domenica 4 marzo 2012

Questi è il mio figlio prediletto. Ascoltatelo!

Inizio oggi una nuova rubrica, che ci accompagnerà per i prossimi sabati nel periodo quaresimale, in cui metterò delle riflessioni sulle varie domeniche quaresimali tratte dal libretto "Cristo, mia Speranza, è risorto!" edito lo scorso anno dalla casa editrice San Paolo e scritto da Don Giuseppe Turani (che ringrazio pubblicamente per la cortesia e per l'autorizzazione all'uso del suo libricino)

Annunciare

La trasfigurazione di Gesù sul monte Tabor è il segno del compimento del destino dell'uomo. Per gli apostoli presenti alla trasfigurazione l'essenziale non è tanto l'aver visto Cristo nella gloria, quanto l'aver udito dal Padre questo invito: "Ascoltatelo!"
Solo nell'ascolto si può affermare con Paolo: "per me vivere è Cristo!".
Questo è il messaggio della trasfigurazione: ascoltare Cristo, per essere come Lui. L'ascolto caratterizza l'esperienza del credente, perché il Signore parla e si fa conoscere attraverso la luce della parola
[...] Senza la Parola, l'esperienza dei credenti a cosa si riduce? Al ripetersi di un rito, che non riesce a iscriversi nel circuito della vita quotidiana. [...] La Parola accompagna il ritmo dell'esistenza e le stagioni della vita [...] Non mancano anche oggi persone che si lasciano folgorare dalla Parola di Dio dimostrando ciò che lo Spirito è in grado di fare in chi si apre seriamente all'ascolto e all'amore

Celebrare


La celebrazione dell'Eucarestia è composta dalla mensa della Parola e dalla mensa eucaristica, ma la presenza è unica: Gesù Cristo.
Il momento privilegiato dell'ascolto è la liturgia della parola. Si tratta di un momento in cui ci si pone di fronte a una presenza: si ascolta e si riceve come Parola dello stesso Dio la Parola che viene proclamata. La Costituzione Sacrosanctum Concilium attesta che egli "è presente nella sua Parola, giacchè è lui che parla quando nella Chiesa si legge la Sacra Scrittura". [...]
Quali effetti produce la Parola? Per rispondere a tale interrogativo ci lasciamo aiutare da un'immagine che mette in evidenza il "circolo" della parola: essa discende, feconda, risale.
Discende: si apre una comunicazione tra Dio e il suo popolo. La parola esce "dalla bocca di Dio" e discende per raggiungere le nostre orecchie; noi le ascoltiamo e ne assimiliamo il significato: non si tratta di semplici suoni, ma di parole articolate in un linguaggio che comprendiamo
Feconda: la Parola viene deposta in noi, ci raggiunge nel cuore [...] provocando un movimento. Non si tratta di comprenderla in senso concettuale, ma di essere "toccati", provocati allo stupore, all'abbandono, alla lotta interiore e alla resistenza per la chiamata a un cambiamento di vita.
Risale: la Parola ascoltata, una volta entrata nel cuore, non si ferma: c'è anche una risalita, sia attraverso la nostra bocca che risponde, sia attraverso tutto il nostro essere che è portato ad agire in modo nuovo.
[...] La Chiesa è un popolo in ascolto di Dio che parla. In tal senso, durante la celebrazione, va in tutto favorito un atteggiamento personale di ascolto, fatto di apertura del cuore e di apertura agli altri. [...] L'ascolto non è un atto passivo, ma operativo e fecondo. La Parola di Dio accolta come un seme è destinata a crescere e a produrre molto frutto

Testimoniare


“Accompagnato da mons. Hesayne, sono andato a visitare una città simile alla nostra Cortina d’Ampezzo: si chiama Bariloche. C’è la Bariloche bene, con i grandi palazzi dei grossissimi proprietari terrieri dell’Argentina, di tutti i ras che vanno lì. E c’è la Bariloche povera, dei quartieri squallidi: in questa sono andato con due sacerdoti. E’ una cosa incredibile: quanta miseria, quanta povertà ho toccato con mano! Bambini cileni, boliviani, famiglie distrutte…
Faceva freddo, era il mese di ottobre (che là corrisponde al nostro mese di marzo) e si vedevano le montagne innevate, lo ricordo bene. Nel fango c’erano bambini a piedi scalzi, rossi per il freddo, che facevano volare i loro aquiloni. Era un tramonto limpidissimo.
Ho “catturato” un bambino con alcune caramelle e gli ho chiesto: “Dove abiti?”. Mi ha condotto in una stamberga fatta di lamiere contorte. 
Sono entrato: c’era una donna con un bambino in braccio, sudamericana, gli occhi profondissimi; aveva trentadue anni ma ne dimostrava cinquanta e aveva dodici figli. Nella casupola fatta di lamiere non c’era nulla, solo un caminetto acceso, un televisore spento e un tavolino. Ho capito che, la notte, quello diventava il loro dormitorio; forse dormivano uno sull’altro.
In quella miseria così squallida ho visto sul tavolo un libro in spagnolo: Il santo Vangelo di nostro Signore Gesù Cristo. Ho guardato quella donna e le ho detto: “Voi leggete il Vangelo?” 
Con un sorriso che non dimenticherò mai, mi ha risposto: “Unico consuelo por nuestra pobreza” (ricordo bene queste parole, non so se le dico bene, in spagnolo): “Il Vangelo è l’unica consolazione, l’unico sostegno per la nostra povertà”.
Quando sono uscito, i bambini continuavano a far volare i loro aquiloni: a me sembrava che avessero ritagliato gli aquiloni sulle pagine del Vangelo, per annunciare alla Bariloche dei ricchi il Vangelo della liberazione”.




Tonino Bello

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