sabato 7 aprile 2012

Abbiamo mangiato e bevuto con lui dopo la sua risurrezione

Concludiamo oggi le riflessioni tratte dal volume "Cristo, mia speranza, è risorto!" di don Giuseppe Turani che ci han tenuto compagnia per il periodo quaresimale.
Vi annuncio però che torneranno per l'Ascensione e la Pentecoste...

Annunciare


Il giorno di Pasqua è normale sentirsi dire "Auguri, Buona Pasqua!". Quale significato diamo a questo augurio? [...] Ogni domenica è Pasqua! I battezzati si riuniscono nel nome del Risorto, o meglio il Risorto ci riunisce perché possiamo accogliere la sua presenza, rinnovare o accrescere il dono della fede.
Perché Gesù, dopo la sua risurrezione, non appare agli scribi, ai farisei, al sinedrio o a Pilato? Non avevano la luce della fede, quindi avrebbero pensato all'apparizione di un fantasma. Allora dove nasce la fede nel risorto?
"Cominciando da Mosè e da tutti i profeti egli spiegò loro in tutte le Scritture ciò che si riferiva a lui" (Lc. 24,27). Il criterio per far nascere e crescere la fede consiste nella rilettura del mistero di Gesù secondo l'ottica delle Scritture. Ogni altro principio è fuorviante. Se per la ragione umana la passione e la morte sono l'assurdità più inspiegabile, alla luce delle Scritture appaiono come la strada attraverso la quale la volontà divina ha deciso di condurre il suo progetto salvifico [...]. Il mistero di Gesù è colto solo da chi ragiona secondo Dio e non secondo gli uomini. Per acquisire tale mens è necessario nutrirsi della Parola di Dio e cogliervi tutto ciò che aiuta a crescere nella conoscenza del Signore. [...] Ciò che è in gioco, insieme alla capacità di percepire che Dio merita fiducia, è la qualità del nostro cuore, la sua disponibilità a sostare sui segni dell'amore più che sui mille messaggi che provengono dalle forme di male presenti nel mondo.
E' vero, tutto questo non è facile, perché i nostri occhi che scrutano il presente e la nostra memoria che ricorda il passato non riescono a pensare a un futuro sorprendentemente nuovo e libero dal male; solo chi ha conoscenza di Dio e delle sue intenzioni può aprirsi a una speranza pasquale. [...] Non è facile, ma il Dio che ha risuscitato il crocifisso e prima ancora gli ha dato la forza per amare sino al dono della vita, può rinnovare la nostra esistenza e la realtà di ogni creatura. [...]

Celebrare


La preghiera di consacrazione ha un avvio il cui contenuto teologico è lode, azione di grazie, sollecitate dallo sguardo di Dio santo e fedele; segue la ripresentazione (l'oggi) della Pasqua, in cui Cristo in persona è Parola di grazia; e si prosegue con la supplica perché lo Spirito compia ogni santificazione verso il compimento del regno.
Ognuno di questi tre tempi complementari si pone e si ripete secondo una dinamica interna in crescendo: abbiamo il dialogo e la preghiera del prefazio che sfociano nel canto del Santo; il "veramente santo" con la prima epiclesi (invocazione allo Spirito Santo) e la consacrazione, che culminano nell'acclamazione del "mistero della fede"; il proseguimento dell'anamnesi (celebrazione della memoria), con l'offerta e le intercessioni, che ascendono al gesto dossologico ("Per Cristo, con Cristo e in Cristo...). Questo complesso ascensionale costituisce una sintesi teologica della fede trinitaria [...]. Nelle indicazioni del Messale romano si legge: "la Chiesa, adempiendo il comando ricevuto da Cristo Signore mediante gli apostoli, celebra la memoria di Cristo, ricordando soprattutto la sua beata passione, la sua gloriosa risurrezione e l'ascensione al cielo". Il riferimento è all'anamnesi che è posta dopo il racconto dell'istituzione ed esprime l'intenzione di celebrare l'Eucarestia secondo l'ordine del Signore, in memoria di lui: il senso di ciò che si sta compiendo è la memoria della morte e risurrezione del Signore [...]. L'intervento dell'assemblea è stato voluto e introdotto dalla riforma liturgica proprio per esprimere all'unisono ciò che la comunità sta celebrando. [...] L'unità di contenuto e di movimento della preghiera eucaristica richiama valori irrinunciabili, punti fermi che non ammettono eccezioni. Nessuno, per motivi banali o per smania di novità, è autorizzato a manipolare questa parte della celebrazione [...]

Testimoniare


San Salvador, 24 marzo 1980, ore 18.30. Mentre sta celebrando l'Eucarestia, cade, ucciso da un sicario, Oscar Arnulfo Romero, arcivescovo della capitale.
Era nato a Ciudad Barrios, da una famiglia di umili origini e aveva maturato la vocazione presbiteriale dopo aver praticato il lavoro di falegname nel borgo in cui era cresciuto. Appena eletto vescovo di San Salvador, profondamente scosso dall'uccisione violenta di Rutilio Grande, un suo sacerdote, iniziò a denunciare con forza le ingiustizie e le violenze subite dai contadini e dai poveri del Salvador, confrontando coraggiosamente la realtà quotidiana con il Vangelo e le sue esigenze. Durante la celebrazione dell'Eucarestia denunciava ogni sopruso e leggeva i nomi di chi era ingiustamente ucciso. Promotore del dialogo e della riconciliazione in seno alla Chiesa e al Paese, nei tre anni del suo episcopato nella capitale crebbe enormemente in popolarità; ma, insieme al favore dei poveri, egli si attirò anche l'ostilità dei potenti e della stessa gerarchia cattolica. Fedele al proprio motto episcopale "sentire con la Chiesa", Romero si sacrificò fino a donare la vita per promuovere una profonda conversione della Chiesa, da lui ritenuto indispensabile cammino in grado di abilitare la Chiesa stessa e da denunciare la violenza dei potenti e dei tiranni.
"Dio in Cristo vive vicinissimo a noi. E Cristo ci ha dato una norma: "avevo fame e mi hai dato da mangiare". Dove c'è un affamato, Cristo è vicinissimo a noi. "Avevo sete e mi hai dato da bere"; quando uno bussa alla tua porta e ti chiede dell'acqua, è Cristo, se lo guardi con fede. E del malato che desidera una visita, Cristo ti dice: "ero infermo e sei venuto a visitarmi". E Cristo è nel carcerato. Quanti oggi si vergognano di prestare testimonianza a favore di persone innocenti! Quale terrore è stato seminato nel nostro popolo se persino gli amici tradiscono gli amici appena li vedono cadere in disgrazia! Se vedessimo che è Cristo l'uomo bisognoso, l'uomo torturato, l'uomo ucciso, lui in ogni figura umana calpestata così indegnamente lungo le nostre strade, scopriremmo questo Cristo calpestato come una moneta d'oro che si raccoglie con cura e si bacia, né certo ci vergogneremmo di lui".
Oscar Romero

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