mercoledì 23 maggio 2012

Le parole del Papa alla GMG: Roma 2012

Ed eccoci all'ultimo appuntamento con la storia della GMG attraverso le parole dei S.Padri cominciato lo scorso febbraio.
Rileggeremo infatti oggi il messaggio, l'omelia e l'angelus per l'incontro del 2012. Continuate però a seguirci, in quanto da settimana prossima inizierà un nuovo appuntamento...


MESSAGGIO DEL SANTO PADRE
BENEDETTO XVI
PER LA XXVII GIORNATA MONDIALE DELLA GIOVENTÙ 

2012
«Siate sempre lieti nel Signore!» (Fil 4,4)

Cari giovani,
sono lieto di rivolgermi nuovamente a voi, in occasione della XXVII Giornata Mondiale della Gioventù. Il ricordo dell’incontro di Madrid, lo scorso agosto, resta ben presente nel mio cuore. E’ stato uno straordinario momento di grazia, nel corso del quale il Signore ha benedetto i giovani presenti, venuti dal mondo intero. Rendo grazie a Dio per i tanti frutti che ha fatto nascere in quelle giornate e che in futuro non mancheranno di moltiplicarsi per i giovani e per le comunità a cui appartengono. Adesso siamo già orientati verso il prossimo appuntamento a Rio de Janeiro nel 2013, che avrà come tema «Andate e fate discepoli tutti i popoli!» (cfr Mt 28,19).
Quest’anno, il tema della Giornata Mondiale della Gioventù ci è dato da un’esortazione dellaLettera di san Paolo apostolo ai Filippesi: «Siate sempre lieti nel Signore!» (4,4). La gioia, in effetti, è un elemento centrale dell’esperienza cristiana. Anche durante ogni Giornata Mondiale della Gioventù facciamo esperienza di una gioia intensa, la gioia della comunione, la gioia di essere cristiani, la gioia della fede. È una delle caratteristiche di questi incontri. E vediamo la grande forza attrattiva che essa ha: in un mondo spesso segnato da tristezza e inquietudini, è una testimonianza importante della bellezza e dell’affidabilità della fede cristiana.
La Chiesa ha la vocazione di portare al mondo la gioia, una gioia autentica e duratura, quella che gli angeli hanno annunciato ai pastori di Betlemme nella notte della nascita di Gesù (cfr Lc 2,10): Dio non ha solo parlato, non ha solo compiuto segni prodigiosi nella storia dell’umanità, Dio si è fatto così vicino da farsi uno di noi e percorrere le tappe dell’intera vita dell’uomo. Nel difficile contesto attuale, tanti giovani intorno a voi hanno un immenso bisogno di sentire che il messaggio cristiano è un messaggio di gioia e di speranza! Vorrei riflettere con voi allora su questa gioia, sulle strade per trovarla, affinché possiate viverla sempre più in profondità ed esserne messaggeri tra coloro che vi circondano.
1. II nostro cuore è fatto per la gioia
L’aspirazione alla gioia è impressa nell’intimo dell’essere umano. Al di là delle soddisfazioni immediate e passeggere, il nostro cuore cerca la gioia profonda, piena e duratura, che possa dare «sapore» all’esistenza. E ciò vale soprattutto per voi, perché la giovinezza è un periodo di continua scoperta della vita, del mondo, degli altri e di se stessi. È un tempo di apertura verso il futuro, in cui si manifestano i grandi desideri di felicità, di amicizia, di condivisione e di verità, in cui si è mossi da ideali e si concepiscono progetti.
E ogni giorno sono tante le gioie semplici che il Signore ci offre: la gioia di vivere, la gioia di fronte alla bellezza della natura, la gioia di un lavoro ben fatto, la gioia del servizio, la gioia dell’amore sincero e puro. E se guardiamo con attenzione, esistono tanti altri motivi di gioia: i bei momenti della vita familiare, l’amicizia condivisa, la scoperta delle proprie capacità personali e il raggiungimento di buoni risultati, l’apprezzamento da parte degli altri, la possibilità di esprimersi e di sentirsi capiti, la sensazione di essere utili al prossimo. E poi l’acquisizione di nuove conoscenze mediante gli studi, la scoperta di nuove dimensioni attraverso viaggi e incontri, la possibilità di fare progetti per il futuro. Ma anche l’esperienza di leggere un’opera letteraria, di ammirare un capolavoro dell’arte, di ascoltare e suonare musica o di vedere un film possono produrre in noi delle vere e proprie gioie.
Ogni giorno, però, ci scontriamo anche con tante difficoltà e nel cuore vi sono preoccupazioni per il futuro, al punto che ci possiamo chiedere se la gioia piena e duratura alla quale aspiriamo non sia forse un’illusione e una fuga dalla realtà. Sono molti i giovani che si interrogano: è veramente possibile la gioia piena al giorno d’oggi? E questa ricerca percorre varie strade, alcune delle quali si rivelano sbagliate, o perlomeno pericolose. Ma come distinguere le gioie veramente durature dai piaceri immediati e ingannevoli? Come trovare la vera gioia nella vita, quella che dura e non ci abbandona anche nei momenti difficili?
2. Dio è la fonte della vera gioia
In realtà le gioie autentiche, quelle piccole del quotidiano o quelle grandi della vita, trovano tutte origine in Dio, anche se non appare a prima vista, perché Dio è comunione di amore eterno, è gioia infinita che non rimane chiusa in se stessa, ma si espande in quelli che Egli ama e che lo amano. Dio ci ha creati a sua immagine per amore e per riversare su noi questo suo amore, per colmarci della sua presenza e della sua grazia. Dio vuole renderci partecipi della sua gioia, divina ed eterna, facendoci scoprire che il valore e il senso profondo della nostra vita sta nell’essere accettato, accolto e amato da Lui, e non con un’accoglienza fragile come può essere quella umana, ma con un’accoglienza incondizionata come è quella divina: io sono voluto, ho un posto nel mondo e nella storia, sono amato personalmente da Dio. E se Dio mi accetta, mi ama e io ne divento sicuro, so in modo chiaro e certo che è bene che io ci sia, che esista.
Questo amore infinito di Dio per ciascuno di noi si manifesta in modo pieno in Gesù Cristo. In Lui si trova la gioia che cerchiamo. Nel Vangelo vediamo come gli eventi che segnano gli inizi della vita di Gesù siano caratterizzati dalla gioia. Quando l’arcangelo Gabriele annuncia alla Vergine Maria che sarà madre del Salvatore, inizia con questa parola: «Rallegrati!» (Lc 1,28). Alla nascita di Gesù, l’Angelo del Signore dice ai pastori: «Ecco, vi annuncio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo: oggi, nella città di Davide, è nato per voi un Salvatore, che è Cristo Signore» (Lc 2,11). E i Magi che cercavano il bambino, «al vedere la stella, provarono una gioia grandissima» (Mt 2,10). Il motivo di questa gioia è dunque la vicinanza di Dio, che si è fatto uno di noi. Ed è questo che intendeva san Paolo quando scriveva ai cristiani di Filippi: «Siate sempre lieti nel Signore, ve lo ripeto: siate lieti. La vostra amabilità sia nota a tutti. Il Signore è vicino!» (Fil 4,4-5). La prima causa della nostra gioia è la vicinanza del Signore, che mi accoglie e mi ama.
E infatti dall’incontro con Gesù nasce sempre una grande gioia interiore. Nei Vangeli lo possiamo vedere in molti episodi. Ricordiamo la visita di Gesù a Zaccheo, un esattore delle tasse disonesto, un peccatore pubblico, al quale Gesù dice: «Oggi devo fermarmi a casa tua». E Zaccheo, riferisce san Luca, «lo accolse pieno di gioia» (Lc 19,5-6). E’ la gioia dell’incontro con il Signore; è il sentire l’amore di Dio che può trasformare l’intera esistenza e portare salvezza. E Zaccheo decide di cambiare vita e di dare la metà dei suoi beni ai poveri.
Nell’ora della passione di Gesù, questo amore si manifesta in tutta la sua forza. Negli ultimi momenti della sua vita terrena, a cena con i suoi amici, Egli dice: «Come il Padre ha amato me, anche io ho amato voi. Rimanete nel mio amore... Vi ho detto queste cose perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena» (Gv 15,9.11). Gesù vuole introdurre i suoi discepoli e ciascuno di noi nella gioia piena, quella che Egli condivide con il Padre, perché l’amore con cui il Padre lo ama sia in noi (cfr. Gv 17,26). La gioia cristiana è aprirsi a questo amore di Dio e appartenere a Lui.
Narrano i Vangeli che Maria di Magdala e altre donne andarono a visitare la tomba dove Gesù era stato posto dopo la sua morte e ricevettero da un Angelo un annuncio sconvolgente, quello della sua risurrezione. Allora abbandonarono in fretta il sepolcro, annota l’Evangelista, «con timore e gioia grande» e corsero a dare la lieta notizia ai discepoli. E Gesù venne loro incontro e disse: «Salute a voi!» (Mt 28,8-9). E’ la gioia della salvezza che viene loro offerta: Cristo è il vivente, è Colui che ha vinto il male, il peccato e la morte. Egli è presente in mezzo a noi come il Risorto, fino alla fine del mondo (cfr Mt 28,20). Il male non ha l’ultima parola sulla nostra vita, ma la fede in Cristo Salvatore ci dice che l’amore di Dio vince.
Questa gioia profonda è frutto dello Spirito Santo che ci rende figli di Dio, capaci di vivere e di gustare la sua bontà, di rivolgerci a Lui con il termine «Abbà», Padre (cfr Rm 8,15). La gioia è segno della sua presenza e della sua azione in noi.
3. Conservare nel cuore la gioia cristiana
A questo punto ci domandiamo: come ricevere e conservare questo dono della gioia profonda, della gioia spirituale?
Un Salmo ci dice: «Cerca la gioia nel Signore: esaudirà i desideri del tuo cuore» (Sal 37,4). E Gesù spiega che «il regno dei cieli è simile a un tesoro nascosto nel campo; un uomo lo trova e lo nasconde; poi va, pieno di gioia, vende tutti i suoi averi e compra quel campo» (Mt 13,44). Trovare e conservare la gioia spirituale nasce dall’incontro con il Signore, che chiede di seguirlo, di fare la scelta decisa di puntare tutto su di Lui. Cari giovani, non abbiate paura di mettere in gioco la vostra vita facendo spazio a Gesù Cristo e al suo Vangelo; è la strada per avere la pace e la vera felicità nell’intimo di noi stessi, è la strada per la vera realizzazione della nostra esistenza di figli di Dio, creati a sua immagine e somiglianza.
Cercare la gioia nel Signore: la gioia è frutto della fede, è riconoscere ogni giorno la sua presenza, la sua amicizia: «Il Signore è vicino!» (Fil 4,5); è riporre la nostra fiducia in Lui, è crescere nella conoscenza e nell’amore di Lui. L’«Anno della fede», che tra pochi mesi inizieremo, ci sarà di aiuto e di stimolo. Cari amici, imparate a vedere come Dio agisce nelle vostre vite, scopritelo nascosto nel cuore degli avvenimenti del vostro quotidiano. Credete che Egli è sempre fedele all’alleanza che ha stretto con voi nel giorno del vostro Battesimo. Sappiate che non vi abbandonerà mai. Rivolgete spesso il vostro sguardo verso di Lui. Sulla croce, ha donato la sua vita perché vi ama. La contemplazione di un amore così grande porta nei nostri cuori una speranza e una gioia che nulla può abbattere. Un cristiano non può essere mai triste perché ha incontrato Cristo, che ha dato la vita per lui.
Cercare il Signore, incontrarlo nella vita significa anche accogliere la sua Parola, che è gioia per il cuore. Il profeta Geremia scrive: «Quando le tue parole mi vennero incontro, le divorai con avidità; la tua parola fu la gioia e la letizia del mio cuore» (Ger 15,16). Imparate a leggere e meditare la Sacra Scrittura, vi troverete una risposta alle domande più profonde di verità che albergano nel vostro cuore e nella vostra mente. La Parola di Dio fa scoprire le meraviglie che Dio ha operato nella storia dell’uomo e, pieni di gioia, apre alla lode e all’adorazione: «Venite, cantiamo al Signore... adoriamo, in ginocchio davanti al Signore che ci ha fatti» (Sal 95,1.6).
In modo particolare, poi, la Liturgia è il luogo per eccellenza in cui si esprime la gioia che la Chiesa attinge dal Signore e trasmette al mondo. Ogni domenica, nell’Eucaristia, le comunità cristiane celebrano il Mistero centrale della salvezza: la morte e risurrezione di Cristo. E’ questo un momento fondamentale per il cammino di ogni discepolo del Signore, in cui si rende presente il suo Sacrificio di amore; è il giorno in cui incontriamo il Cristo Risorto, ascoltiamo la sua Parola, ci nutriamo del suo Corpo e del suo Sangue. Un Salmo afferma: «Questo è il giorno che ha fatto il Signore: rallegriamoci in esso ed esultiamo!» (Sal 118,24). E nella notte di Pasqua, la Chiesa canta l’Exultet, espressione di gioia per la vittoria di Gesù Cristo sul peccato e sulla morte: «Esulti il coro degli angeli... Gioisca la terra inondata da così grande splendore... e questo tempio tutto risuoni per le acclamazioni del popolo in festa!». La gioia cristiana nasce dal sapere di essere amati da un Dio che si è fatto uomo, ha dato la sua vita per noi e ha sconfitto il male e la morte; ed è vivere di amore per lui. Santa Teresa di Gesù Bambino, giovane carmelitana, scriveva: «Gesù, è amarti la mia gioia!» (P 45, 21 gennaio 1897, Op. Compl., pag. 708).
4. La gioia dell’amore
Cari amici, la gioia è intimamente legata all’amore: sono due frutti inseparabili dello Spirito Santo (cfr Gal 5,23). L’amore produce gioia, e la gioia è una forma d’amore. La beata Madre Teresa di Calcutta, facendo eco alle parole di Gesù: «si è più beati nel dare che nel ricevere!» (At 20,35), diceva: «La gioia è una rete d’amore per catturare le anime. Dio ama chi dona con gioia. E chi dona con gioia dona di più». E il Servo di Dio Paolo VI scriveva: «In Dio stesso tutto è gioia poiché tutto è dono» (Esort. ap. Gaudete in Domino, 9 maggio 1975)
Pensando ai vari ambiti della vostra vita, vorrei dirvi che amare significa costanza, fedeltà, tener fede agli impegni. E questo, in primo luogo, nelle amicizie: i nostri amici si aspettano che siamo sinceri, leali, fedeli, perché il vero amore è perseverante anche e soprattutto nelle difficoltà. E lo stesso vale per il lavoro, gli studi e i servizi che svolgete. La fedeltà e la perseveranza nel bene conducono alla gioia, anche se non sempre questa è immediata.
Per entrare nella gioia dell’amore, siamo chiamati anche ad essere generosi, a non accontentarci di dare il minimo, ma ad impegnarci a fondo nella vita, con un’attenzione particolare per i più bisognosi. Il mondo ha necessità di uomini e donne competenti e generosi, che si mettano al servizio del bene comune. Impegnatevi a studiare con serietà; coltivate i vostri talenti e metteteli fin d’ora al servizio del prossimo. Cercate il modo di contribuire a rendere la società più giusta e umana, là dove vi trovate. Che tutta la vostra vita sia guidata dallo spirito di servizio, e non dalla ricerca del potere, del successo materiale e del denaro.
A proposito di generosità, non posso non menzionare una gioia speciale: quella che si prova rispondendo alla vocazione di donare tutta la propria vita al Signore. Cari giovani, non abbiate paura della chiamata di Cristo alla vita religiosa, monastica, missionaria o al sacerdozio. Siate certi che Egli colma di gioia coloro che, dedicandogli la vita in questa prospettiva, rispondono al suo invito a lasciare tutto per rimanere con Lui e dedicarsi con cuore indiviso al servizio degli altri. Allo stesso modo, grande è la gioia che Egli riserva all’uomo e alla donna che si donano totalmente l’uno all’altro nel matrimonio per costituire una famiglia e diventare segno dell’amore di Cristo per la sua Chiesa.
Vorrei richiamare un terzo elemento per entrare nella gioia dell’amore: far crescere nella vostra vita e nella vita delle vostre comunità la comunione fraterna. C’è uno stretto legame tra la comunione e la gioia. Non è un caso che san Paolo scriva la sua esortazione al plurale: non si rivolge a ciascuno singolarmente, ma afferma: «Siate sempre lieti nel Signore» (Fil 4,4). Soltanto insieme, vivendo la comunione fraterna, possiamo sperimentare questa gioia. Il libro degli Atti degli Apostoli descrive così la prima comunità cristiana: «spezzando il pane nelle case, prendevano cibo con letizia e semplicità di cuore» (At 2,46). Impegnatevi anche voi affinché le comunità cristiane possano essere luoghi privilegiati di condivisione, di attenzione e di cura l’uno dell’altro.
5. La gioia della conversione
Cari amici, per vivere la vera gioia occorre anche identificare le tentazioni che la allontanano. La cultura attuale induce spesso a cercare traguardi, realizzazioni e piaceri immediati, favorendo più l’incostanza che la perseveranza nella fatica e la fedeltà agli impegni. I messaggi che ricevete spingono ad entrare nella logica del consumo, prospettando felicità artificiali. L’esperienza insegna che l’avere non coincide con la gioia: vi sono tante persone che, pur avendo beni materiali in abbondanza, sono spesso afflitte dalla disperazione, dalla tristezza e sentono un vuoto nella vita. Per rimanere nella gioia, siamo chiamati a vivere nell’amore e nella verità, a vivere in Dio.
E la volontà di Dio è che noi siamo felici. Per questo ci ha dato delle indicazioni concrete per il nostro cammino: i Comandamenti. Osservandoli, noi troviamo la strada della vita e della felicità. Anche se a prima vista possono sembrare un insieme di divieti, quasi un ostacolo alla libertà, se li meditiamo più attentamente, alla luce del Messaggio di Cristo, essi sono un insieme di essenziali e preziose regole di vita che conducono a un’esistenza felice, realizzata secondo il progetto di Dio. Quante volte, invece, costatiamo che costruire ignorando Dio e la sua volontà porta delusione, tristezza, senso di sconfitta. L’esperienza del peccato come rifiuto di seguirlo, come offesa alla sua amicizia, porta ombra nel nostro cuore.
Ma se a volte il cammino cristiano non è facile e l’impegno di fedeltà all’amore del Signore incontra ostacoli o registra cadute, Dio, nella sua misericordia, non ci abbandona, ma ci offre sempre la possibilità di ritornare a Lui, di riconciliarci con Lui, di sperimentare la gioia del suo amore che perdona e riaccoglie.
Cari giovani, ricorrete spesso al Sacramento della Penitenza e della Riconciliazione! Esso è il Sacramento della gioia ritrovata. Domandate allo Spirito Santo la luce per saper riconoscere il vostro peccato e la capacità di chiedere perdono a Dio accostandovi a questo Sacramento con costanza, serenità e fiducia. Il Signore vi aprirà sempre le sue braccia, vi purificherà e vi farà entrare nella sua gioia: vi sarà gioia nel cielo anche per un solo peccatore che si converte (cfr Lc 15,7).
6. La gioia nelle prove
Alla fine, però, potrebbe rimanere nel nostro cuore la domanda se veramente è possibile vivere nella gioia anche in mezzo alle tante prove della vita, specialmente le più dolorose e misteriose, se veramente seguire il Signore, fidarci di Lui dona sempre felicità.
La risposta ci può venire da alcune esperienze di giovani come voi che hanno trovato proprio in Cristo la luce capace di dare forza e speranza, anche in mezzo alle situazioni più difficili. Il beato Pier Giorgio Frassati (1901-1925) ha sperimentato tante prove nella sua pur breve esistenza, tra cui una, riguardante la sua vita sentimentale, che lo aveva ferito in modo profondo. Proprio in questa situazione, scriveva alla sorella: «Tu mi domandi se sono allegro; e come non potrei esserlo? Finché la Fede mi darà forza sempre allegro! Ogni cattolico non può non essere allegro... Lo scopo per cui noi siamo stati creati ci addita la via seminata sia pure di molte spine, ma non una triste via: essa è allegria anche attraverso i dolori» (Lettera alla sorella Luciana, Torino, 14 febbraio 1925). E il beato Giovanni Paolo II, presentandolo come modello, diceva di lui: «era un giovane di una gioia trascinante, una gioia che superava tante difficoltà della sua vita» (Discorso ai giovani, Torino, 13 aprile 1980).
Più vicina a noi, la giovane Chiara Badano (1971-1990), recentemente beatificata, ha sperimentato come il dolore possa essere trasfigurato dall’amore ed essere misteriosamente abitato dalla gioia. All’età di 18 anni, in un momento in cui il cancro la faceva particolarmente soffrire, Chiara aveva pregato lo Spirito Santo, intercedendo per i giovani del suo Movimento. Oltre alla propria guarigione, aveva chiesto a Dio di illuminare con il suo Spirito tutti quei giovani, di dar loro la sapienza e la luce: «È stato proprio un momento di Dio: soffrivo molto fisicamente, ma l’anima cantava» (Lettera a Chiara Lubich, Sassello, 20 dicembre 1989). La chiave della sua pace e della sua gioia era la completa fiducia nel Signore e l’accettazione anche della malattia come misteriosa espressione della sua volontà per il bene suo e di tutti. Ripeteva spesso: «Se lo vuoi tu, Gesù, lo voglio anch’io».
Sono due semplici testimonianze tra molte altre che mostrano come il cristiano autentico non è mai disperato e triste, anche davanti alle prove più dure, e mostrano che la gioia cristiana non è una fuga dalla realtà, ma una forza soprannaturale per affrontare e vivere le difficoltà quotidiane. Sappiamo che Cristo crocifisso e risorto è con noi, è l’amico sempre fedele. Quando partecipiamo alle sue sofferenze, partecipiamo anche alla sua gloria. Con Lui e in Lui, la sofferenza è trasformata in amore. E là si trova la gioia (cfr Col 1,24).
7. Testimoni della gioia
Cari amici, per concludere vorrei esortarvi ad essere missionari della gioia. Non si può essere felici se gli altri non lo sono: la gioia quindi deve essere condivisa. Andate a raccontare agli altri giovani la vostra gioia di aver trovato quel tesoro prezioso che è Gesù stesso. Non possiamo tenere per noi la gioia della fede: perché essa possa restare in noi, dobbiamo trasmetterla. San Giovanni afferma: «Quello che abbiamo veduto e udito, noi lo annunciamo anche a voi, perché anche voi siate in comunione con noi... Queste cose vi scriviamo, perché la nostra gioia sia piena» (1Gv 1,3-4).
A volte viene dipinta un’immagine del Cristianesimo come di una proposta di vita che opprime la nostra libertà, che va contro il nostro desiderio di felicità e di gioia. Ma questo non risponde a verità! I cristiani sono uomini e donne veramente felici perché sanno di non essere mai soli, ma di essere sorretti sempre dalle mani di Dio! Spetta soprattutto a voi, giovani discepoli di Cristo, mostrare al mondo che la fede porta una felicità e una gioia vera, piena e duratura. E se il modo di vivere dei cristiani sembra a volte stanco ed annoiato, testimoniate voi per primi il volto gioioso e felice della fede. Il Vangelo è la «buona novella» che Dio ci ama e che ognuno di noi è importante per Lui. Mostrate al mondo che è proprio così!
Siate dunque missionari entusiasti della nuova evangelizzazione! Portate a coloro che soffrono, a coloro che sono in ricerca, la gioia che Gesù vuole donare. Portatela nelle vostre famiglie, nelle vostre scuole e università, nei vostri luoghi di lavoro e nei vostri gruppi di amici, là dove vivete. Vedrete che essa è contagiosa. E riceverete il centuplo: la gioia della salvezza per voi stessi, la gioia di vedere la Misericordia di Dio all’opera nei cuori. Il giorno del vostro incontro definitivo con il Signore, Egli potrà dirvi: «Servo buono e fedele, prendi parte alla gioia del tuo padrone!» (Mt25,21).
La Vergine Maria vi accompagni in questo cammino. Ella ha accolto il Signore dentro di sé e l’ha annunciato con un canto di lode e di gioia, il Magnificat: «L’anima mia magnifica il Signore e il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore» (Lc 1,46-47). Maria ha risposto pienamente all’amore di Dio dedicando la sua vita a Lui in un servizio umile e totale. E’ chiamata «causa della nostra letizia» perché ci ha dato Gesù. Che Ella vi introduca in quella gioia che nessuno potrà togliervi!
Dal Vaticano, 15 marzo 2012

OMELIA DEL SANTO PADRE BENEDETTO XVI
Piazza San Pietro
XXVII Giornata Mondiale della Gioventù
Domenica, 1° aprile 2012

Cari fratelli e sorelle!
La Domenica delle Palme è il grande portale che ci introduce nella Settimana Santa, la settimana nella quale il Signore Gesù si avvia verso il culmine della sua vicenda terrena. Egli sale a Gerusalemme per portare a compimento le Scritture e per essere appeso sul legno della croce, il trono da cui regnerà per sempre, attirando a sé l’umanità di ogni tempo e offrendo a tutti il dono della redenzione. Sappiamo dai Vangeli che Gesù si era incamminato verso Gerusalemme insieme ai Dodici, e che a poco a poco si era associata a loro una schiera crescente di pellegrini. San Marco ci racconta che già alla partenza da Gerico c’era una «grande folla» che seguiva Gesù (cfr 10,46).
In quest’ultimo tratto del percorso si verifica un particolare evento, che aumenta l’attesa di ciò che sta per accadere e fa sì che l’attenzione si concentri ancora di più su Gesù. Lungo la strada, all’uscita da Gerico, sta seduto a mendicare un uomo cieco, di nome Bartimeo. Appena egli sente dire che sta arrivando Gesù di Nazaret, incomincia a gridare: «Figlio di Davide, Gesù, abbi pietà di me!» (Mc 10,47). Si cerca di farlo tacere, ma inutilmente; finché Gesù lo fa chiamare e lo invita ad avvicinarsi. «Che cosa vuoi che io faccia per te?», gli chiede. E quegli: «Rabbunì, che io veda di nuovo!” (v. 51). Gesù risponde: «Va’, la tua fede ti ha salvato». Bartimeo riacquistò la vista e si mise a seguire Gesù lungo la strada (cfr v. 52). Ed ecco che, dopo quel segno prodigioso, accompagnato da quella invocazione «Figlio di Davide», un fremito di speranza messianico attraversa la folla facendo sorgere in molti una domanda: quel Gesù, che camminava davanti a loro verso Gerusalemme, era forse il Messia, il nuovo Davide? E con il suo ingresso ormai imminente nella città santa, era forse giunto il tempo in cui Dio avrebbe finalmente restaurato il regno davidico?
Anche la preparazione dell’ingresso, che Gesù fa insieme ai suoi discepoli, contribuisce ad aumentare questa speranza. Come abbiamo ascoltato nel Vangelo odierno (cfr Mc 11,1-10), Gesù arriva a Gerusalemme da Betfage e dal Monte degli ulivi, cioè dalla strada su cui avrebbe dovuto venire il Messia. Da lì, Egli manda avanti due discepoli, comandando loro di portargli un puledro di asino, che avrebbero trovato lungo la via. Essi trovano effettivamente l’asinello, lo slegano e lo conducono a Gesù. A questo punto, gli animi dei discepoli e anche degli altri pellegrini sono presi dall’entusiasmo: prendono i loro mantelli e li mettono sul puledro; altri li stendono sulla strada davanti a Gesù, che avanza in groppa all’asino. Poi tagliano rami dagli alberi e cominciano a gridare parole del Salmo 118, antiche parole di benedizione dei pellegrini che diventano, in quel contesto, una proclamazione messianica: «Osanna! Benedetto colui che viene nel nome del Signore! Benedetto il Regno che viene, del nostro padre Davide! Osanna nel più alto dei cieli!» (vv. 9-10). Questa acclamazione festosa, trasmessa da tutti e quattro gli Evangelisti, è un grido di benedizione, un inno di esultanza: esprime l’unanime convinzione che, in Gesù, Dio ha visitato il suo popolo e che il Messia desiderato finalmente è giunto. E tutti sono lì, con la crescente attesa per l’opera che il Cristo compirà una volta entrato nella sua città.
Ma qual è il contenuto, la risonanza più profonda di questo grido di giubilo? La risposta ci viene dall’intera Scrittura, la quale ci ricorda che il Messia porta a compimento la promessa della benedizione di Dio, la promessa originaria che Dio aveva fatto ad Abramo, il padre di tutti i credenti: «Farò di te una grande nazione e ti benedirò … e in te si diranno benedette tutte le famiglie della terra» (Gen 12,2-3). È la promessa che Israele aveva tenuto sempre viva nella preghiera, in particolare nella preghiera dei Salmi. Per questo, Colui che è acclamato dalla folla come il benedetto è, nello stesso tempo, Colui nel quale sarà benedetta l’umanità intera. Così, nella luce del Cristo, l’umanità si riconosce profondamente unita e come avvolta dal manto della benedizione divina, una benedizione che tutto permea, tutto sostiene, tutto redime, tutto santifica.
Possiamo scoprire qui un primo grande messaggio che giunge a noi dalla festività di oggi: l’invito ad assumere il giusto sguardo sull’umanità intera, sulle genti che formano il mondo, sulle sue varie culture e civiltà. Lo sguardo che il credente riceve da Cristo è lo sguardo della benedizione: uno sguardo sapiente e amorevole, capace di cogliere la bellezza del mondo e di compatirne la fragilità. In questo sguardo traspare lo sguardo stesso di Dio sugli uomini che Egli ama e sulla creazione, opera delle sue mani. Leggiamo nel Libro della Sapienza: «Hai compassione di tutti, perché tutto puoi, chiudi gli occhi sui peccati degli uomini, aspettando il loro pentimento. Tu infatti ami tutte le cose che esistono e non provi disgusto per nessuna delle cose che hai creato; … Tu sei indulgente con tutte le cose, perché sono tue, Signore, amante della vita» (Sap 11,23-24.26).
Ritorniamo alla pagina evangelica odierna e domandiamoci: che cosa c’è realmente nel cuore di quanti acclamano Cristo come Re d’Israele? Certamente avevano una loro idea del Messia, un’idea di come dovesse agire il Re promesso dai profeti e a lungo aspettato. Non è un caso che, pochi giorni dopo, la folla di Gerusalemme, invece di acclamare Gesù, griderà a Pilato: «Crocifiggilo»! E gli stessi discepoli, come pure altri che lo avevano visto e ascoltato, rimarranno ammutoliti e smarriti. La maggior parte, infatti, era rimasta delusa dal modo in cui Gesù aveva deciso di presentarsi come Messia e Re di Israele. Proprio qui sta il nodo della festa di oggi, anche per noi. Chi è per noi Gesù di Nazaret? Che idea abbiamo del Messia, che idea abbiamo di Dio? È una questione cruciale, questa, che non possiamo eludere, tanto più che proprio in questa settimana siamo chiamati a seguire il nostro Re che sceglie come trono la croce; siamo chiamati a seguire un Messia che non ci assicura una facile felicità terrena, ma la felicità del cielo, la beatitudine di Dio. Dobbiamo allora chiederci: quali sono le nostre vere attese? quali i desideri più profondi, con cui siamo venuti qui oggi a celebrare la Domenica delle Palme e ad iniziare la Settimana Santa?
Cari giovani, che siete qui convenuti! Questa è in modo particolare la vostra Giornata, dovunque nel mondo è presente la Chiesa. Per questo vi saluto con grande affetto! La Domenica delle Palme sia per voi il giorno della decisione, la decisione di accogliere il Signore e di seguirlo fino in fondo, la decisione di fare della sua Pasqua di morte e risurrezione il senso stesso della vostra vita di cristiani. E’ la decisione che porta alla vera gioia, come ho voluto ricordare nel Messaggio ai Giovani per questa Giornata - «Siate sempre lieti nel Signore» (Fil 4,4) -, e come avvenne per santa Chiara di Assisi, che, ottocento anni or sono, trascinata dall’esempio di san Francesco e dei suoi primi compagni, proprio nella Domenica delle Palme, lasciò la casa paterna per consacrarsi totalmente al Signore: aveva diciotto anni ed ebbe il coraggio della fede e dell’amore, di decidersi per Cristo, trovando in Lui la gioia e la pace.
Cari fratelli e sorelle, siano in particolare due i sentimenti di questi giorni: la lode, come hanno fatto coloro che hanno accolto Gesù a Gerusalemme con i loro «osanna»; ed il ringraziamento, perché in questa Settimana Santa il Signore Gesù rinnoverà il dono più grande che si possa immaginare: ci donerà la sua vita, il suo corpo e il suo sangue, il suo amore. Ma a un dono così grande dobbiamo rispondere in modo adeguato, ossia con il dono di noi stessi, del nostro tempo, della nostra preghiera, del nostro stare in comunione profonda d’amore con Cristo che soffre, muore e risorge per noi. Gli antichi Padri della Chiesa hanno visto un simbolo di tutto ciò nel gesto della gente che seguiva Gesù nel suo ingresso in Gerusalemme, il gesto di stendere i mantelli davanti al Signore. Davanti a Cristo – dicevano i Padri – dobbiamo stendere la nostra vita, le nostre persone, in atteggiamento di gratitudine e di adorazione. Riascoltiamo, in conclusione, la voce di uno di questi antichi Padri, quella di sant’Andrea, Vescovo di Creta: «Stendiamo, dunque, umilmente innanzi a Cristo noi stessi, piuttosto che le tuniche o i rami inanimati e le verdi fronde che rallegrano gli occhi solo per poche ore e sono destinate a perdere, con la linfa, anche il loro verde. Stendiamo noi stessi rivestiti della sua grazia, o meglio, di tutto lui stesso ... e prostriamoci ai suoi piedi come tuniche distese ... per poter offrire al vincitore della morte non più semplici rami di palma, ma trofei di vittoria. Agitando i rami spirituali dell’anima, anche noi ogni giorno, assieme ai fanciulli, acclamiamo santamente: “Benedetto colui che viene nel nome del Signore, il re d’Israele”» (PG 97, 994). Amen!


ANGELUS
Piazza San Pietro
Domenica delle Palme, 1° aprile 2012

Cari fratelli e sorelle!
Al termine di questa celebrazione, desidero rivolgere un cordiale saluto a tutti i presenti: ai Signori Cardinali, ai Fratelli Vescovi, ai sacerdoti, ai religiosi e alle religiose e a tutti i fedeli. Un saluto speciale rivolgo al Comitato organizzatore della scorsa GMG di Madrid e a quello che sta organizzando la prossima, di Rio de Janeiro; come pure ai delegati all’Incontro Internazionale sulle Giornate Mondiali della Gioventù, promosso dal Pontificio Consiglio per il Laici, qui rappresentato dal Presidente, Cardinale Rilko, e dal Segretario, Mons. Clemens.
Saludo cordialmente a los jóvenes y demás peregrinos de lengua española, que participan en la liturgia del Domingo de Ramos y en la Jornada Mundial de la Juventud de este año. En particular, a los jóvenes madrileños acompañados por su Pastor, el Cardenal Antonio María Rouco Varela. En el comienzo de la Semana Santa os invito a todos a participar con fe y devoción en la celebración anual de los misterios de la Pasión y Resurrección de Jesucristo y experimentar la grandeza de su amor, que nos libra del pecado y de la muerte, y nos abre las puertas a la auténtica alegría. Feliz Domingo. Feliz Semana Santa.
Quero agora dirigir a minha saudação amiga aos jovens e demais peregrinos de língua portuguesa, que participam nesta celebração do Domingo de Ramos. De modo particular, saúdo o Arcebispo Dom Orani Tempesta, o Governador e o Prefeito do Rio de Janeiro e demais autoridades e membros do comitê responsável pela organização da próxima Jornada Mundial da Juventude, no ano que vem. Nos trabalhos preparatórios da mesma, procurai viver segundo o convite que hoje nos foi feito: «Alegrai-vos sempre no Senhor». Deste modo, o espírito alegre e acolhedor, conatural aos brasileiros, será sublimado pela alegria que nasce da união com Cristo, o Único Redentor. Assim, podereis de braços abertos – como a Estátua do Cristo que domina a paisagem carioca - receber os jovens que virão de todos os cantos do mundo para a vossa cidade. A todos desejo uma feliz e santa Páscoa!
Chers amis francophones, je suis heureux de vous accueillir en ce dimanche des Rameaux et de la Passion. En ce jour, nous célébrons également la Journée Mondiale de la Jeunesse, je vous invite à ouvrir toutes grandes les portes de vos cœurs au Christ. En cette Semaine Sainte nous allons contempler le Christ dans sa Passion, offrons Lui les souffrances de notre monde et confions Lui plus particulièrement les jeunes qui connaissent la maladie, le handicap, la détresse morale, la désespérance, les incertitudes face à l’avenir. Que la Vierge Marie, accompagne chacun de vous, tout au long de votre vie, afin que vous puissiez trouver en Dieu une source de confiance et de réconfort !
Dear brothers and sisters, today is Palm Sunday: as we remember Our Lord’s welcome into Jerusalem, I am pleased to greet all of you, especially the many young people who have come here to pray with me.  This Holy Week, may we be moved again by Christ’s passion and death, put our sins behind us and, with God’s grace, choose a life of love and service to our brethren.  God’s blessings upon you!
Ganz herzlich grüße ich alle Pilger und Besucher deutscher Sprache, besonders die Jugendlichen anläßlich des 27. Weltjugendtags. Dieser Tag steht unter dem Leitwort aus dem Philipperbrief: „Freut euch im Herrn zu jeder Zeit!“ (4,4). Der Wunsch nach Freude und nach einem erfüllten Leben ist tief in jedes Menschenherz eingeschrieben. Christus will uns mit seiner Gegenwart wahre und echte Freude schenken. In den kommenden Kartagen schauen wir auf ihn, unseren Herrn und König. Durch sein Leiden und Kreuz hat er uns vom Tod befreit, damit wir in ihm Leben haben. Euch allen wünsche ich eine gesegnete Karwoche!
Pozdravljam maturante Škofijske klasične gimnazije v Šentvidu in njihove profesorje! Naj Gospod poživi vašo vero, upanje in ljubezen in naj bo z vami moj blagoslov!
[Saluto i maturandi del Liceo Classico Diocesano di Šentvid e i loro professori! Il Signore ravvivi la vostra fede, speranza e carità. Vi accompagno con la mia Benedizione!]
Pozdrawiam Polaków, szczególnie młodych tu obecnych oraz zebranych w rodzimych diecezjach i parafiach. Mottem dzisiejszego Dnia Młodzieży jest wezwanie św. Pawła: „Radujcie się zawsze w Panu!” (Flp 4,4). Radość płynąca ze świadomości, że Bóg nas kocha, jest centralnym elementem doświadczenia chrześcijańskiego. W świecie często naznaczonym smutkiem i niepewnością jest ona ważnym świadectwem piękna i pewności wiary. Bądźcie radosnymi świadkami Chrystusa! Niech Bóg wam błogosławi!
[Saluto i polacchi, in particolare i giovani qui presenti e radunati nelle loro diocesi e parrocchie. Il motto dell’odierna Giornata della Gioventù è l’appello di San Paolo: «Siate sempre lieti nel Signore!». La gioia, che scaturisce dalla consapevolezza che Dio ci ama, è un elemento centrale dell’esperienza cristiana. In un mondo spesso segnato da tristezza e inquietudini, è una testimonianza importante della bellezza e dell’affidabilità della fede. Siate lieti testimoni di Cristo! Dio vi benedica!]
Saluto infine con grande affetto i pellegrini italiani, specialmente i giovani, tra i quali è presente un numeroso gruppo della Diocesi di Brescia. Cari amici, prego perché nel vostro cuore abiti la vera gioia, quella che deriva dall’amore e che non viene meno nell’ora del sacrificio. A tutti auguro una buona Settimana Santa e una buona Pasqua! Grazie.

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