò se stesso, assumendo la condizione di servo e divenendo simile agli uomini” (Fil 2, 6-7). Questa dimensione del mistero divino si chiama Incarnazione: il Figlio della stessa sostanza del Padre si fa uomo, e come tale diventa servo di Dio: servo di Jahvè come dice il Libro di Isaia. Mediante questo servizio del Figlio dell’uomo, la divina economia della salvezza raggiunge il suo apice, la sua pienezza.
Ne continua a parlare san Paolo nell’odierna liturgia: “apparso in forma umana, umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte e alla morte di croce” (Fil 2, 7-8). Questa dimensione del mistero divino si chiama redenzione. L’obbedienza del Figlio dell’uomo, l’obbedienza fino alla morte di croce bilancia in modo sovrabbondante la disubbidienza nei riguardi del Creatore e del Padre contenuta nel peccato dell’uomo sin dall’inizio.
Così dunque il mistero pasquale è la sola realtà divina dell’Incarnazione e della Redenzione, introdotta nella storia dell’umanità. Introdotta nel cuore stesso e nella coscienza stessa di ciascuno di noi. Ciascuno di noi è presente in questo mistero mediante l’eredità del peccato, che di generazione in generazione conduce alla morte. Ciascuno di noi trova in essa la potenza per la vittoria sul peccato.
6. Il mistero pasquale di Gesù Cristo non si esaurisce nello spogliamento di Cristo. Non lo chiude la grande pietra messa sull’entrata del sepolcro dopo la morte sul Golgota. Il terzo giorno questa pietra verrà rotolata via dalla potenza divina e incomincerà a “gridare”: incomincerà a parlare di ciò che san Paolo ancora esprime in queste parole dell’odierna liturgia: “per questo Dio l’ha esaltato e gli ha dato il nome che è al di sopra di ogni altro nome; perché nel nome di Gesù ogni ginocchio si pieghi nei cieli, sulla terra e sotto terra; e ogni lingua proclami che Gesù Cristo è il Signore, a gloria di Dio Padre” (Fil 2, 10-11). Redenzione significa pure esaltazione.
L’esaltazione, la risurrezione di Cristo apre una prospettiva assolutamente nuova nella storia dell’uomo, nell’esistenza umana, sottomessa alla morte a causa dell’eredità del peccato. Al di sopra della morte sta la prospettiva della vita. La morte fa parte delle dimensioni del mondo visibile, la vita è in Dio. Il Dio della vita parla a noi della croce e risurrezione del suo Figlio.
Questa è l’ultima parola della sua rivelazione. L’ultima parola del Vangelo. Proprio questa parola è contenuta nel mistero pasquale di Gesù Cristo.
7. Mediante la croce e la risurrezione, mediante il mistero pasquale, Cristo rivolge a ciascuno di noi la chiamata: “seguimi”. L’ha rivolta al giovane del Vangelo sulle vie del suo pellegrinaggio messianico, ma allora la verità su di lui (su Cristo) non era ancora stata rivelata fino in fondo.
Deve rivelarsi fino in fondo in questi giorni. Deve essere completata con la sua passione, morte e risurrezione. Deve diventare risposta agli interrogativi più fondamentali dell’uomo. Deve diventare sfida dell’immortalità.
E proprio in questi giorni, voi giovani siete venuti presso le tombe degli apostoli. Qui, dove Pietro e Paolo, quasi duemila anni fa, resero testimonianza a Cristo, il quale mediante la croce è diventato “il Signore, a gloria di Dio Padre”. Abbiamo deciso di celebrare nella Chiesa la Giornata della Gioventù proprio in questa domenica.
8. Veramente non sono rimasti delusi coloro che all’ingresso di Gesù a Gerusalemme hanno gridato: “Osanna al Figlio di Davide! Benedetto colui che viene nel nome del Signore”. Non lo sono rimasti quei giovani, “pueri Hebraeorum”. Venerdì sera tutto sembrava testimoniare la vittoria del peccato e della morte, tuttavia dopo tre giorni ha parlato di nuovo la “pietra rotolata via” (“grideranno le pietre”). E non sono rimasti delusi. Tutte le aspettative dell’uomo, carico dell’eredità del peccato, sono state completamente superate. “Dux vitae mortuus / regnat vivus”.
E perciò celebriamo questo giorno come la Giornata della Gioventù. Infatti esso è legato alla speranza che non delude (cf. Rm 5, 5). Le generazioni che sempre si rinnovano hanno bisogno di questa speranza. Ne hanno sempre più bisogno.
Non sono rimasti delusi coloro che hanno gridato: “Benedetto colui che viene nel nome del Signore!”. Sì. Viene. È entrato nella storia dell’uomo. In Gesù Cristo Dio è entrato in modo definitivo nella storia dell’uomo. Voi giovani dovete incontrarLo per primi. Dovete incontrarLo costantemente.
“La Giornata della Gioventù” significa proprio questo: andare incontro a Dio, che è entrato nella storia dell’uomo mediante il mistero pasquale di Gesù Cristo. Vi è entrato in modo irreversibile.
E vuole incontrare prima voi. Giovani. E a ciascuno vuole dire: “Seguimi”, Seguimi. Io sono la Via, la Verità e la Vita."

"GIOVANNI PAOLO II
ANGELUS
Domenica delle Palme, 23 marzo 1986

1. “Stava presso la croce di Gesù sua madre . . . Gesù allora, vedendo la madre e lì accanto a lei il discepolo che egli amava, disse alla madre: «Donna, ecco il tuo Figlio!» Poi disse al discepolo: «Ecco la tua madre!». E da quel momento il discepolo la prese nella sua casa” (Gv 19, 25-27).
Recitando a mezzogiorno l’Angelus, richiamiamo davanti agli occhi delle nostre anime quell’evento, quel momento, che pure appartiene al mistero pasquale di Gesù Cristo. Il Crocifisso affida a sua Madre il discepolo. È il discepolo “che Egli (Gesù) amava”, così come una volta provò affetto per il giovane del Vangelo, dopo aver posato su di lui lo sguardo” (cf. Mc 10, 21). Il discepolo sotto la croce, l’evangelista Giovanni, scrive le parole del testamento di Gesù.
Proprio voi tutti, cari giovani, ragazzi e ragazze, discepoli di Cristo siete stati, insieme con lui, affidati alla Madre del vostro Maestro. Siete stati a lei affidati nell’ora della redenzione del mondo. Occorre dunque che accogliate Maria nelle vostre giovani vite così come l’apostolo Giovanni l’ha accolta “nella sua casa”. Che permettiate a lei di esservi Madre. Che apriate dinanzi a lei i vostri cuori e le vostre coscienza. Che lei vi aiuti a trovare sempre Cristo, per “seguirlo” su ogni strada della vostra vita.
2. Un problema desidero poi ricordarvi in occasione di questa comune preghiera dell’Angelus. L’anno 1986, per iniziativa dell’ONU, è l’Anno della pace. Sin dal primo giorno di esso, la Chiesa ha dato rilievo a questa iniziativa, che esprime i timori ma anche le speranze di tutta la famiglia umana. Quindi l’anno in corso è pure l’anno della preghiera per la pace e in questa preghiera desideriamo unirci non solo con tutti i seguaci di Cristo, ma anche con quanti professano le religioni non-cristiane in tutto il mondo. A questo scopo, a tutti i responsabili delle medesime è stato rivolto l’invito, ed è stato prescelto il luogo, Assisi, per una comune preghiera, nel mese di ottobre.
“La pace e i giovani camminano insieme”. Così annunziava il messaggio per il Capodanno del 1985. Chiedo dunque al Signore che la preghiera per la pace venga in modo particolare partecipata anche da voi, giovani. Cresca in questo modo la grande forza morale nel mondo così minacciata dalla corsa agli armamenti, dall’odio, dal terrorismo, dalla violazione dei diritti umani, specie del diritto alla vita dal momento del concepimento fino alla morte. “Beati gli operatori di pace” . . .!
3. Mentre ci troviamo alla soglia della Settimana Santa, insieme con Maria presso la croce di Cristo abbracciamo con la nostra preghiera tutti i giovani del mondo intero: la gioventù maschile e femminile. Tutti. Specie coloro che soffrono.
Dio ha esaltato Cristo, nato dalla Vergine Maria, mediante la croce. Nella croce di Cristo desideriamo ritrovare - insieme con l’apostolo delle genti - la forza di Dio e la sapienza di Dio. Da ciò dipende il futuro dell’uomo e del mondo.

Guidata la recita dell’“Angelus” ed impartita la Benedizione, il Santo Padre così saluta i diversi gruppi linguistici presenti in piazza San Pietro. 
Bienvenue aux jeunes de langue française, réunis auprès du Successeur de l’Apôtre Pierre pour acclamer le Christ, avec leurs amis de nombreux pays! Répandez autour de vous, parmi les autres jeunes de vos diocèses, de vos écoles, de vos mouvements, la Bonne Nouvelle du Christ vivant, qui est lumière pour leur vie!
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Saludo a los numerosos jóvenes de lengua española presentes en esta celebración de la Jornada Mundial de la Juventud, y a todos los que se han unido a ella en sus propias diócesis. Que el seguimiento generoso de Jesús sea siempre el ideal de vuestra vida cristiana.
* * *
I greet with joy all the English-speaking young people here today. The Palm Sunday celebration and all the liturgies of Holy Week direct our attention to Jesus, to his Passion, Death and Resurrection. It is special season of grace, a time to reflect on the Saviour’s great love for us all. May each of you be near to Christ this week. He will fill your hearts with his peace.
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Ebenso grüße ich euch, Jungen und Mädchen deutscher Sprache, und alle anderen Besucher dieser Länder: Heute, am Palmsonntag, habt ihr unserem Herrn und Heiland Jesus Christus in der feierlichen Liturgie mit Herz und Mund eure Zustimmung bekundet; folgt ihm nun auch im Alltag eures Lebens, an hellen wie an dunklen Tagen!
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Para todos os presentes de expressão portuguesa, vão igualmente as minhas saudações cordiais! Que a presença em Roma vos sirva para crescer na fé, carissmos Jovens, e para o encontro pessoal com Deus, em Jesus Cristo!
Desejo a todos, às vossas famílias e aos amigos jovens de vossas terras graça, paz e alegria, no Senhor Ressuscitado!
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Un saluto cordialissimo a tutti i giovani di Roma e d’Italia, provenienti da varie parrocchie e diocesi, e appartenenti a differenti Associazioni, Movimenti e gruppi.
Carissimi giovani, la Chiesa vi tende la mano e guarda a voi con grande simpatia.
La Giornata Mondiale della Gioventù sia per voi tutti uno stimolo a fare del vostro cuore un luogo di accoglienza della verità, e sostenga il vostro impegno ad essere sempre pronti a rispondere a chiunque vi domandi ragione della speranza che è in voi!"

© Copyright 1986 - Libreria Editrice Vaticana